Quando l’autore si recensisce da solo…

Quella delle autorecensioni è una pratica diffusa e mai abbastanza deprecata. Normalmente io la associo all’autore esordiente che, sull’onda di un ingenuo entusiasmo, non appena si trova tra le mani il suo romanzo – sì, proprio quel romanzo che magari è riuscito a pubblicare, dopo decine di rifiuti, pagando “solo” le spese tipografiche o acquistandone “solo” quelle 5-6000 copie di cui farà gradito dono a parenti e amici – si dedica anima e corpo alla promozione. Promozione che consiste solitamente
– nell’invitare tutti i contatti su FaceBook alla lettura, con cadenza (quando va bene) quindicinale;
– nel recensirsi da soli su Amazon, IBS, addirittura Ebay;
– nell’intervenire in tutte le discussioni in rete (blog, social network, siti) vertenti su temi “hot”: interventi a gamba tesa nei quali, qualunque sia l’argomento in esame, il consiglio spassionato è sempre quello di leggere il romanzo dell’autore Tal dei Tali.
La prima attività normalmente viene fatta mettendoci la faccia; la seconda e la terza sono quelle che discriminano l’ingenuo entusiasta (che si espone con nome e cognome) da quello in malafede (che si firma con altro nome, salvo poi essere riconoscibilissimo per via dello stile).

Quella di cui sopra è prassi diffusissima, dicevo. La sorpresa – amara – è stata leggere che all’estero (ma sarà solo all’estero?) incorrono in queste cadute di stile anche autori celebri e blasonati. È il caso di R.J. Ellory che, riporta il Telegraph, dopo essere stato smascherato da un collega, si è dovuto scusare pubblicamente per avere non solo recensito i propri romanzi in termini entusiastici, ma anche denigrato quelli di altri scrittori, il tutto sotto falso nome. “Una pratica patetica”, viene definita dai colleghi.
La condanna arriva anche dalla Crime Writers’ Association che bolla la pratica del “sockpuppeting” come iniqua nei confronti di scrittori e lettori nonché contraria all’etica dell’Associazione.
La gravità della cosa è accentuata dal fatto che l’autore in questione ha venduto oltre un milione di copie dei suoi dieci romanzi, tradotti in diverse lingue (in Italia tre di questi sono usciti per Giano).
Se umanamente si possono comprendere i motivi di questo comportamento (spaziando dall’invidia all’insicurezza), professionalmente risultano del tutto ingiustificabili. Visto il danno all’immagine, poi, viene da chiedersi se uno scrittore che si comporta così non abbia una pesante vena di masochismo.
Quali che siano i motivi, ce ne vorrà di tempo prima che i lettori riacquistino fiducia nello scrittore. Fiducia conquistata a fatica, visto che un anno fa lo scrittore raccontava: Tra il 1987 e il 1993 ho scritto ventidue romanzi, tutti rifiutati più o meno con la stessa motivazione: ci dispiace, ma non possiamo pubblicare un autore inglese che scrive romanzi ambientati in America. Ho smesso per otto anni e ho ripreso all’indomani dell’11 settembre (dieci anni oggi, n.d.b.). E questa volta sono stato pubblicato. […] Quando ho ripreso a scrivere, mi sono approcciato alla scrittura con un’idea diversa, più diretta, più onesta. E soprattutto ora scrivo i libri che mi piacerebbe leggere, non i libri che piacerebbero agli altri. Se qualcuno mi chiedesse dei consigli direi: scrivi ciò che ti piacerebbe leggere e scrivi ciò che ti interessa. Perché se scrivi per le mode, le mode passano. E se scrivi per altri motivi – denaro, fama, desiderio di attenzione – stai scrivendo per motivi sbagliati.

(La foto in apertura è tratta da qua).

Update (via Steve Mosby): gli autori si mobilitano per denunciare il fenomeno e stigmatizzarlo.

17 Comments

      1. Beh, sono scuse un po’ come quelle di Schwazer: ti hanno preso con le mani nel vasetto della marmellata, ci mancherebbe pure che facessi lo sborone! 😉

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      1. Vero!
        Diciamo che se lo avesse fatto uno che vende trenta copie, comprese quelle dei parenti, un occhio compassionevole se lo potrebbe anche meritare (sai la fame spinge a razzolare anche nei cassonetti), fatto da lui… che te lo dico a fa? Sarà che continuo a rimanere un romantico e dietro la penna mi piacerebe vedere solo animi nobili.

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  1. Mi sembra che una cosa simile sia accaduta a Loredana Lipperini, solo che le rezioni sono state diverse. Mi sembra che tutti abbiano detto: “Suvvia, che sarà mai. E’ una sciocchezza”. Bisognerà dirlo a quelli della Crime Writers Association. 🙂

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  2. Detto quello che si doveva dire e deprecato quello che si doveva deprecare (e lo si doveva deprecare) io una considerazione l’aggiungerei. Tra le autorecensioni di Ellory e la recensione sul blog xxx.com fatta al libro dell’amico che ha recensito (o recensirà) il tuo libro sul blog yyy.com, c’è poi tanta differenza?

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    1. Assolutamente no 🙂
      Deprecabilissima anche quella, ma nel caso di Ellory ciò che si contesta è il (non) “metterci la faccia”.
      Nel caso che descrivi tu, se la faccia ce la mettono entrambi, buon per loro. Non potrai mai sindacare quello che realmente hanno in testa, se lo fanno per opportunismo o per amicizia o per interesse o perché davvero si stimano 🙂

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