Letture al gabinetto di Fabio Lotti – Ottobre 2016

book-toilet“Professore!…professore!”. Mi sono girato verso la voce insieme al mio nipotino Jonathan lungo una strada di Siena (eravamo stati a scegliere un libro per lui), più precisamente quella che porta alla basilica di San Domenico. “Mi riconosce?” quasi urla un giovanotto sorridente dai capelli rossi. Beh, insomma, penso io, la faccia non mi è nuova, e poi questi capelli… “Sono… allora si ricorda?”. Eccolo, laggiù quasi in fondo alla classe, vispo come un furetto, sempre pronto a far girar le scatole. Segue l’abbraccio, i soliti ricordi, i volti degli altri compagni che vengono fuori lentamente dalla nebbia del tempo, gli scambi di battute e… e un groppetto in gola che fatico a nascondere. Il saluto, una stretta di mano, lo guardo allontanarsi fino a perderlo di vista. I miei ragazzi. I miei ragazzi diventati grandi. “Era un mio alunno” dico a Jonathan che mi guarda con ammirazione. “Anche tu diventerai grande”. E continuiamo, mano nella mano, per la nostra strada.

Iniziamo, come al solito, con gli imprescindibili G.M.
Perry Mason e il grido nella notte di Erle Stanley Gardner, Mondadori 2016.
perry-mason-e-il-grido-nella-notte“Vorrei che sottoponeste mio marito ad un interrogatorio, avvocato” chiede la signora Joan Kirby a Perry Mason, “Mi ha raccontato una storia che non deve ripetere a nessuno”. Ed ecco la storia del magnate John Northrup Kirby. Praticamente l’incontro notturno su una strada con una ragazza a cui hanno portato via l’auto e la borsa insieme ai documenti. Colpito dalla penosa situazione l’uomo l’ha portata in un motel, dichiarandosi marito e moglie, e non l’ha più trovata. A questo fatto si connette l’aggressione, rivelatasi poi mortale, contro un certo dottor Babb. I vicini hanno sentito uno strillo di donna e poi hanno visto uscire dalla casa una ragazza quasi identica a quella aiutata dal signor Kirby.
La faccenda si complica. Soprattutto quando risulta che il dottor Babb “si occupava di fornire figli posticci a chi non ne aveva”. Due cliniche private: in una donne ricche falsamente in gravidanza, nell’altra donne povere o ragazze madri che non avrebbero mai voluto un figlio.
Poiché le ultime parole del morto, alla domanda di un poliziotto su chi è stato a colpirlo, sembrano essere “John Kirby”, questi viene arrestato e si inizia il processo. Inevitabile scontro fra il procuratore distrettuale Hamilton Burger e il nostro Perry Mason, difensore dell’accusato. Solite schermaglie movimentate con il primo che latra, bercia, tuona, sbraita, ruggisce (mi ricorda Gideon Fell) esasperato, eccitato e frenetico, mentre l’avvocato ribatte impassibile con una serie di “Mi oppongo” e di contromosse forensi micidiali. Il giudice Cameron, munito di fermezza e pazienza, guida il dibattimento.
Comunque uno dei problemi da risolvere è sapere chi c’era effettivamente nella casa del dottor Babb, come si sono svolti realmente i fatti e che cosa ne farà Mason di un documento compromettente venuto in suo possesso, per avere il quale un altro avvocato, “uno dei più noti azzeccagarbugli del foro”, aveva fatto una proposta indecente (con quel libretto si potevano tenere in pugno le famiglie più ricche della città) subito respinta. Situazione difficile che preoccupa Della Street e lo stesso super avvocato, che ad un certo punto si sente come “nel centro di un banco di sabbie mobili”. Ma, con la consueta abilità, l’aiuto della segretaria “più carina del solito” e del fidato Paul Drake, riuscirà ugualmente a sbrogliare l’intricatissima matassa. Dialoghi veloci e martellanti su una storia che presenta problematiche ancora attuali (purtroppo).
Ah, dimenticavo. Occhio ad un gatto e ai pesci rossi!

I delitti della camera chiusa di Rino Cammilleri, Mondadori 2016.
i-delitti-della-camera-chiusaOgni volta che mi accingo a presentare una raccolta di racconti non so da che parte incominciare. Scrivere succintamente di tutti, impossibile. Sceglierne solo alcuni, limitativo. Perciò di solito inizio e vado avanti secondo l’estro del momento. Come in questo caso.
Il titolo stesso ci fa capire che non c’è scampo. Voglio dire per il povero assassino. Che si tratti di una camera, di un bagno, di uno studio, di una cella, di uno scompartimento in un treno, dentro una macchina…, insomma di uno spazio perfettamente chiuso da tutte le parti, c’è sempre qualche bell’ingegno che ti butta all’aria in quattro e quattr’otto tutto l’ambaradan costruito con infinita pazienza dall’omicida. Un fatto impossibile che si risolve in una dannata, lucida, semplice esposizione chiarificatrice. Neanche fossero tutti degli Sherlock Holmes quelli preposti alle indagini. A dir la verità uno c’è che gli assomiglia parecchio, anche se sotto mentite spoglie. Così come molti altri a rappresentare, secondo intento esplicito dell’autore, celebrità acquisite della letteratura poliziesca, partendo, per esempio, da quello che non smuove il culo dalla poltrona nemmeno se viene il terremoto, per finire, la butto lì, a quell’altro tutto impomatato e impettito come un dandy. Al lettore il gusto di scoprirli.
Stanze chiuse, dicevo, luoghi chiusi o, comunque, con spazio circoscritto, dove il malcapitato passa la sua ultima ora (forse anche meno). I mezzi per farlo fuori non mancano, ce n’è per tutti i gusti, dai classici veleno, pistola, coltello etc… fino alla spada che ti si infila nel deretano mentre sei tranquillo a ponzare sull’apposito vaso (giuro). Delitti e delitti da far rizzare i capelli (per chi ce l’ha), e se non sono delitti saranno suicidi che l’uomo talvolta non ne può più anche di se stesso. Suicidi, però, che sembrano omicidi, magari sempre nella stessa stanza sigillata a far bollire le cellule grigie del nostro Sherlock di turno, pardon, in questo caso, del nostro Poirot. E se non sono suicidi saranno disgrazie che anche il Fato vuole avere la sua parte funesta. Comunque, omicidi, suicidi o disgrazie, c’è sempre qualcosa, una pur minima traccia, un pur minimo, imperscrutabile indizio, che passerebbe inosservato ad un tizio qualunque dotato di una superba intelligenza, che inchioda il colpevole, compreso il Fato, naturalmente. Impossibile farla franca e il lettore, spesso, sono sicuro, fa un tifo tremendo perché non venga scoperto. Del tutto inutile. Qui, a sbrogliare l’incredibile, inestricabile matassa, non abbiamo il più bravo della classe ma il genio fuori dal comune (in contrasto con il solito pigrone mentale) che, magari, si avvale pure di un Tacito o della Bibbia per risolvere il diabolico crimine (tanto per dirne una).
Luoghi chiusi, dicevo, per ogni dove e in qualsiasi tempo. Siamo scaraventati, per esempio, nell’anno di grazia 1273 fra domenicani e inquisitore, oppure nel 1628 a Siviglia, in India, in Giappone, ad Alessandria, a Roma, nell’Irlanda “profonda e superstiziosa”, in Sicilia, durante il fascismo e chi più ne ha più ne metta. Luoghi e tempi diversi, anzi, diversissimi.
Rino Cammilleri riproduce lo stile di certi famosi autori e scrive con il proprio estro presentando personaggi nuovi (vedi Corrado da Tours e don Gaetano Alicante), disegna trame complesse credibili, inserite in un particolare contesto storico vivo e pulsante, perfettamente rappresentato, talora, anche con tocchi di felice ironia.
Bella lettura.

L’archivista di Loriano Macchiavelli, Einaudi 2016.
larchivistaBologna, anni Ottanta. A dir la verità non verrebbe voglia di parlare della trama quando c’è di mezzo un personaggio come il vicequestore aggiunto Poli Ugo, detto lo Zoppo. Lui, da solo, basta e avanza. Un personaggio che riempie, che straborda lungo tutta la vicenda con una personalità che lascia allibiti. Per la potenza e la perfezione con cui l’ha creato l’autore. Al suo cospetto il più noto Sarti Antonio sergente, tormentato dalla colite, che abbiamo già conosciuto in tanti libri precedenti, fa la figura della comparsa.
Lo Zoppo è fantastico nella sua insopportabile, odiosa, schifosa presenza fisica e morale. Sciancato (un incidente gli ha massacrato la gamba destra), cammina aiutandosi con un pesante bastone, gira su una bicicletta completa di accessori come vuole la legge. Non fuma, non beve, non prende neppure il caffè. Forte con i deboli, remissivo con i forti. Rapporto brusco con tutti (eufemismo), perfino con moglie e figlio (a dir la verità manco ci parla con quest’ultimo). Una specie di Tersite omerico, come è stato puntualmente evidenziato da Tommaso De Lorenzis nella postfazione, e un “Figuriamoci!” ripetuto a iosa per ogni dove.
È lui, l’archivista, quello costretto a restarsene in compagnia delle pratiche, a condurre questa volta una indagine del tutto personale. D’accordo, due parole sulla vicenda sono inevitabili. Dunque una macchina, una mano che esce dal finestrino per strappare la borsa ad una ragazza, Norma Valini, diciotto anni in coma per la caduta. Il rapporto di Sarti Antonio, sergente, arriva sul tavolo dello Zoppo per essere protocollato (scontro fra i due). Nello stesso pomeriggio altro fascicolo scritto di pugno dall’ispettore capo Cesare Raimondi “Pratica Romolo Lucito. Incidente sul lavoro”. Una scorsa al documento. Morto nella Cineteca Comunale colpito da una scarica elettrica mentre azionava una moviola attinente ad un film che un gruppo di cineasti sta girando in città. “Incidente sul lavoro, figurarsi!”. Un altro caso insoluto, sogghigna. Buoni a nulla! È venuto il tempo dell’indagine, della “sua” indagine. Via da casa in hotel, riscaldato al bisogno da una “coperta”, una settimana di permesso e vediamo chi riesce a risolvere i due casi. In giro di qua e di là con la sua bicicletta che se tentano di rubargliela il bastone su cui si appoggia è pronto a calare, tremendo, sulla testa del ladro (e accadrà). Intanto fra i due casi si scopre un punto di contatto. Norma Valini è andata in Cineteca la stessa notte in cui è morto Romolo Lucito. Perché? Lo Zoppo si frega le mani.
Una storia ottimamente architettata dal nostro Macchiavelli con una scrittura veloce e incisiva tra onorevoli, professoroni, cineasti, pornofilm e puttane, le Urap (unità rivoluzionarie armate proletarie per la presa del potere), mentre un anonimo narratore segue la vicenda e commenta in particolare le azioni e gli sproloqui dello Zoppo. Spunti sulla città “di merda con le strade fra le più scassate d’Italia e non se ne accorgono né il sindaco, che viaggia in automobile supermolleggiata, né i suoi assessori” e siamo scaraventati in avanti di trentacinque anni.
Niente paura, dunque, che il libro, pubblicato nel 1981 nel catalogo de Il Giallo Mondadori, e il personaggio principale siano datati. Oggi lo Zoppo farebbe la sua porca figura nei talk show televisivi e avrebbe un successone perfino in parlamento.
Figuriamoci!

I delitti della laguna di Letizia Triches, Newton Compton 2016.
i-delitti-della-lagunaVenezia 1990. Quadri veri, quadri falsi, musica, malattie mentali, odio, amore e morte. Ricapitolando all’osso mi viene così. Ma nemmeno, che poi c’è la città della laguna a pretendere, giustamente, la sua parte.
Il romanzo è complesso e, dunque, difficile farne una recensione che non diventi una palla per il lettore (mi è capitato più volte, sia di leggerla che di scriverla). Vado un po’ a braccio. Personaggi principali: Otis Moore, “un magnetico bluesman afroamericano, soprannominato “il Moro di Cannaregio” che suona negli Indigo Blues e lavora pure per una casa d’aste di Filippo Severato; Bianca, voce solista del gruppo; Stelio Luni, suo marito più vecchio, che produce falsi d’autore; Alvise Volpato psichiatra, proprietario di un bel palazzo sul Canal Grande; la sorella Matilde, esclusa dall’eredità; Loris Favero, marito della suddetta…
Basta, la faccenda diventa uggiosa. Due morti ammazzati, il primo proprio il nostro Otis, attrattiva delle belle donne, incaprettato e mascherato (un delitto di mafia?). Il secondo lo scoprirete. Ad indagare la vedova Chantal Chiusano di Ischia, coadiuvata dal restauratore fiorentino Giuliano Neri che ha pure un discreto fiuto per queste cose. Una specie di “casalinga robusta” dai fianchi generosi, occhi azzurri e limpidi, lo sguardo gentile.
Due morti ammazzati, dicevo, un commissario donna, un restauratore-detective, una discreta serie di personaggi sbalzati a tutto tondo con le loro complesse individualità. Storia ai limiti del credibile (ci può stare), immersa negli intrighi degli odi familiari, delle pazzie, dei ricoverati malati di mente, tra truffe, ricatti, sesso, musica e pittura, falsi d’autore a creare un’atmosfera allucinata e straniante riportata, ogni tanto, al concreto da piccoli tocchi di realtà (vedi le bellezze e gli intrichi di Venezia, o lo sguardo posato sui gabbiani che volteggiano…), insieme al passato che riemerge funesto come nel più classico dei classici.
Occhio ad una fotografia particolare e al colore!

Spiluzzicature

Spiluzzicato alla Feltrinelli di Siena Vite minuscole di Pierre Michon, Adelphi 2016. Vite brevi di un mondo contadino povero e tragico che attraggono e appassionano più di tante vite illustri. Una scrittura colta come un omaggio ai personaggi umili del libro.
Chi vuole conoscere le donne di Hitchcock, ovvero le donne che hanno partecipato ai suoi film con relative foto, vada qui nel blog di Omar Lastrucci dove si possono trovare interessanti articoli sulla letteratura gialla (purtroppo sta chiudendo).
Chi vuole, invece, confrontarsi con tre delitti impossibili e un quarto andato storto si becchi Promessa mantenuta di James Roland, Polillo 2016, e poi vada a leggere cosa ne dice Pietro De Palma e scoprirete un altro, ottimo blog.
Eccellente La trilogia di New York di Paul Auster, Einaudi 2016, che raccoglie i tre volumi Città di vetro, Fantasmi e La stanza chiusa. Siamo catapultati nelle atmosfere hardboiled degli anni Trenta, quelle, tanto per intenderci, di Chandler e compagnia bella tra pedinamenti, scarrozzate e pistolettate da tutte le parti. Con l’obiettivo di suscitare domande sulla vita e sull’uomo. Qui il discorso si farebbe più complicato parlando del “giallo metafisico” e di Borges. Infatti non ne parlo.
Il mistero della giovane infermiera di Dario Crapanzano, Mondadori 2016, ci presenta ancora una volta il commissario cicciottello Mario Arrigoni di Milano. E, ancora una volta, qualcuno si è messo a fare il confronto con il Maigret di Simenon e con Simenon stesso. Io il libro l’ho solo spiluzzicato (quindi non faccio testo), però, così a naso, il confronto lo lascerei perdere. Comunque ci ritornerò sopra.

Un giretto fra i miei libri

Il tè delle tre vecchie signore di Friedrich Glauser, Sellerio 2010.
il-te-delle-tre-vecchie-signoreDue di notte, in place du Molard (Ginevra) un giovane, pupille dilatate e tratti del volto rigidi, incomincia a spogliarsi, si mette in mutande, e cade a terra. Sul posto l’agente Malan e il prof. Louis Dominicé che diagnostica un caso di avvelenamento. Perquisiti i gabinetti Malan si becca una botta allo stomaco e intravede scappare un tizio con pantaloni bianchi da tennis. All’ospedale il dott. Thévenoz (fidanzato con la dottoressa Madge che lo stressa) e il dottor Wladimir Rosenstock osservano una strana puntura nella piega del gomito, forse per una iniezione di iosciamina. Ad indagare il commissario Pillevuit con lunga barba bionda assillato dai superiori.
Per non farla lunga ad un certo punto del racconto un personaggio (Natascia) spiega ad un altro (Jakob) la trama degli eventi e quest’ultimo esclama “Non ci capisco niente”. In seguito un altro personaggio fa un breve sunto dell’accaduto “Ma la prego, consigliere, mi spieghi come pensa di conciliare giacimenti petroliferi indiani, missionari americani nelle vesti di delegati della Standard Oil, agenti segreti dei soviet, gnosi basilidiane, erbe velenose, ricette della strega, maharaja indiani, psicologi che fanno esperimenti su materiale umano, psichiatri scomparsi, uomini innocui ricoverati per improvvisa pazzia, il Maestro dei cieli dorati con il volto di legno, cartelle rubate e ritrovate, e per finire vecchie signore che bevono il tè!”. Aggiungerei freccette avvelenate e un paio di citazioni degli scacchi.
Anche il sottoscritto a fine lettura, sballottato dalla mole degli eventi, ha avvertito un leggero senso di smarrimento, ma sverga comunque un “ottimo”, per non fare la figura del cretino.

Il veleno nella mente di Thomas H. Cook, Giallo Mondadori 2012.
Lucas Paige studioso di storia militare alla presentazione del suo ultimo libro a Saint Louis. Ne ha fatta di strada da quando viveva a Glenville, una cittadina per niente attraente, priva di prospettive, con le sue erbacce, le sue pozzanghere, i marciapiedi deserti, “una biblioteca senza finestra ospitata nello scantinato del dipartimento di polizia”. Ora c’è proprio una vecchia conoscenza a rinfrescargli la memoria: Lola Fayye. La Morte ha visitato la sua famiglia, a partire dal padre ucciso per gelosia dal marito di Lola (così sembra). Un percorso all’indietro nel tempo con riprese continue, la sua vita, la sua intelligenza, la voglia di sfondare in una prestigiosa università. Il padre meschino, rozzo, non adatto alla madre dedita alla lettura e al figlio con i suoi pressanti consigli “Non accontentarti di Glenville, Luke”.
C’è un grande sogno, una grande speranza in questa storia, ci sono letture, citazioni di film, tutto appare vago, incerto e nello stesso tempo inquietante e spaventoso. Sprazzi di cinismo, sprazzi di amore, un senso di desolazione, un tocco al cuore. Libro dalle mille prospettive che mutano di continuo con il trascorrere della storia, mettendo in spasmodica allerta il lettore desideroso di conoscere la vera verità. “Tu vai avanti, vai avanti e credi di sapere chi sei e come girano le cose. Ma poi, da un momento all’altro, cambia tutto” (Lola). Se vogliamo anche un libro sulle apparenze scritto in maniera magistrale. Una riflessione su noi stessi.

Una sfiga pazzesca potrebbe essere il titolo più appropriato di In caso di mia morte, di Carlene Thompson, Marcos Y Marcos 2004.
in-caso-di-mia-morte“La prima a morire è Angela Ricci, un’attrice di successo. Barbaramente assassinata nel suo appartamento a Manhattan. E Laurel, una giovane fiorista di provincia, potrebbe essere la seconda. Ha trovato un messaggio raccapricciante nella cassetta delle lettere. Tredici anni prima, un macabro gioco organizzato da un gruppo di amiche, in una notte che nessuna ha più dimenticato, era costato la vita a una di loro, Faith. Laurel, Angela e le altre avevano giurato di non rivelare a nessuno l’accaduto. Ma qualcuno, evidentemente, ha scoperto quell’orrendo segreto, e ha deciso di vendicare la morte della povera Faith…”
In quarta di copertina in corsivo “Lasciate perdere Mary Higgings Clarke e compagnia… al suo sesto thriller, Carlene Thompson si annuncia ormai come uno dei nuovi maestri del brivido…” Ora, sfortunatamente per la nuova maestra del brivido, a meno di metà libro ero già sicuro del colpevole (la forza dell’esperienza), per cui la cosa che mi è rimasta più impressa di questo thriller sono le disgrazie familiari che si allargano a cerchi concentrici verso gli amici della protagonista principale Laurel Damron.
Sentite un po’. Abbiamo Crystal che per prima cosa perde i genitori, poi partorisce un bambino senza vita, ed infine viene lasciata dal marito. Monica (altra amica) è più fortunata. Perde solo la madre, poi il padre si sposa di nuovo ma la moglie non ne vuole sapere di lei e viene spedita presso una prozia. Anche Mary, sempre sfortunatamente amica della suddetta, (e sorella di Faith finita morta impiccata, e incinta tra l’altro, per un gioco pazzesco), viene abbandonata dal marito Neil Kamrath (e qui non c’è niente di nuovo sotto il sole). Il quale marito perde moglie e figlio in un incidente stradale.
Una sfiga pazzesca!

In due si indaga meglio di Rex Stout, Colin Dexter e Arthur Conan Doyle, Giallo Mondadori 2011.
Introduzione di Mauro Boncompagni (e questo è già un ottimo viatico).
Partiamo dal primo, Non ti fidare di Rex Stout. Gli ingredienti ci sono tutti. Voglio dire quelli che hanno fatto la fortuna del grande Stout: un Archie Goodwin in forma smagliante (specialmente con le donne) come il suo corpulento datore di lavoro, il classico scontro Wolfe-Cramer, una storia stuzzicante.
Praticamente un manoscritto assassino che lascia dietro di sé un bel po’ di cadaveri. Il pachiderma ad escogitare stando incollato alla poltrona e Goodwin, insieme agli altri compari, a mulinar gambe di qua e di là. Stile brillante, ironico, ricco di battute.
Passiamo al secondo L’ispettore Morse e la ragazza scomparsa di Colin Dexter. La coppia qui è formata da l’ispettore Morse e dal sergente Lewis alle prese con la scomparsa di una ragazza, Valerie Taylor, sparita due anni prima, dopo che l’ispettore capo Ainley aveva seguito il caso senza risolverlo.
Una ricerca lunga, difficile, interminabile, densa di dubbi, false certezze e continui ripensamenti. Morse scapolo, Lewis sposato, buon affiatamento insieme a qualche contrasto, specialmente quando “Le acrobazie mentali di Morse cominciavano a mettere in crisi le capacità di analisi di Lewis”. Insomma il lettore in tensione (bravo l’autore) fino all’epilogo.
Per terminare il racconto Il vampiro del Sussex di A.C. Doyle.
Un classico che fa sempre piacere rileggere. Una lettera con una strana storia con una signora “vampiro” che succhierebbe il sangue del figlio, una antica e isolata fattoria, un cane ridotto male e la coppia famosa, Sherlock e Watson che vanno un po’ a vedere di che cosa si tratta.
Seguiteli!

Concludiamo con la nostra intramontabile Patrizia Debicke (la Debicche).
Testimone. Sette indagini per Antonio Mariani di Maria Masella, Frilli 2016.
testimone-sette-indagini-per-antonio-marianiIn Italia, le antologie, le raccolte di racconti insomma, se dimentichiamo il passato, e tanto per fare un esempio le favolose Novelle del Boccaccio (ma quanti le hanno lette davvero?) hanno avuto rara fortuna. Al giorno d’oggi le antologie sono poco amate dai più e bistrattate dagli editori, che le sminuiscono riducendole a palestra di brillanti spunti di autori di grido da mettere in copertina, unite a creazioni amatoriali. E da aggiungere, purtroppo, che difficilmente risultano vincenti.
Maria Masella invece, zac! Si introduce controcorrente sul mercato e ci offre sette racconti, sette gioiellini incastonati fra i tanti romanzi del suo commissario Mariani, pubblicati finora. Sette storie brevi, ben misurate e che interagiscono con i romanzi mettendo meglio a fuoco certe sfaccettature della personalità dell’uomo Mariani. Per meglio orchestrare la sua trama, Maria Masella fa risalire in scena alcuni “amati” personaggi e con consumata abilità riesce a coinvolgere il lettore sin dalle prime pagine. Bello ed emotivamente molto intrigante infatti il primo racconto in flash back con cui la raccolta si avvia.
Bari, solstizio d’estate, un giovanotto, ventotto anni, sbarca qui, pensando di fermarsi solo qualche giorno. Il giovanotto è Antonio Mariani, laureato in giurisprudenza, che, dopo la prematura morte del padre, ha scelto di arruolarsi come marinaio. Perché? Irrequietezza, voglia di scoprire altri orizzonti oltre a Genova sua città natale? O altro? Chi può dire. Ma l’aver messo piede a terra a Bari, dove si troverà coinvolto come testimone in un omicidio, cambierà completamente la sua vita, costringendolo a restare in Italia e indicandogli la sua vera strada.
Maria Masella ha scritto queste sette storie per il commissario Mariani, un uomo giusto che sente ogni indagine un “caso personale”. Lo tutela e l’accompagna dai primi passi della sua scelta di vita alla maturità come persona e come funzionario pubblico al servizio della legge, da quando era solo “un comune di coperta” alle sofferenze e tragedie vissute negli ultimi romanzi.
Scrittura semplice e lineare che introduce le calibrate descrizioni introspettive dei protagonisti. Una Genova diretta, palpabile, amata ma anche valutata senza paraocchi. Si ritrovano fatti, punti di riferimento ed esperienze sostanziali nella vita di Mariani. Ci sono i ricordi legati a episodi che hanno contribuito alla sua formazione. Alcuni piacevoli, altri forti e altri ancora struggenti e impregnati di pathos.
Vedo che Testimone è il sedicesimo capitolo della serie Mariani, un regalo e, allo stesso tempo, un gustoso aperitivo che Maria Masella ha voluto offrire ai suoi lettori, in attesa delle nuove avventure del suo commissario cult.
L’aspettiamo!
Altri libri suggeriti da Patrizia:
Falsa testimonianza di Salvo Toscano, New Compton 2016, “un romanzo ambientato in una fosca Palermo di più di venti anni fa che si barcamena pericolosamente tra i nuovi metodi e orizzonti mafiosi e i grevi segreti di Stato”.
E Morte di un ex tappezziere di Francesco Recami, Sellerio 2016. “Confermata la notizia! Siamo all’ultimo episodio della serie. Francesco Recami, che non si smentisce mai, e l’aveva annunciato fin da La casa di ringhiera, il primo dei suoi sei romanzi, uno all’anno, che vedevano l’ex tappezziere come protagonista di rocambolesche avventure, e al sesto zac ha fatto fuori l’Amedeo Consonni. Come? Va bene che non era più un ragazzino, aveva sessantasei anni anche se fisico e forma lasciavano un po’ a desiderare. Ma insomma va là. E invece…”
Per chi ama gli e-book Patrizia consiglia inoltre “La Sherlockiana”, l’unica collana al mondo che ogni settimana pubblica un apocrifo o “pastiche” con (e il nome della collana ce lo dice) l’insopprimibile Sherlock Holmes. Qua il link con tutti i 125 titoli pubblicati finora.
Fabio Jonatan Jessica

Un saluto da Fabio, Jonathan e Jessica Lotti

8 Comments

  1. Che bello Fabio l’incontro con il tuo alunno! Beati quei ragazzi che ti hanno avuto come insegnante, sicuramente saranno andati oltre …

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  2. Anche ieri ho incontrato una mia ex allieva. Le ho chiesto se qualche volta mi aveva mandato a quel paese. Ha sorriso “No, lei no, ma qualcun altro…” e ho tirato un sospiro di sollievo.

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  3. Però, ripensandoci, me l’ha detto con un certo sorriso…e poi un vaffa potrebbe, in certi casi, essere anche un fiore all’occhiello.

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