Le parole di Sara (Le gialle di Valerio 191)

Maurizio de Giovanni
Le parole di Sara
Rizzoli, 2019
Noir

Napoli. Primi mesi dell’anno. Teresa Bionda Pandolfi da sei mesi si è proprio innamorata. Chi l’avrebbe mai detto? Già ai Servizi, ora è capo di un’unità segreta e speciale, dura ed esigente, attempata pantera bionda dal corpo elastico e dalle curve da sballo, gusto per carne sempre fresca a letto, da una botta e via in vista di altri piaceri (potere, libri, vino, musica), più fragile e impulsiva di quel che sembra. Il ragazzo è bruno e bello al pari di un dio greco, occhi neri ridenti incantevoli, viso solare, si chiama Sergio Minucci, 28enne assegnista di ricerca presso l’Istituto di Diritto regionale dell’Università. Gli è stato raccomandato come stagista e lei, per la prima volta, ha mescolato vita privata e professionale. Solo che, dopo un’altra gran bella notte insieme, Sergio improvvisamente scompare, lei riceve una strana allusiva visita di un alto dirigente romano, non sa che fare, si rivolge all’amica ed ex collega Sara Mora Morozzi, occhi azzurri e tratti dolci, figura sempre minuta e capelli ingrigiti. Già pochi mesi prima l’aveva chiamata in causa un paio di volte per indagini appartate con procedure non convenzionali. Sara è appena diventata nonna, nell’ottobre precedente è nato Massimiliano, la mamma Viola è la 28enne ex compagna (vedova) del figlio, curiosa e brava fotografa. Sara possiede una sapiente peculiare caratteristica, dono o dannazione che sia: è capace di udire frasi e dialoghi a lunga distanza, affinata abilità che mescola comprensione visual-vocale delle labbra e interpretazione gestuale dei pensieri. Accompagnata da un poliziotto che già l’aveva aiutata e si è affezionato a tutti loro, il tosto e trasandato Davide Pardo, Sara cerca di capire meglio come è Sergio: va a visitare Rachele, la fidanzata ufficiale che ne ha denunciato la scomparsa; fa un giro in aule e uffici universitari, fra colleghi e studenti; cerca e incontra la mamma, con la quale formalmente vive. Dopo due giorni viene ritrovato cadavere, c’è sotto qualcosa di antico e di grosso, affari e politica.

Consolida il successo la nuova interessante serie di Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958). In attesa dell’episodio conclusivo della prima strabiliante saga del commissario Ricciardi ai tempi del fascismo (1931-32), una fine annunciata da tempo, in attesa della sincronizzazione fra televisione e letteratura della seconda collettiva serie dei Bastardi (ispirata all’87° distretto di Ed McBain), il cui ultimo episodio trasmesso anticipa sviluppi dei prossimi romanzi, Sara Morozzi risolve piacevolmente bei casi, ancora nella stessa città contemporanea del tifosissimo autore. Sara era una brillante graduata della Polizia di Stato, sposata con prole, prima di entrare nell’unità speciale e di innamorarsi del Capo, Massimiliano Tamburi, più vecchio di 23 anni, intensamente ricambiata. Lei ha vissuto e gestito nefandezze, ha abbandonato per amore un marito fedele e un pargolo piccolo, ha affittato una stanza e ha scelto un’altra esistenza, condotta con fermezza e coerenza finché è stato possibile. Poi lui si era ammalato e Sara aveva lasciato tutto, ritirata a invisibile vita privata per assisterlo. Da poco sono morti prima lui, 76enne, indi il figlio (abbandonato) Giorgio, in un incidente stradale. Non ha ancora nemmeno 55 anni, si nasconde a tutto e tutti, pur bella colta vivace. Ma ora è nato un altro Massi e l’amica di sempre si trova in vera difficoltà, la vita prende un’inedita appassionata direzione, ricomincia a fare il braccio che soccorre e punisce. La narrazione è in terza varia al passato sull’indagine, intervallata dal resoconto in corsivo di una delle prime vicende professionali di Bionda e Mora alle prime armi nel 1991, dal persistente dialogo di Sara con l’amore perso e da incursioni sulle piacevoli corse mattutine del regista del malaffare. La protagonista, pure attraverso i silenzi, custodisce parole nascoste che dicono tanto anche se non sono pronunciate (da cui il titolo). Ad aiutarla appare un vecchio collega ormai cieco e solitario, che usa in modo straordinario udito e olfatto con ottime capacità deduttive. Le descrizioni sono, al solito, accurate e toccanti: ecco un bel noir di sensi e sentimenti! Viola ama la musica degli anni Sessanta e Settanta, il buon operaio ascolta Battisti e non si fa distrarre. In coda al volume c’è il racconto (ambientato prima del primo romanzo) uscito nell’antologia Sbirre.

(Recensione di Valerio Calzolaio)

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