Maurizio de Giovanni
Troppo freddo per Settembre
Einaudi, 2020
In libreria dal 15 settembre 2020
Già comparsi in alcuni racconti pubblicati da Sellerio, con Dodici rose a Settembre Maurizio de Giovanni aveva fatto diventare Mina Settembre e i suoi irresistibili comprimari gli interpreti di un romanzo.
In questo momento che risente ancora della paura vissuta da tutti per mesi, e in cui quella paura ancora serpeggia malevola per le strade, de Giovanni, facendo una scelta di leggerezza, con Troppo freddo per Settembre porta in scena in una nuova tragicommedia il suo irresistibile ventaglio di maschere farsesche. Un ventaglio che, suggerendo il sorriso, si muove agilmente sul palcoscenico di Napoli, una città sovente mater dolorosa o, come la Pietà michelangiolesca, una vittima straziata dalla tragedia.
Ma una città dai tanti volti: spesso criminale, crudele, spietata verso i deboli che de Giovanni ci fa scoprire nelle sue pagine, arricchite dal fiorito e ironico dialetto, lo stravagante ma polposo linguaggio in uso ai suoi personaggi di ogni livello sociale. Insomma un ventaglio che, con le variegate sfaccettature delle sue storie, si allarga fino a diventare quasi un vessillo, un emblema della tante difficoltà della vita.
Ma torniamo alla nostra trama.
Dunque, per chi non avesse ancora conosciuto Gelsomina Settembre detta Mina, sulla quarantina, assistente sociale presso il Consultorio Quartieri Spagnoli Ovest, mi pare doveroso chiarire che Mina nasce come una bella signora borghese napoletana, laureata, che lavora nei Quartieri Spagnoli. Il suo è un oneroso e malpagato impegno, anche morale, che la coinvolge in casi astrusi che vogliono giustizia.
Ma Maurizio de Giovanni non sarebbe lui se non ci regalasse una sorpresa. Tanto per cominciare Mina Settembre è una tosta che pur a Napoli, e messa confronto con una perenne carenza di personale, riesce in qualche modo a far fronte al suo lavoro nonostante gli impicci vari e le riottose trascuratezze da parte della varie aziende collegate, vere regine del passacarte.
E ora, veniamo al suo “team”, un improvvisato gruppo d’assalto in termini guerreschi. Sul posto di lavoro pieno di buona volontà, sempre a disposizione ma da lei spesso demoralizzato (ex fidanzatissimo con una collega in missione in Darfour) il “dottore”, il ginecologo Domenico «chiamami Mimmo» Gammardella, bello come il sole, secondo la nostra quasi un gemello di Robert Redford, assolutamente ignaro degli effetti del suo fascino perché la perversa insicurezza affettiva di Mina non le concede di dargli spazio; abbiamo poi Giovanni «Rudy» (da Rodolfo Valentino, per chi ne dubitasse) Trapanese, il cerbero portiere dello stabile, occhi e orecchie ben aperti che vede e sa tutto, il quasi nano che si crede un adone con gli occhi sempre “appizzati” sulla sofferta e conturbante quarta di seno e più, croce e delizia di Mina. A contorno, le ineguagliabili vecchie amiche di sempre, con le quali Mina condivide una inestinguibile complicità dai tempi di scuola, senza dimenticare l’ex marito, ancora incensato dalla sua impeccabile madre, il magistrato De Carolis, arrogante e perfettino rompiscatole, anche se ogni tanto riesce a conciliare le leggi con la giustizia, e il suo aiutante e vittima, il maresciallo Gargiulo.
E di giustizia e indagini si dovrà parlare quando l’anziano Gravela Giacomo, professore di Lettere in pensione, viene ritrovato senza vita in una gelida mattina di gennaio. Nella sua morte c’è qualcosa di strano. Primo, perché il vecchio signore dormiva al freddo appena mitigato dal tepore di una stufa in una soffitta del condominio. Mentre la famiglia, e cioè il figlio, la nuora e i nipoti, stavano di sotto comodi e al caldo, lui era relegato in soffitta e nessuno si occupava di lui, a parte la nipotina decenne. Secondo, perché il professore è morto avvelenato dal monossido di carbonio provocato dalla stufa accesa. Il tubo era ostruito da qualcosa che pareva un nido, ma è davvero difficile trovare una rondine d’inverno…
E quando, la mattina dopo, una vecchia signora va al consultorio a chiedere l’aiuto a Mina Settembre, lei prende di petto quella che ritiene una buona causa, coinvolge il riluttante Gambardella e parte alla carica. Insomma vuole saperne di più, indagare. Poco importa se, per farlo, dovrà fare domande pericolose su una famiglia dal nome pesante e ben noto. Di quelle che, da sempre, nei vicoli della città vecchia decidono ogni cosa e non perdonano i ficcanaso. Mina non si ferma davanti a nulla. Poi, quando tutto parrebbe perduto, riesce a trasformare in leoni persino il dottor Gambardella e Rudy il portinaio, trascinandoli con sé in quella che vede come una missione salvifica, in parallelo all’inchiesta della magistratura dell’ex marito De Carolis. Infine, per sbrogliare definitivamente la situazione, non le resta, con una bella dose di faccia tosta, fortuna e un pizzico di follia, che coinvolgere in un ardito colpo di teatro le sue amiche più care.
Un inverno freddo e ventoso, più freddo del solito a Napoli, che introduce fatti, cose, persone e poi strade, vicoli, paesaggi da ricordare e la fluida prosa di Maurizio de Giovanni, che ancora una volta ci regala momenti speciali di reale irrealtà.