Franco Forte e Scilla Bonfiglioli
La bambina e il nazista
Mondadori, 2020
Recensione di Roberto Mistretta
Si allarga la fetta di lettori che in Europa potrà seguire la terribile avventura di Leah, una bambina ebrea deportata in un campo di concentramento nazista che solo l’amore di un padre riuscirà a sottrarre all’abominio della Soluzione Finale. Dopo la Polonia, anche la Romania ed è in corso di traduzione in altri Paesi.
Il romanzo La bambina e il nazista (Mondadori) continua insomma a dare grandi soddisfazioni alla coppia di autori composta da Franco Forte e Scilla Bonfiglioli, e infatti, oltre alle traduzioni all’estero, può vantare l’affermazione in tre premi letterari di pregio, come il Pegasus International Award, il Premio Città di Grosseto e il Premio Milano International.
La creatività e la sensibilità di due firme del panorama letterario italiano per raccontare ciò che tragicamente è stato, ma stravolgendo il punto di vista per mostrarci da una inusuale prospettiva di ufficiale nazista il dolore, la sofferenza, le atrocità perpetrate dai suoi sodali nei campi di sterminio contro milioni di creature umane.
Franco Forte, scrittore di lungo corso ed editor Mondadori, e Scilla Bonfiglioli, giovane autrice bolognese, hanno dato vita a questo romanzo che colpisce dritto allo stomaco.
“Gran parte di ciò che abbiamo raccontato – dicono gli autori – è stato desunto dai fatti di cronaca e dai racconti dei sopravvissuti che ci hanno lasciato testimonianze di un orrore senza fine. Questo romanzo andrebbe considerato come un devastante e realistico reportage di quello che potrebbe essere accaduto non solo nei lager qui descritti, ma in tanti campi di concentramento sparsi tra Austria, Germania e Polonia. Da parte nostra ci teniamo a ringraziare chi ha resistito e chi ha combattuto, nella speranza che uomini come Hans Heigel siano esistiti davvero, anche tra le file di quei nazisti che hanno dato vita al feroce circo di morte che è stato l’Olocausto, perché non bisogna mai perdere la speranza che il bene, l’intelligenza e l’amore siano capaci di prevalere su qualsiasi barbarie. Soprattutto quando ci sono di mezzo i bambini.”
E due sono le bambine protagoniste di questo intenso romanzo, Hanne Heigel e Leah Cohen, tedesca la prima, ebrea la seconda, a simboleggiare l’innocenza di milioni di bambini. Quella stessa innocenza calpestata negli anni terribili in cui l’Europa divenne essa stessa l’inferno e fu teatro dello sterminio organizzato: la Soluzione Finale.
Due i lager polacchi dove si snoda la storia: Sobibor e Majdanek.
Il tenente Hans Heigel svolge un lavoro burocratico, d’ufficio, lontano dal fronte, occupandosi di tenere aggiornati i registri del Reich. Vive con l’amata moglie, Ingrid, e la figlioletta Hanne, ma la morte della bimba sconvolgerà la loro routine. Con l’evolvere del conflitto, Heigel viene destinato al lager di Sobibor. Qui scoprirà che dietro i freddi numeri dei registri, che aggiorna con diligenza maniacale, ci sono esseri umani dai capelli rasati e ridotti pelle e ossa.
Creature coperte di stracci.
Tra loro scopre gli occhi terrorizzati della piccola Leah, una bambina che somiglia a sua figlia. Salvare Leah dai forni crematori e dalle turpi voglie di altri nazisti diventerà la missione per salvare anche se stesso e la propria anima dall’orrore in cui sprofonda ogni giorno di più. Ma per farlo dovrà superare anche la diffidenza di Leah, perché “La notte generava mostri, e lui era uno di essi”, dovrà guardarsi dalla ferocia delle altre divise con la svastica, dovrà fingersi un mostro capace di sbranare l’innocenza dei bambini, e scegliere chi mandare ai forni crematori al posto di Leah.
Dovrà rischiare la sua stessa vita.
Una carrellata di personaggi indimenticabili, pennellati dalla mano sapiente degli autori: Ariel Goldberg, l’ebreo saggio dalle spalle larghe; Larysa, la sorvegliante ucraina; Margot, la pittrice che aveva conosciuto Picasso a Parigi; Kobyla la feroce cavalla scalciante.
Ma al di là della pur coinvolgente storia di Hans e Leah, è nelle sue pieghe che questo romanzo diventa dirompente e cattura il lettore, seppure si sofferma appena sulle immagini crude ma dannatamente reali che scorrono attorno ai protagonisti e danno pieno spessore al filo narrativo dell’opera e ci inducono a gridare ancora una volta che no, quello che è avvenuto non dovrà mai più accadere.
“Stava scendendo la sera e le ombre cominciavano a infittirsi, quando trovarono l’ultimo gruppo di fuggitivi: cinque ebrei che si erano nascosti dietro un abete massiccio, nella speranza di passare inosservati. Non furono sprecati proiettili. Hans non poté fare nulla, mentre i cani si avventavano furibondi su di loro”.
E ancora: “Dopo il fragore degli spari, il cielo si appiattì in un silenzio doloroso. Una quiete in cui né i vivi né i morti emisero un fiato, perfino il grammofono smise di suonare e anche il suo fruscio finì per tacere. Quando calò il sole e vennero redatti i registri, i morti per fucilazione risultarono più di diciottomila.
Diciottomila in un solo giorno.”
Un libro da leggere e veicolare nelle scuole, per sapere e ricordare.