A ruota (gialla) libera – Uno sguardo al passato (5)

Rubrica a cura di Fabio Lotti

Così, come mi frulla per la testa. Spunti di lettura, scrittori, sensazioni, emozioni, satirette per sorridere insieme…

L’odore dell’inganno di Andrea Franco, Il Giallo Mondadori 2016.
Già trovato il nostro uomo (don Attilio Verzi) in L’odore del dolore, a sua volta in Giallo 24. Il mistero è in onda di AA.VV., il Giallo Mondadori extra 2013, che mi colpì per la sua originalità e poi in L’odore del peccato, Mondadori 2013. Un personaggio particolare questo monsignor Verzi, capo dell’Ufficio inchieste assegnatogli da papa Pio IX, dotato di un dono speciale “che molti avevano additato come una maledizione del demonio”. Percepisce gli odori nel profondo, “vivi come può essere viva una persona, vicini come la carezza di una madre o lo schiaffo di un padre che educa un figlio”. Centinaia di preghiere sotto la guida del bigotto padre Ruggero Ancillotti che gli ha instillato l’idea del peccato. Conseguenza incubi ripetuti. Sua guida spirituale, “verso la luce del sapere e del pensiero”, padre Costantino Patrizi per cui “Il problema non è ciò che gli occhi osservano, ma quello che la mente scruta”.
Qui (siamo a Roma nell’estate afosa del 1846) è alle prese con la scomparsa di Chiara, una giovane ragazza, nipote del nobile romano conte Palmigiani, da lui stesso segnalata e prossima alle nozze (matrimonio combinato) con il nipote di un cardinale. Verrà trovata morta in un canale, causa una coltellata alla gola, vestita di abiti dozzinali (perché?) e un fazzoletto appeso ad un ramo secco distante una decina di metri. Aiutato nelle indagini da padre Giani “uomo schietto e genuino” e dal capitano della Milizia Jacoangeli “elegante e impeccabile nella sua divisa blu”. Di conforto e sostegno anche Rebecca Fois, la madre superiora dell’istituto Angelica..
Caso complicato perché intorno alla ragazza “troppi interessi, troppo denaro, troppo potere fine a se stesso”. Comunque don Attilio non demorde, incontri e colloqui con pezzi grossi del clero, con i familiari e i domestici dei nobili tracotanti, la scoperta che i giovani di casa Palmigiani uscivano la sera non visti, la sparizione di uno spasimante della ragazza legato al famoso Ciceruacchio (specie di eroe del popolo) e, dunque, di mezzo una motivazione politica dell’assassinio? In una Roma ottocentesca maliarda e ricca di contraddizioni.
Odori, odori e odori (forte quello dell’inganno), voci, visioni, incubi, momenti di crisi, il passato doloroso che riemerge improvviso. La ricerca sofferta della verità attraverso una scrittura intensa e delicata, capace di penetrare nelle profondità dell’animo di don Attilio Verzi “caricato” di un dono portentoso e nello stesso tempo pesante che lui non vorrebbe possedere.
Il nostro protagonista, che avrà certamente un seguito, fa parte di quella schiera di detective “magici” (li definisco così) fra cui ricordo: il dolente commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni (siamo al tempo del fascismo), capace di percepire l’ultima frase e gli ultimi istanti di vita delle vittime di incidenti ed omicidi; il commissario Roberto Serra di Giuliano Pasini colpito anche lui da un “dono”, ovvero quello di “sentire” ciò che provano le vittime e i loro carnefici attraverso una “danza” particolare, sintomo e preavviso l’odore di fiori marci; l’ispettore Marzio Santoni, detto Lupo Bianco, di Franco Matteucci, fisico splendido e splendido naso in grado, anche lui, di avvertire i minimi odori; il Grifo di Massimo Pietroselli, evirato dai turchi che gli hanno ucciso anche la moglie e due figli, con l’estro di disegnare in ogni minimo dettaglio qualunque cosa abbia visto.

L’ombra del padre di Maureen Jennings, Il Giallo Mondadori 2016.
“Le vie del delitto sono infinite, lo sa bene il detective William Murdoch della polizia di Toronto. Ma davvero imprevedibile è il modo in cui un ordinario episodio criminale finirà per intrecciarsi con la sua vita privata. Tutto ha inizio quando il proprietario di un cane da combattimento accusa un rivale, un certo Delaney, di giocare sporco, per vedersi qualche ora dopo accusato del suo assassinio.”
Il rivale si chiama Harry Murdoch ed è il padre del nostro William. Ecco che riemerge la storia della sua vita, la violenza di Harry verso la famiglia, la sottomissione della madre, il fratello Bertie con difficoltà di apprendimento, la sorella Susanna che si fa suora con il nome di Philomena. Il nucleo centrale della storia è questo, vissuto nell’animo dei protagonisti, momento dopo momento durante i loro incontri al carcere. Sentimenti che si intersecano, accavallano e oscillano insieme ai ricordi: il cuore che batte all’impazzata, la bocca asciutta, dubbio, incertezza, rancore, gli scontri, l’odio che riemerge insieme a piccoli gesti di riavvicinamento (la mano sulla spalla del figlio).
Il padre sembra sincero nell’affermare la sua innocenza, e allora William dà vita a un’indagine del tutto personale sotto falso nome, per tirar fuori una verità che si cela dietro false apparenze. Spunti a braccio: sul luogo del delitto a ricercare qualche traccia, in giro a chiedere ed informarsi sull’accaduto, il suo innamoramento con Enid, un po’ di sesso, la buona tavola (trota salmonata, cosciotto di montone, lingua di bufalo, filetto di cervo…), piccoli scorci sulla società del tempo, la ragazza ritardata tenuta fuori al laccio come un cane, una persona sparita, banconote false, bontà d’animo del nostro (episodio della gallina), sensualità, passione, il sogno, la forza di andare fino in fondo (occhio anche ai cani). Indagine dura tra personaggi sicuri della colpevolezza di Harry che sembrano nascondere segreti e qualche zona d’ombra.
Una bella storia, costruita sapientemente, soprattutto di introspezione psicologica con sprazzi di pura commozione.

Da Margery Allingham non c’è da aspettarsi grandi cose, via. In generale, voglio dire. Un prodotto ben confezionato, una ironia più o meno mordace, un Albert Campion compassato e misurato. Qualche piccolo sussulto in qua e là e talora anche un paio di sbadigli. Non fa eccezione L’ora del becchino, Il Giallo Mondadori 2009.
Campion lo troviamo a pranzo con il capo di Scotland Yard Stanilaus Oates, un tipo “ingobbito e trasandato” con “il volto grigiastro, il naso adunco, i capelli scuri e l’aria perennemente triste e pensierosa”. Anche il nostro non è messo tanto bene: “Alto e allampanato” con i capelli “di un biondo quasi bianco” e gli “occhiali con la montatura di corno” che lo rendono completamente anonimo. Meno male che almeno veste elegante. Chiamato in casa Palinode da Renee Roper per due morti sospette. Lettere anonime che accusano un medico della morte di Ruth, una della famiglia. In effetti avvelenata con scopolamina.
Altro morto sospetto Edward Palinode (nella sua vita una serie di investimenti sbagliati) e una bara, guarda un po’, già pronta per lui. Non manca il solito Magersfontein Lugg, informato da suo cognato della morte della sorella, che dà una mano nelle indagini.
E allora per concludere in maniera un po’ anonima come il nostro Campion: una bara che appare e scompare, questione di soldi o meglio di azioni, scopolamina (già detto), acido cianidrico, botte in testa, ancora lettera anonima, inseguimento, banda di rapinatori che in qualche può essere in rapporto con tutta la vicenda.
Prosa ora vivace, ironica (da manuale la coppia “comica” di Jan Bowels e suo figlio), ora un po’ fiacca e stancante (impressione del sottoscritto, naturalmente).

Lord Peter e l’altro di Dorothy L. Sayers, Polillo 2011.
Death Bredon è il nuovo copywriter della Pym’s Publicity, una stimata agenzia pubblicitaria inglese. Il precedente Victor Dean è morto precipitando dalle scale a chiocciola degli uffici di Londra. In effetti Bredon è il noto investigatore Lord Peter Wimsey, incaricato dal capo della agenzia di indagare su questa morte accidentale.
Elegante “Guarda il mantello da sera e la gardenia, e cara mia, il monocolo!”, affabile, bravo nel lavoro, si conquista pian piano la simpatia di tutti, anche se a volte pare proprio un impiccione.
Primi risultati: un sassolino rotondo, una fionda in un cassetto, la collaborazione del ragazzo Ginger ma, soprattutto, la scoperta che Dean era immischiato nella cricca dei de Momerie, gente scioperata e drogata. Presto detto, Bredon si infila nelle feste della cricca (c’è da capire come viene smistata la droga) vestito da Arlecchino e indaga pure da quelle parti, riuscendo a evidenziare il collegamento tra i trafficanti di droga e il personale di Pym. Se viene scoperto ecco l’idea del “doppio” tra lui e il cugino Wimsey.
Altre morti violente, uggiosa partita di cricket, Bredon viene accusato addirittura di avere ucciso una persona fino al drammatico epilogo finale.
La Sayers è una penna eccellente. Non metto in dubbio la qualità della scrittura sempre brillante e ironica. Questo libro, tra l’altro, è stato inserito nella lista dei 100 migliori mystery di tutti i tempi compilato dai Mystery Writers of America e pure nel volume “1001 libri da leggere prima di morire” del critico inglese Peter Boxall. È per questo motivo che mi sento a disagio nel trovarlo un pochino forzatino (mio conio) e un pochino ampollosetto (faccia rossa). Ad eccezione di una fantastica presa in giro del sistema pubblicitario del tempo. Ma si sa, invecchiando (almeno nel mio caso) si rincoglionisce.

L’origine del male di Ellery Queen, Mondadori 2018.
Ce ne sono di personaggi “particolari” in questa vicenda. Senz’altro straordinario quello dell’invalido Roger Priam inchiodato su una poltrona a rotelle: “Occhi di toro scintillavano sopra mascelle di acciaio, il naso era un grugno massiccio, una folta barba nera gli cadeva sul petto. Le mani che si afferravano alle ruote erano enormi; omeri e bicipiti tendevano le maniche della giacca. E tutto quel grandioso meccanismo era in continuo movimento, quasi che il suo grande scheletro fosse incapace di contenerne l’energia”. Roger Priam, socio in affari di Leander Hill, ucciso da un cane morto secondo la figlia adottiva Laurel, che chiede aiuto al nostro Ellery (sta scrivendo un nuovo libro a Hollywood). Proprio da un cane morto trovato davanti alla porta di casa, al cui collare era attaccata una scatoletta d’argento con un cartellino e il nome di suo padre scritto a matita. Il cuore, già malato, non ha retto. Caso davvero interessante…
Ed ecco la visita a Priam per saperne un po’ di più. Ma il socio, oltre che imponente, si rivela una specie di animale selvaggio dentro una casa scura e squallida e non ha nessuna voglia di collaborare. Alcuni personaggi sono davvero assai “particolari”, come citato all’inizio: Laurel non ha conosciuto i suoi genitori; Alfred Wallace, segretario di Roger Priam, non sa nemmeno da dove viene “Io sono uno di quei casi interessanti che si leggono sui giornali. Una vittima dell’amnesia”; Crowe Macgowan, figlio del primo marito di Delia, sposa di Roger, è un uomo che vive nudo in una casa sugli alberi (giuro) tutto preso dalla prossima fine del mondo.
Dunque personaggi “strani” ma anche fatti altrettanto “strani” e inquietanti che si susseguono come tentativi, sembra, di impaurire Roger: tonno all’arsenico, rospi e rane morte, un portafoglio di coccodrillo, un libro bruciato, più precisamente Gli uccelli di Aristofane. Indaga il nostro Ellery tra una fumata di pipa e l’altra, ma va bene anche una bottiglia di whisky (rischia pure di infatuarsi della bella moglie di Roger, Delia), aiutato dal poliziotto Keats, e indagano, a modo loro, Laurel e Crowe. Le domande sono diverse: c’è un filo logico che colleghi tutti questi fatti? Esiste una spiegazione che risalga al passato? Chi è il fantomatico latore di questi oscuri e minacciosi messaggi? Viene da fuori o, addirittura, fa parte della famiglia? Certo non è un tipo impulsivo perché “tutto è esattamente prestabilito da un cervello perfettamente calmo e controllato.”
Scrittura di classe e soluzione finale incredibile (in tutti i sensi) con continui colpi di scena. Ma sarà il lettore stesso a giudicare.

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