«Il numero di persone che vivono sole in Francia è stimato a 12 milioni: la metà ha già frequentato un sito di incontri, e un quarto si è iscritto (a pagamento) per un periodo più o meno lungo. L’Europa annovera 100 milioni di single…»
È un dato impressionante. Un esercito di persone sole che tenta di esorcizzare la solitudine gettandosi nel virtuale. È quello che accade al protagonista di Febbre (Piemme) di Giulio Minghini: al termine di una relazione insoddisfacente durata tre anni, un trentacinquenne scopre il “meraviglioso” mondo delle chat e dei siti di incontri su internet. Crea un account con il nick Dilacero e inizia la perlustrazione del web. Scopre un mondo di solitudini come e peggio della sua, un mondo con il quale tenta inizialmente di comunicare, ma solo perché questo gli garantisce maggiore visibilità (e dunque maggior numero di contatti, e dunque maggiori possibilità di incontro reale). Un’overdose, un’orgia di incontri con donne di ogni età più o meno single, molto sole, prevalentemente ben disposte.
Ora, io so che i miei tre lettori uomini saranno tentati di non terminare la lettura di questo post e correre invece a iscriversi a Meetic o a un altro qualsiasi sito di incontri, sperando di ripetere le gesta del protagonista. Ma attenzione, Febbre non è un’esaltazione dei siti di incontri on line:
L’inferno di oggi ha l’aspetto di un sito di incontri. Babele di desideri frustrati, di aspettative ostentate come ferite, di solitudini colme di ombre feroci e inafferrabili. Mi appunto queste parole, una sera, in un bar della rua Saint-Blaise, mentre aspetto France con la quale, senza una ragione precisa, so che non funzionerà.
Febbre è casomai l’esatto opposto. Il titolo originale, Fake, rende meglio la sostanza del libro. Un gioco di specchi, di incontri fittizi, in cui non ci si rivela mai per quel che si è, in cui mancano le aspettative, le emozioni, gli scambi. Si condivide del sesso – poco e insoddisfacente – e via, verso un’altra notte, un altro incontro, un’altra persona-senza-nome di cui non resterà traccia. Il protagonista rimane avvinto da questo gioco, al punto da perdere ogni riferimento con la realtà.
Fortunatamente, sembra, è solo una fase, un periodo bulimico a cui presumibilmente farà seguito un nuovo equilibrio. O almeno così mi piace pensare.
Febbre è stato scritto in francese e pubblicato in Francia, prima che in Italia. Minghini, esule a Parigi senza grossi rimpianti, ha una prosa asciutta ed essenziale, dritta al punto, tuttavia accurata. Ineccepibile nello stile e nel ritmo. La lettura può essere urticante se siete del tutto estranei all’universo virtuale; se invece – benvenuti nel club – avete una qualche familiarità con questo avvilente simulacro del reale, Febbre vi mostrerà esattamente quello che siete o che potreste diventare. Tabagisti che tentano di smettere con l’ultima sigaretta, alcolisti che tentano di curarsi con l’ultimo bicchiere, solitudini che tentano di colmarsi con l’abbondanza.
E se ogni nuovo incontro non fosse nient’altro che un piccolo suicidio? Un atto inconsulto di abdicazione di sé?
A parte che suppongo tu abbia BEN più di tre lettori maschi, non credo troppo in questa forma di ‘socializzazione’. Troppo rapida, mentre una relazione a mio avviso ha bisogno di tempo per svilupparsi a dovere. Il sesso tanto per fare, poi, a me ripugna abbastanza (parere personale).
Esiste la possibilità d’incontrare una persona interessante su internet, certo (a me è capitato), ma chi si fa prender dalla frenesia di solito va incontro a grosse fregature (a me è capitato 2 – la vendetta).
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Non ci credo (più) nemmeno io, eppure sulla carta avrebbe ottime probabilità di funzionare.
Pare comunque che l’handicap più grosso – del virtuale rispetto al reale – sia la mancanza del “primo impatto visivo”.
Comunque il tema è interessante, il libro ottimamente scritto, e la depressione in agguato 😀
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Grazie della segnalazione! Minghini si è autotradotto? Se no lo leggo direttamente in Francese. Da qui vi posso dire che gli incontri online sono diventati il “dive bar” della middle/professional class (o come dice una mia amica, hanno sostituito il supermercato o la laundromat, dove la gente si incontrava per caso una volta).
Ci sono ragioni profonde ovviamente: i legami “deboli” della società USA, dove passato il college, e dovendo evitare il pericolosissimo campo minato delle relazioni tra colleghi, è molto improbabile trovare un nuovo partner tramite personal network di conoscenze.
Ho almeno due amiche (1 MA, l’altra PhD) che hanno a lungo cercato il partner ideale nei due sistemi qui più popolari (Harmony & Match.com) incontrando uomini superficiali e cinici, ormai dediti unicamente al “consumo” di questi incontri, un occhio alla persona che sta di fronte e un altro alla prossima che `e così facile incontrare. Un amico che ci ha provato ha finito per incontrare la moglie a un “social” organizzato.
Insomma, questo mondo esiste, è in espansione, e procedendo verso una socialità più mediata dal monitor, inevitabile. Conclusione personale: romanzo interessante, era ora!
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No, “Febbre” lo ha tradotto – molto bene – Giovanni Pacchiano.
Paolo, dici che è un sistema che può funzionare? Io occasionalmente faccio dei tentativi di conoscenza, ma negli ultimi tempi non arrivo nemmeno al primo appuntamento…
È rarissimo trovare gente che legge, ad esempio. Ancora più raro trovare qualcuno che scriva in italiano correttamente. Di solito le conversazioni muoiono di morte naturale dopo qualche battuta. Figuriamoci incontrarsi…
Comunque il romanzo è bellissimo ma molto, molto amaro.
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Ale, nessuna tra le persone che conosco ha riportato una “success story,” ma il mio campione è però molto piccolo. Tutte le storie che mi hanno raccontato però sembrano convergere sul fatto che per quanto inevitabile, questo sistema seleziona un tipo di persona che finisce per approfittarsi del sistema, ad essere più interessato nella possibilità dell’incontro piuttosto che nell’incontro stesso. In teoria è perfetto: siti come Harmony hanno filtri complessi, pagine e pagine di questionario, mi dicono,e un algoritmo che calcola la compatibilità: non solo per trovare qualcuno che legge o gioca a Go, ma che magari ha altri aspetti più reconditi ma che pensiamo compatibili. In realtà credo che la compatibilità sia parte di una narrativa molto selettiva… Insomma una storia che ci raccontiamo a posteriori quando le cose vanno bene 🙂
Comunque il fatto che una donna come te pensi solo di ricorrere a tale sistema intermediato mi segnala la crisi definitiva e finale del maschio italiano 🙂
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Ok, allora la pensiamo allo stesso modo 🙂
Per la mia esperienza i siti di incontri non funzionano.
Quanto alla crisi del maschio italiano: mah, a giudicare dalla quantità di donne sole che vedo in giro, credo che ci sia un problema oggettivo, numerico. Quando ero ragazzina girava voce che per ogni uomo ci fossero sette donne: pensavo che fosse una sciocchezza, invece sembra essere vero.
Infine, come in tutte le cose, serve anche un pizzico di fortuna 🙂
Però ti ringrazio del complimento, fa sempre bene 🙂
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Uhm. Mi viene in mente che diamo sempre più l’impressione d’esser una società adolescenziale – sia come approccio alla vita che come sviluppo delle relazioni. Molti ora voglion esser ‘liberi’, al primo ostacolo mollano la presa. Non tutti, naturalmente. Però sta diventando un pizzico più complicato trovar persone affidabili (sospiro).
Su colei che qui ci ospita ho un’idea piuttosto precisa: in sintesi, dà le piste al 90% dei maschi in circolazione. 🙂
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E vai di complimenti 🙂
Credo che l’analisi sia molto complessa e anche molto soggettiva. Ogni esperienza è diversa, ogni percorso differente. Le forme di unione non convenzionale sono più diffuse che in passato. I bisogni sembrano essere cambiati. Insomma, per ogni affermazione si dovrebbe scrivere un libro…
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Mi pare che ci sia in giro una esasperata ricerca dell’altro. Non siamo capaci, in generale, per quello che riguarda la mia limitata esperienza, di gestire la solitudine. Voglio dire quella positiva di restare almeno un po’ con noi stessi senza farci prendere dalla tremarella. Così a naso mi pare che siamo diventati più deboli.
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Fabio, devo smentirti. Chi – come me – è single da un bel po’ di tempo ti assicuro che ha avuto modo di restare solo con se stesso e anche di valutarne pro e contro. Ma l’essere umano non è fatto per stare da solo. Io non posso e non voglio credere che fino alla fine dei miei giorni tornerò tutte le sere in una casa vuota. Per un po’ è tollerabile, ma dopo un po’ diventa insopportabile. Il rischio, in questi casi, è quello di accontentarsi o di fare tentativi “disordinati” come quelli del protagonista di “Febbre” – e questo dopo un po’ è ancora più insopportabile della solitudine.
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Specifico, la mia esperienza per quanto riguarda una parte di quelli che conosco. Per quanto riguarda me stesso uso il cellulare solo per chiamare e non per essere continuamente chiamato. Figuriamoci se mi infilo nella babele del virtuale, già mi basta quella del reale.
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E questa mi sembra una cosa sana 🙂
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Alessandra non dico di stare sempre soli, miezzeca! Io dico che bisognerebbe stare pure soli senza lasciarsi prendere da una irrefrenabile, spasmodica, patologica voglia dell’altro. Anche io ogni tanto parlo con qualcuno… 🙂
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Non diamo solo l’impressione, ahimé siamo una società adolescenziale. Un mondo adolescenziale. Nel bene e nel male. Non è un giudizio, sia chiaro, solo un’opinione. Non mi sorprende questa corsa al virtuale. La trovo umana.
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