Sono stata indecisa fino alla fine se scrivere o meno questa breve recensione. Perché Stephen King non si può recensire, Stephen King va letto e basta. Poi ho scoperto che esiste ancora qualcuno che non lo conosce, o che ne ha sentito vagamente parlare, sì, ma come rappresentante del genere horror. E quindi non lo legge perché non ama l’horror.
Ecco, allora forse qualche frammento di commento è necessario. Ad esempio, prendiamo quest’ultimo Joyland. È un horror? No. È una storia. Una storia “piccola” della provincia americana, che si svolge nell’arco di un’estate. Una storia di incontri che cambiano la vita. Una storia di giovani (venti, ventuno anni) che si conoscono mentre svolgono il classico lavoretto estivo nel parco di divertimenti di Joyland. C’è Devin Jones, appena mollato dalla ragazza. Ci sono Tom e Erin, che diventeranno presto una coppia, e c’è un nuovo piccolo mondo da scoprire, che per Jones rappresenta un affascinante cambiamento rispetto all’Università. Jones affitta una stanza e ogni mattina passeggia lungo la spiaggia per raggiungere il parco di divertimenti, mangiando cornetti caldi e riflettendo. Da una casa in riva al mare uno strano trio assiste alla passeggiata: una donna che legge, un bambino sulla sedia a rotelle, un cane.
È un creatore di mondi, Stephen King, di emozioni e ricordi. Sì, c’è anche un mistero da risolvere: riguarda un vecchio omicidio commesso a Joyland di cui non si è mai trovato l’assassino. Ma non è questa la parte rilevante, se non nell’ottica di un potenziale film.
È la storia, che conta. È l’atmosfera. È la musica che Jones ascolta, sono le cose che fa, gli up-and-down emozionali che vive: lo spaccato di un mondo perduto, quello della giovinezza e degli anni Settanta.
Di King poi non si può non citare la scrittura (e grande merito va al traduttore Giovanni Arduino per aver saputo rendere la prosa di King in modo aderente e scorrevole) che secondo i lettori americani è tornata agli antichi fasti. Ritmo, brio, leggerezza. Rispetto a opere più voluminose, Joyland ha il merito di essere breve, quasi troppo. Per me, che non leggevo più King da un po’ di tempo, è stata un’ottima riconciliazione. Mi ha lasciato il desiderio di recuperare dei pezzi lasciati per strada negli ultimi anni.
Segnalo che per espresso desiderio dell’autore Joyland è uscito unicamente in formato cartaceo. Per favorire il ritorno dei lettori nelle librerie, ha detto King. Con me ha funzionato. Oltretutto ok, l’e-reader è comodissimo quando si viaggia, ma il buon vecchio libro di carta ha il pregio di non scaricare la batteria anche se viene letto continuativamente per ore (cosa che con questo libro accade).
Un’ultima cosa: la copertina americana è incomparabilmente più suggestiva di quella italiana:
Io mi sa che aspetto comunque l’ebook… la copertina non è molto simile a quella di Colorado Kid?
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Sono andata a riguardarla. L’idea, forse… Anche quella è vintage 🙂
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Sì, lo stile vintage, la pin up… 🙂
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Confesso che mi hai fatto venire una gran voglia di tornare a leggere qualcosa del Re. E poi, il fatto che non sia mastodontico, aiuta.
Finito Città aperta, di Teju Cole, mi farò prendere per mano dalla prosa avvolgente di King.
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Bene, poi fammi sapere se ti è piaciuto!
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Promesso!
Ora faccio un salto sul tuo ultimo post…
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Sto leggendolo! 🙂
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