Ci sono momenti al gabinetto che non si sanno nemmeno spiegare. Delle immagini, dei ricordi che si affacciano all’improvviso. Avrò avuto dieci, dodici anni. Chiesa del paese stranamente affollata. Mi avvicino. Ascolto. Le solite litanie, i soliti brusii. Sto per andarmene quando sale dal fondo una voce bella, dolce, soave. La riconosco, è la voce di Franco, un ragazzo più grande di me che vedo come un mito (famoso per le sue battute). Silenzio. Sta cantando l’Ave Maria di Schubert che sale nell’aria con la bellezza di un angelo. Mi fermo rapito come tutta la gente, i miei compaesani, dentro e ora anche fuori la chiesa. Un silenzio più profondo, assoluto, durante e alla fine del canto. Riprovo nel cuore quel momento di grande commozione comune. Forse, chissà, in qualche modo potremo salvarci.
Oggi ci buttiamo sulle antologie di racconti.
Delitti in giallo di AA. VV., Mondadori 2015.
C’è di tutto e di più in questa lunga catena di racconti: varietà di trame e personaggi, di stili (troviamo pure il dialetto), di atmosfere, di ambienti e del tempo stesso (si va dal 1687 ad oggi). Non ci si fa mancare niente. Si parte dal classico delitto in ascensore (questa volta di cristallo) dove scende la vittima, da sola naturalmente, infilzata da una katana e ci si immerge in un mondo di trucidi delitti. Tanto per portare altri esempi ribecchiamo il nostro Sebastiano “Bas” Salieri alle prese con omicidi truculenti in una regione cosparsa di superstizione e streghe. E ribecchiamo pure monsignor Attilio Verzi, dotato di un odorato miracoloso, alla caccia di un giovane miliziano (siamo nel 1846) sparito nel nulla e che incarna un problema di grande attualità. Se ci si sposta di qualche anno (1884) eccoci a Napoli dove lavorano l’agente Serra e il commissario Veneruso. Morta stecchita per avvelenamento la signora Silvana, moglie del conte Carangelo. Sola con la suocera, la vecchia contessa Carangelo, che non si muove da più di dieci anni. E allora?
E allora misteri su misteri, teste mozzate, corpi che volano nel vuoto, colpi di pistola e di forbici, tradimenti, vendette, sparizioni come quella della figlia di Cardosa a Marsiglia, polizia marcia, citazioni di libri e canzoni, riecheggiamento di film famosi e, occhio a chi porta le pizze!. Commissari maschili e femminili conosciuti e meno conosciuti, detective privati con le loro manie e con tutto il contorno necessario di personaggi standard a creare contrappunti seri e ironici.
Accanto alla paura, all’ansia, al tremore che coglie improvviso, il dubbio, l’assillo, il lavorio delle cellule grigie, il movimento anche crudo al bisogno, il colpo a sorpresa, la luce che si accende improvvisa, gli amori, le passioni, gli odi, l’attimo di raccoglimento sulla vita. Una alternanza di soluzioni che rendono l’antologia appetibile per qualsiasi lettore. E l’ultimo racconto, ambientato nella Germania del 1944, ne è come il classico suggello.
Delitti di ferragosto di AA. VV., Newton Compton 2015.
Il sorriso del cane di Francesca Bertuzzi.
Questo racconto improvviso di Eleonora, che si canna, al maritino “composto” e “formale” mi pare venuto benino. “È una cosa che mi è successa e che non ho mai raccontato a nessuno. Vuoi sentirla questa storia?”. Certo, se lei vuole raccontarla, lui vuole sentirla. Torino, diversi anni prima: ragazza, anzi ragazze, che cadono dalla tromba di una scala. Fatalità, suicidio? Occorre vederci chiaro e forse sta per capitare anche alla nostra futura sposa (ha un cane che sorride e ringhia). Ma un orgasmo può salvare la vita. Chi l’avrebbe mai detto.
Voto 7.
Matrioska di Paolo Roversi
Ritrovare Enrico Radeski è come ritrovare un amico. Al tempo della vespa e della lambretta, tra l’altro, ero decisamente dalla parte della prima. E vedere questo free-lance sfrecciare sopra la mitica mi ha fatto ritornare quasi ragazzo. Qui, sempre a Milano, è alle prese con un “barbone stecchito alla mensa dei poveri”. Dita e lingua bluastre. Tipico avvelenamento da arsenico. Che poi tanto barbone non sembra, essendo curato, troppo curato. In tandem con il vicequestore Sebastiani, integerrimo puttaniere. Di mezzo ragazza bionda da capogiro. Bucatini, tonnarelli, abbacchio, focaccia, caffè e Montenegro con ghiaccio prima di risolvere il mistero. Peccato che il barbone che non è barbone sia ormai un personaggio da trama logora e consunta. Ma Radeski resta sempre simpatico.
Voto 7.
Nient’altro che un nome di Gianluca Morozzi
Bologna. In prima persona. Lui, con la maschera di cuoio, vuole un nome, il suo. Se l’altro, legato mani e piedi ad una croce di legno, glielo dice, cioè lo riconosce, è salvo (giura). Ma l’altro proprio non se lo ricorda. Anche se Lui fa di tutto per farglielo ricordare, altrimenti ogni tanto gli strappa qualche parte del corpo. Allora ecco il racconto per aiutare la memoria. L’amicizia con Rocco, le feste, l’ubriaca Maddalena Garattoni, la mania di fregare le cose… Niente memoria e guai seri per il malcapitato. Vendetta, tremenda vendetta. E tutto scorre veloce e credibile che i’ Morozzi per queste cose c’è proprio pipato.
Voto 8.
Beniamino di Divier Nelli
Firenze. Come dire che i ragazzi sono più stronzi degli adulti. Ne sa qualcosa Beniamino, nato piccoletto, un “nano”, costretto a tirar fuori soldi per il bullo Francesco. Bravo a scuola e sfruttato dagli altri compagni. Una continua sofferenza, insomma. Fino a quando, fino a quando… arriva il cellulare a dargli una mano. Ora è lui che comanda, ma conviene davvero passare dalla parte degli stronzi? Raccontino pulito e psicologicamente ben costruito.
Voto 7
Mutt & Jeff di Massimo Lugli
Roma. Un cadavere in mare. Pugnalato. Tre coltellate alla schiena, un paio di plantari da diabetico. Praticamente, dopo varie ricerche, l’avvocato Franco De Giovanni, vicepresidente di una associazione che lotta contro l’usura e il racket (chiaro che avrà dei nemici). Sposato (poi separato) a Marina Regali affascinante una cifra agli occhi del nostro commissario Mastrantonio seguito a ruota dall’autista Camuzzi (serve per qualche battuta). Ipotesi, dubbi, cervello, ma per risolvere il problema ci vuole lo sbirro buono, Mutt, e quello cattivo, Jeff. Che poi a recitare le due parti trattasi sempre del nostro Mastrantonio. E ci vuole pure una parola di troppo sfuggita a qualcuno. Un classico.
Voto 8.
La sostanza dei sogni di Diana Lama
Napoli. Dianona Lamona (strano, mi riporta alla mente gli amati scacchi) ha tirato fuori un casino buffo. Sogno e realtà che serpeggiano e intrecciano insieme. Kalya, passerona nera abbarbicata sul pezzo di un cinquantenne sposato. Chiara, moglie del suddetto cinquantenne, luminare della medicina, remissiva e sottomessa. La golosona possessona e la pecorona struggentona. Guai a dire “Mia moglie non la mettere in mezzo” che l’assatanata di sesso, pure scrittrice, va fuori di testa. La moglie c’è già di mezzo, eccome. Due figure indimenticabili con l’uomo che tromba, russa e colpisce. Forse, perché la storia vera qual è?
Voto 9.
Abbriaria di Piergiorgio Di Cara
Mork, agente sotto copertura, ispettore di polizia dei Servizi Antidroga. Ucciso il padre poliziotto, morta la madre di dolore, tradito dalla fidanzata (la mi’ nonna!). Buddista, che per lui il karma è tutto. Missione a Palermo. Persone uccise da Qat, nuovo tipo di droga. Bande di neri e Cosa Nostra a confronto. Non c’è da stare allegri. Incasinamento generale con appuntamenti, scontri, pallottole che fischiano e colgono nel segno. Spunti sulla bellezza di Palermo e sulle emigrazioni che non si possono impedire. Azione e cervello che qualcosa non quadra e c’è qualcuno che fa il furbetto. Ma “Vuoi o non vuoi, è sempre questione di karma”.
Voto 8.
Buona-ottima antologia con pezzi che si amalgamano bene fra di loro.
Delitti in vacanza di AA. VV., Newton Compton 2015.
L’ape e il fiordaliso di Francesca Bertuzzi.
Da una parte gli animali, da una parte l’uomo che li violenta, li tormenta, li uccide. Da una parte l’aguzzino o il vendicatore, scegliete voi, dall’altra il tormentato, il peccatore (chiamiamolo così). Pensieri dei due che si alternano alle torture con il peccatore che cerca di ricordare i suoi misfatti e di capire chi è lì davanti a lui. In crescendo sulla falsariga di Nient’altro che un nome di Gianluca Morozzi in Delitti di ferragosto della stessa casa editrice.
Voto 7/8.
Il verdetto di Francesco Caringella
Giudice Annalisa Manzari, ultima udienza in un difficile e complesso processo per omicidio. Moglie uccisa, indagato il marito. Una telefonata per lei da un vecchio amico e un dubbio instillato sul “pezzo di merda” del marito stesso, unico, possibile assassino. Vedi un po’ come va a finire un processo indiziario. E c’è qualcuno che gongola.
Voto 6/7.
L’estate del commissario Sangallo di Piergiorgio Di Cara
Il nostro commissario Sangallo, single e omosessuale. Appuntamento con un confidente. La “roba” è venduta da Faustino, che non vede da tanto tempo. Di mezzo c’è pure l’assalto ad un portavalori per strada. Ce la farà la sua squadra a risolvere il problema? Certo che ce la farà. Tutto organizzato con i moderni mezzi a disposizione della polizia. Scontro finale come da copione con spunti di vita e di affetto.
Voto 8.
Un delitto inutile di Diana Lama
Dianona Lamona (ormai la chiamo così) qui si butta sul classico. Sala ristorante di Villa Pertusa sopra Positano. Leopoldo, critico enogastronomico, osserva chi gli gira intorno. Soprattutto la bella al tavolo, Clara Mandòrla, scrittrice di thriller e potente attrattiva. Una sera non scende a cena. L’hanno ritrovata in piscina con un colpo in testa e poi annegata. Indaga il maresciallo Borriello, massiccio e imponente, aiutato dal nostro Leopoldo, piuttosto altezzoso (lo dice lui stesso). Tutti sospettati compresi i camerieri, ciascuno dei quali dice qualcosa di utile. Colpone finalone a sorpresa con Dianona Lamona che, novella Agathona, se la ride sotto i baffi.
Voto 9/10.
Il bambino d’oro di Massimo Lugli
La vittima è una ragazza caucasica tra i 25 e i 35 anni: nuda, strangolata, sventrata, eviscerata, mano semicarbonizzata, l’altra amputata come il piede sinistro. Al centro di un cerchio sul terreno con una sorta di stelle a cinque punte. Feto non troppo lontano, sezionato e bruciato. Certo opera di qualche setta pazza. Bella gatta da pelare per il nostro Mastrantonio e la sua “banda”. Aiutato dalla collega Luisa in tutti i sensi (è divorziato), spunti sulla società, vedi la disgraziata situazione dell’ospedale San Camillo, i gay e i clochard. E il sesso che si infila dove meno te lo aspetti. Occhio alla cantina.
Voto 8.
Sorelle di Mario Mazzanti
Racconta l’uccisore del giudice Sertile. È uscito dalla galera e può sfruttare la casa della sorella per il mese d’agosto (lei è in Spagna). Milano. Incontro e sorriso di una donna, Patrizia, per tutti Patty. Amore furioso ma la mattina dopo scompare. Arriva la polizia. Due omicidi, fra cui quello di un suo ex socio in affari. Sono guai e lui un perfetto capro espiatorio, il classico utile idiota. Ma per chi?…
Voto 8.
Bambini nel grano di Gianluca Morozzi
Lo scrittore di “altalenanti successi” Giulio Maspero tradisce la fidanzata Francesca, a sua volta tradito dal cellulare. Via di casa. Aiutato da Mauro Britos, disegnatore incontrato al pub Old Bridge. Può vivere nel suo appartamento con l’unico obbligo di innaffiare le piante che non ci sono (strano…). Incontro con gli inquilini. Sembra che sappiano tutto di lui. L’immagine di un puzzle: due bambini davanti ad un campo di grano ripresi di spalle. C’è in giro qualcosa di irreale…Brividoso.
Voto 8/9.
Tu di Divier Nelli
Un padre che ce l’ha con i froci e i finocchi, che si ubriaca, urla e picchia la moglie. Il figlio che ha scoperto di essere proprio lui gay, ha due amici del cuore e un suo amante. Vita dura, impossibile, soprattutto quando viene lasciato dal compagno. Ora può rivelarsi a suo padre, gridargli in faccia con orgoglio il suo essere. E vediamo come finisce.
Voto 8.
Delitto all’ortomercato di Paolo Roversi
Milano. Il nostro vespista Enrico Radeschi con l’assistente Fuster. Ad un tratto un uomo che fugge “come una gazzella” ed uno che lo insegue scavalcando il muro di cinta dell’ortomercato. Morto al parco Alessandrini con la testa spaccata. Sta a vedere che è proprio uno di quelli che correvano. Esatto, stessa maglietta con Flash, l’eroe della Marvel. Radeschi al lavoro con il vicequestore Sebastiani in compagnia dell’immancabile toscanello. Di mezzo certamente la ‘ndrangheta, ma anche un posto da “clapman” in TV può scatenare l’ira di Dio.
Voto 8.
Una bella banda di scrittori.
Un giretto tra i miei libri
Il diavolo in blu di Walter Mosley, Einaudi 2011.
Los Angeles 1948. Easy Rawlins, negro texano, reduce di guerra volontario con Patton, viene licenziato dal lavoro. Per poter pagare le rate della casa accetta la proposta di De Witt Albright, tipo piuttosto losco segnalatogli da Joppy, ex pugile proprietario di un bar (liscia il bancone come un figlio), di ritrovare Daphne Monet, bella ragazza bianca con un debole per i negri, il jazz, i piedini di porco e la carne nera.
Dunque in giro per locali come quello clandestino di John, incontro con “amici” e con figure schifose come Mr Teran (pedofilo) o caratteristiche come Zeppo che trema tutto, è balbuziente e fa un sacco di smorfie.
Bevute (bourbon, wisky ecc…), chiacchiere, domande per sapere dove si trova la ragazza e lo scontro con la dura realtà del tempo: il problema dei negri sfruttati nel lavoro, disprezzati e aggrediti per futili motivi e angariati anche dalla polizia.
Arrivano i morti ammazzati, gli scontri, le botte, le pistole che cantano, l’incontro con Daphne, lo sbocciare di un sentimento amoroso e la scoperta di una sconvolgente esperienza della ragazza. E arriva anche l’aiuto del vecchio amico Mouse Alexander, praticamente un bulldozer che sa cavarsela nelle situazioni più complesse e difficili.
Stile secco, asciutto, senza tanti fronzoli, uno spaccato duro di una società razzista e marcia nelle sue istituzioni, il profilo di un negro che con la sua onestà e il suo orgoglio non si piega ad un destino crudele e non vuole perdere quel poco che ha conquistato.
Il Divoratore di Lorenza Ghinelli, Newton Compton 2011.
Una storia di ragazzi. Una triste, tragica storia di ragazzi con scansione temporale che si alterna tra il 2006 e il 1986. Cinque ragazzi: Dario con il fratello Pietro autistico, Francesco, Luca e Filippo. Capobanda Filippo, il più grande (tredici anni), rissa come vocazione e marinare la scuola come atto d’onore, padre ubriaco e violento, madre sull’orlo dell’isteria, suo impossibile sogno ingegnere informatico. Il primo a cadere tra le grinfie dell’“Uomo dei sogni” (appunto), il Divoratore che sa tutto dei padri e dei figli, “Io abito i recessi angusti dell’anima. Io conosco i vostri tumulti. Perché io sono l’uomo dei sogni”. Il primo a sparire completamente come risucchiato, sola traccia i vestiti rinvenuti sotto il ponte. Poi spariscono gli altri, Francesco il “bravo ragazzo” che scopre dentro di sé pensieri violenti insieme a Luca durante una notte di trasgressione, e in seguito Dario, geloso del fratello a cui sono riservate cure speciali.
Altri due personaggi importanti: Alice, educatrice di Pietro, che ci svela i suoi turbamenti attraverso un diario, e Denny, madre drogata, padre alcolizzato, maltrattato da tutti, deriso e incompreso a scuola, difeso solo dall’“Uomo dei sogni” disegnato dal padre.
Difficile delineare una trama precisa dei fatti, anche perché i fatti ci sono e non ci sono (la realtà esterna conta poco), scivolano via sinuosi tra i meandri dei pensieri e dell’inconscio. E comunque sono storie di adolescenti colti nelle loro problematiche esistenziali che lottano con gli altri e con loro stessi. Pietro disegna quello che vede e “sente” il sopraggiungere di terribili avvenimenti, Alice attraverso gli incubi e l’aiuto del compagno Stefano riporta a galla un passato angoscioso.
Capitoli brevi, intensa penetrazione psicologica, sogni, allucinazioni, speranze, delusioni, frustrazioni dell’età adolescenziale, la cattiveria dei piccoli e la cattiveria dei grandi, lo sfascio della famiglia, la violenza verbale e quella fisica, l’incapacità della scuola a comprendere il disagio dei ragazzi, qualche spunto ironico che occhieggia fra nubi nere.
Un bel libro che ci riporta alle nostre paure di bambini, che entra nel profondo degli animi.
Quando siamo di fronte ad un classico, ad uno dei padri del romanzo poliziesco, seppur francese (un po’ di spocchia ce l’hanno), tanto di cappello. Parlo di quell’Emile Gaboriau che nella seconda metà dell’800 ha dato vita ad un particolare tipo di poliziotto senza tanti grilli per la testa (leggi astrazioni varie) e con i piedi ben piantati per terra. Al poliziotto più posato e “scientifico” dell’eccentrico Dupin di Poe. A M. Lecoq, dunque, che in Il dossier 113 di Emile Gaboriau, Nuovi Ritmi Costa&Nolan 2009, fa capolino per la prima volta a pagina quarantacinque come “un uomo di una certa età, distinto all’apparenza, che portava una cravatta bianca e occhiali con la montatura d’oro”. Un uomo di cui nessuno può vantare di conoscere il suo vero aspetto, come dichiara in seguito una guardia. Insieme a M. Fanfelort, detto lo Scoiattolo (ha una voglia matta di mettersi in mostra), guida le fila di una indagine particolare relativa al furto di 350.000 franchi perpetrato nei confronti della banca del signor Fauvel. Niente scasso, una scalfittura alla cassaforte, solo due hanno la chiave, proprio Fauvel e il cassiere Prosper Bertomy che viene ritenuto colpevole e incarcerato.
Attorno a questa vicenda gira tutto l’ambaradan del feuilleton del tempo con gli interrogatori del giudice Patrigent, gli amori ricambiati e respinti, il figlio segreto, lo scontro tra padre e figlio, i travestimenti, i patti, i pianti, le grida, i ricatti, il morto non morto e il vivo che ritorna, il denaro, le bugie, lo scandalo e insomma tutti i sentimenti dell’animo umano e la storia che si sviluppa e avviluppa all’infinito come era nel dna, si direbbe oggi, negli scrittori di allora.
A fine lettura si arriva stremati, con gli occhi fissi nel vuoto e un bisogno incoercibile di qualche testo più snello. Ma la storia è la storia. E Il dossier 113 ci rimane, qualunque sia il giudizio del recensorucolo di turno.
Il fuoco di Katherine Neville, Mondadori 2009.
Per togliermi in parte dagli impicci “A dodici anni, Alexandra Solarin era già una grande promessa degli scacchi, conosciuta a livello internazionale. Ma è stata costretta a rinunciare alla sua grande passione dopo aver assistito alla morte del padre, ucciso da un cecchino sulla gradinata di un monastero presso Mosca dove lui l’aveva accompagnata a un torneo nell’autunno del 1993. Poco prima una misteriosa donna aveva consegnato alla ragazzina uno strano biglietto che le raccomandava “attenzione al fuoco”, strumento principale della scienza alchemica”.
Fin qui niente di male se non ci fosse di mezzo un’antichissima scacchiera che da sempre si ritiene racchiuda un grande potere. Sepolta per mille anni viene riportata alla luce ed i pezzi sparpagliati per il mondo per non farli cadere nelle mani sbagliate (di chi?). E allora fioccano mille domande. Qualcuno è riuscito a ritrovare tutti i pezzi? È ricominciata la Grande Partita? Chi è la Regina Bianca e la Regina Nera? Che cosa c’entrano Lord Byron e Percy Shelley? E Letizia Bonaparte? E se la Regina bianca fosse proprio Alexandra? E che cosa ci stanno a fare Thomas Jefferson e Benjamin Franklin in questa storia? E Alexandre Dumas e lo scienziato Fourier e addirittura Vitruvio e Palladio? Perché la madre di Alexandra l’ha invitata in un posto e non si fa trovare? E suo padre è morto davvero? E via ancora di questo passo con il cervello che incomincia a bollire.
Se a tutto ciò (e tralascio volutamente il resto) si aggiungono continui sbalzi temporali e geografici, storie su storie intrecciate fra di loro, racconti dentro i racconti come le scatole cinesi, movimenti di qua e di là, decifrazioni di codici misteriosi eccetera eccetera immaginatevi lo sforzo di comprensione.
In bocca al lupo!
Ecco il contributo di Omar Lastrucci (del blog Assassini e Gentiluomini)
Diciamocelo, la collana degli apocrifi di Sherlock Holmes è stata e continua a essere una bella iniziativa. Dopo una partenza un poco sotto le aspettative, sono arrivati gioiellini in serie; romanzi piacevoli, che talvolta sembrano scritti da Doyle stesso tanto l’atmosfera degli originali è ben mantenuta, e che in fondo, per gente come me e tanti altri che il canone lo sa a memoria, sono l’unico modo per passare ancora del tempo con il mitico investigatore e il suo fido Watson.
Se fino allo scorso Giugno erano usciti solo romanzi, questa estate è passata sotto il segno dei racconti brevi, con un’antologia curata dai super-esperti Greenberg, Lellenberg e Stashower e da noi divisa in due parti (Sherlock Holmes in America parte prima e Sherlock Holmes in America parte seconda) con un tema conduttore; Sherlock e Watson (ma anche Sherlock in solitaria, o con il fratello Mycroft) negli States dell’epoca, in mezzo a praterie sconfinate o nelle raffinate metropoli come New York, Boston, Chicago o San Francisco. I nostri eroi incontrano anche personaggi realmente esistiti (anche se talvolta resi quasi leggendari dai posteri) come Buffalo Bill, Wyatt Earp o Roosvelt.
I racconti sono dodici (manca purtroppo l’indice in entrambi i volumi, quanto mi infastidisce questa sciatteria editoriale…) di qualità altalenante ma comunque abbastanza elevata, e a mio parere le apocrifare in gonnella battono i loro colleghi maschi, visto che i racconti più piacevoli e convincenti sono di Lyndsay Faye (autrice dell’ottimo SH e il mostro dell’East End, numero 8 della collana), di Gillian Linscott e di Victoria Thompson, autrice della bella serie con protagonista la levatrice Sarah Brandt, che agisce nella New York misteriosa e vagamente spettrale di fine Ottocento.
E per settembre la collana propone il già edito da Delos Book Sherlock Holmes e i delitti di Mayfair di David Britland, ennesima variazione su Jack lo squartatore; io lo prendo, tanto per confrontarlo con il già citato romanzo della Faye e ovviamente col capostipite di tutti gli apocrifi Holmesiani-Squartatoriani, quello Studio in nero di Ellery Queen ormai diventato un classico.
E ora passiamo alla nostra indistruttibile Patrizia Debicke (la Debicche) che ci presenta…
History Crime di AA. VV., Centoautori 2015.
Un romanzo breve di Franco Forte e quattro racconti, firmati da Salvo Figura, Manuela Costantini, Marco Phillip Massai, Claudio Sergio Costa per altrettanti thriller storici, dove la Storia scritta con la S maiuscola s’intreccia con il crimine e l’investigazione…
Si comincia con un pezzo da novanta. Franco Forte apre possente con Amore e sangue, uno spaccato tratto dal suo celebre I bastioni del coraggio. Ducato di Milano, 1573: una storia d’amore e di vendetta che vede il soldato di ventura Fulvio Alciati combattere per la propria vita e per placare con il sangue l’odio che lo consuma…
Un intreccio di passioni e amori fino all’implacabile ma giusta resa dei conti tra Alciati e Ludovico de Valois.
Narrato con l’efficacia di un thriller ma con una puntuale ricostruzione storica, è la descrizione dura ma coraggiosa, con irrinunciabili spunti poetici, di un mondo e un’epoca governati senza sconti dal potere assoluto, dove la crudeltà era la regola, e la pietà merce rara.
Con Per la terra, il cielo e il costato di Salvo Figura si torna indietro nel tempo di appena trentacinque anni e si scende in Sicilia sotto l’incombere della peste.
La geniale intuizione di un giovane medico della Scuola bolognese e il confronto delle sue teorie con quello che dovrebbe essere un telo miracoloso, impregnato del sangue del Cristo, si scontrano con l’ottusa intransigenza dell’Inquisizione capitanata dal terribile don Ignazio de Loyola superiore dei gesuiti, in un’inumana caccia senza pietà…
Ben trecento anni dopo, nel 1857 a Ravenna, Marco Phillip Massai in La maschera di Pietrasanta ci regala una chicca alla Arsène Lupin: un omicidio da sbrogliare, un furto di gioielli da architettare e un attentato da sventare per Giaco da Pietrasanta, “Il Folletto”, pittore malandrino e rubacuori sempre a caccia di guai…
Ora saliamo nella nostra personale macchina del tempo e voliamo a Civitella del Tronto nel 1563, per Il ritorno del francese di Manuela Costantini.
Per scenario la splendida roccaforte, un brutale omicidio si collega alla romantica storia d’amore di sei anni prima tra il guascone Jerome e la bella Fiamma. Perché Fiamma è stata accusata di aver ucciso un mercante. Trovare il vero colpevole consentirà a Jerome, il protagonista, di riconquistare la sua donna e scoprire l’importante e tenero segreto che gli cambierà la vita…
Riprendiamo la macchina del tempo per fare, tenetevi bene stavolta, un balzo indietro di più di mille anni per Morgengab (o Dono del mattino che il marito longobardo faceva alla sua sposa) di Claudio Sergio Costa.
Il monaco longobardo Paolo Diacono è diretto ad Aquisgrana, alla corte del re Carlo Magno, accompagnato dal suo allievo Bruningo e scortato da un agguerrito plotone di arimanni, comandati dal mahrskalk Raginhart. Durante la sosta a Monza, ospiti del gastaldo di Monza, Raginhart viene accusato di due brutali omicidi. Scoprire il vero colpevole sarà l’unico modo per salvarsi la vita ma solo il sapere e l’astuzia di Bruningo potranno servirgli…
Bella raccolta che regala nuovo spazio al passato più o meno lontano, narrando l’assoluta normalità di sangue e storia, con la religione, o quanto si spacciava o si voleva spacciare per tale, chiamata a paravento, quando etica, diritti e doveri erano molto diversi. Ma cosi tanto diversi allora da quelli di oggi?
A voi leggere e giudicare.
Ciao a tutti e buona lettura!!!
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