Gino Vignali
La chiave di tutto
Solferino/Corriere della Sera, 2018
Primo romanzo da solista di Gino Vignali (senza Michele Mozzati), La chiave di tutto è un frizzante poliziesco ambientato in un improbabile commissariato di Rimini. Commissariato retto da un’indimenticabile squadra di investigatori, guidata dal vice questore Costanza Confalonieri Bonnet, aristocratica, ricchissima, di origine milanese, una vera fata, la poliziotta più bella mai toccata in sorte a una Questura, che vive nella suite 401, la Gradisca, presso il famoso Grand Hotel di Rimini, che spopola per eleganza e per il lato B superiore, pare, a quello di Pippa Middleton (ricordate il matrimonio di William e Kate…). Gli altri “fortunati” componenti della sua squadra sono il cinquantenne ispettore siciliano, un normanno alto biondo e intellettuale, Orlando Appicciafuoco; il vice sovrintendente locale, Emerson Leichen Palmer Balducci, che non ha inventato la polvere da sparo (irresistibile poi il suo inglese scritto e parlato); la geniale esperta informatica bergamasca, l’agente scelto Cecilia Cortellesi.
Ambientato in una Rimini dal sapore squisitamente felliniano, nello scenario del Grand Hotel di felliniana memoria, il libro si apre in modo inconsueto per la rilassante atmosfera della famosa stazione di vacanze della costa adriatica. ma sicuramente nel modo più classico per un giallo: con un feroce delitto.
La vittima è Vagano, così chiamato perché recita ossessivamente la filastrocca di inizio di Amarcord, un senzatetto conosciuto e apprezzato da tutti, ritrovato barbaramente ucciso e bruciato su una panchina proprio davanti al Grand Hotel. Appena il tempo di dare il via all’indagine per la nostra fascinosa vice questore, che salta fuori una seconda vittima, stavolta un etiope di buona famiglia ma con un trascorso di droga e di successiva di disintossicazione a San Patrignano, che ha ricevuto lo stesso trattamento del barbone e, come se non bastasse, c’è subito anche una terza vittima, Pandora, una pierre ed ex spogliarellista di buon cuore nonché fidanzata dell’etiope.
Questi tre orrendi efferati delitti sembrano adeguarsi a una sinistramente logica catena di intolleranza e razzismo. I media si scatenano, si tratterebbe di un killer che ha deciso di ripulire Rimini.
Ma il vice questore Costanza Confalonieri Bonnet non è affatto convinta. Secondo lei, la pista ideologica non è giusta.
Vagano è stato torturato prima di morire. L’anatomopatologa che ha effettuato l’autopsia l’ha riscontrato e anche trovato una chiave dentro il suo esofago. Perché mai Vagano l’avrebbe ingoiata? Evidentemente quella chiave, secondo Costanza Confalonieri Bonnet (e dati i magnanimi lombi della milanesissima famiglia del vice questore, Vignali non si azzarda mai a citarla altrimenti), deve essere la “chiave” di tutto. Ma cosa diavolo apre? E se non si tratta di intolleranza e razzismo, dove bisogna guardare?
Gatta ci cova, sono tempi pericolosi. Che la storia sia molto, ma molto più sporca?
Una trama azzeccata che si regge su uno stile spumeggiante. I personaggi sono spassosi, il dialoghi effervescenti, le ambientazione perfette. La storia si dipana con dettagli e personaggi centrati, spesso resi con tratti macchiettistici ma perfettamente credibili. L’autore si trastulla giocosamente con i nomi e fa bene.
Il divertimento è garantito dal principio alla fine ma la cultura con la C maiuscola fa l’occhiolino al lettore e, unita all’ingegno, trasuda gradevolmente da tutte le pagine. Un dialogo serrato e vivace, una investigazione lucida ed intelligente, un’ironia soffusa, sono le caratteristiche salienti di un romanzo che non delude le aspettative, anzi intriga e conquista il lettore.
Siamo d’inverno, la cattiva stagione non aiuta certo a tirarci su il morale, ciò nondimeno l’inverno di La chiave di tutto, sia pur con la sua implacabile e spessa coltre di neve riminese, ci sta bene, anzi benissimo. Perché dopo tanti brividi, non di freddo ma di angoscia, paura, ribrezzo, finalmente un romanzo che nonostante i suoi morti ammazzati, pur barbaramente, riesce a metterti di buon umore, facendoti sorridere quasi a ogni pagina. Grazie Vignali, mi ci voleva!
Gino Vignali è nato a Milano. Il suo nome è da anni legato a quello di Michele Mozzati, un sodalizio nato ai tempi dell’università e che li ha resi celebri come Gino & Michele. Sono tra i fondatori dell’agenda Smemoranda, hanno partecipato alla nascita del cabaret Zelig e ideato l’omonima trasmissione televisiva. In coppia con Michele ha pubblicato numerosi libri, di narrativa e non, tra cui Anche le formiche nel loro piccolos’incazzano (1991) e Neppure un rigo di cronaca (2000).