Il mare nero dell’indifferenza (Le varie di Valerio 91)

Liliana Segre
Il mare nero dell’indifferenza
A cura di Giuseppe Civati
People, 2019

Italia. Oggi. Liliana Segre nacque il 10 settembre 1930 all’ospedale di Milano in via San Vittore, nel 2020 compirà 90 anni. Attualmente, dal 19 gennaio 2018, è senatrice a vita, nominata dal Presidente Mattarella “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”. Quando non aveva nemmeno un anno morì la madre Lucia Foligno, lei rimase col padre Alberto e i nonni paterni. Il 5 settembre 1938 stava per compiere otto anni, attendeva in vacanza che riprendessero le lezioni all’istituto di via Ruffini, quando il governo Mussolini espulse dalle scuole gli insegnanti e gli alunni di “razza ebraica”, le leggi razziste e i conseguenti decreti le impedirono di tornare in aula a ottobre e di proseguire gli studi pubblici, unica della classe cacciata in quanto nata (ebrea). Continuò a studiare dalle suore a Milano e a Como. Scelsero di battezzarla. Dopo l’8 settembre fu comunque espulsa dall’Italia, clandestina in fuga, richiedente asilo, respinta dalla Svizzera, carcerata per un mese a San Vittore, infine deportata ad Auschwitz, operaia-schiava, dal campo di concentramento alla fabbrica di munizioni tutti i giorni per un anno. Sopravvisse, a stenti. Dei 775 bambini italiani di età inferiore ai quattordici anni che vi furono deportati, 751 sono morti dentro. Anche il padre. Pochi mesi dopo la liberazione a maggio 1945 tornò in Italia dove trovò la casa deserta, comunque lo zio e i nonni materni. Nel 1948 conobbe a Pesaro Alfredo Belli Paci (morto nel 2007), si sposarono e dal loro amore sono arrivati tre figli, poi tre nipoti. Nel 1990, divenuta nonna (anche di sé stessa, bambina che aveva avuto sconvolta la vita), ha deciso di dedicarsi a raccontare cosa furono Shoah e Olocausto a studenti e cittadini, da poco più di un anno lo fa da senatrice.

Giuseppe Pippo Civati (Monza, 1975) consegna alle stampe un libro imperdibile. Per ripercorrere i passaggi fondamentali della biografia di Liliana Segre compie un lavoro di sensibilità filologica. Non parla lei (usando uno scrittore di oggi), non parla lui (dovendo fare storia), Civati si è accordato con Segre per “narrarla” in terza persona, tessendo alcuni crudi fatti storici con le parole già usate da lei stessa in discorsi ufficiali, interviste, interventi, dichiarazioni, relazioni, più raramente in conversazioni fra loro due. Mi sono commosso più volte, causa età avanzata forse, perché non si indulge mai in sentimentalismi. Il titolo prende spunto dall’eterno meccanismo dell’indifferenza: quella più di tutto sentì intorno a sé la bimba quando fu travolta dalla barbarie umana, quella sente lei oggi come la principale avversaria da criticare e limitare, quella vediamo spesso intorno a chi fugge forzatamente dai luoghi (lontani) di nascita, talora solo per affogare altrove, in altri mari neri. Liliana Segre è una donna di pace e una donna libera, spiega che la sua “prima libertà è quella dall’odio”. Da tre anni una volta alla settimana nelle aule scolastiche e da un anno nelle aule parlamentari porta le voci di quelle migliaia di italiani appartenenti alla minoranza ebraica che nel 1938 subirono l’umiliazione di essere degradati dalla Patria che amavano, soprattutto di quelli meno fortunati che non sono tornati. Salvarli dall’oblio, coltivare la Memoria è il vaccino contro l’indifferenza all’orrore della Shoah, alla follia del razzismo, alla barbarie della discriminazione e della predicazione dell’odio. Ribadisce l’eccezionalità indiscutibile dell’Olocausto e, insieme, descrive gli aspetti che possono tornare, anche con altre modalità, in ogni forma di discriminazione, a esempio verso i neri e i migranti. Parla della rete assistenziale e della rete criminale (anche di scafisti) del 1943 e si emoziona per quanto (di simile) accade oggi. Dedica pensieri e parole al padre (morto 44enne), a quando per sei giorni vissero accanto sul vagone verso i lager (lei ha ancora tatuato sul braccio 75190, un numero, una cosa). Completano l’ottimo volume schede e appendici documentarie, un breve saggio di Silvia Antonelli, la bibliografia essenziale degli scritti di Liliana Segre.

(Recensione di Valerio Calzolaio)

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