Henning Mankell
Il cervello di Kennedy
Marsilio, 2019 (orig. 2005)
Traduzione di Barbara Fagnoni
Fra Stoccolma e il mondo. Autunno 2004. L’attraente archeologa 54enne Louise Cantor torna nella casa svedese dopo una lunga campagna di scavi in Peloponneso, è separata e ha avuto altri compagni (in Grecia Vassilis). Avvisa il figlio Henrik ma c’è la segreteria, arriva e sembra che si sia suicidato. Decide di indagare, capisce che non lo conosceva. Alcune tracce portano in Australia, Catalogna, Mozambico; aveva una fidanzata a lei ignota; era ossessionato dalla sparizione del cervello di Kennedy (da cui il titolo), seguiva a suo modo la tragedia di corruzione intorno al dramma dell’Aids.
Il grande scrittore svedese Henning Mankell (1948-2015) narra magnificamente in terza persona le ricerche di una madre, uno sguardo competente e acuminato sui crimini sociali, sugli angoli bui degli esseri umani e sull’Africa (dove a lungo, ogni anno, visse). Alla fine spiega che il romanzo (forse) termina, ma la (brutta) realtà continua, occorre proseguire, arrabbiarsi, indignarsi. Greta docet!
(Recensione di Valerio Calzolaio)