Gianni Farinetti
La bella sconosciuta
Marsilio, 2019
Una commedia giallo/nera e un inestricabile rompicapo, anzi due per il maresciallo dei carabinieri Giuseppe (Beppe) Buonanno, comandante della stazione CC di Monesiglio, coadiuvato dall’appuntato Scalise e dal carabiniere scelto, e impeccabile traduttore, De Ruvo. Il dialetto locale può essere ostico per Buonanno, unico romano tra tanti piemontesi, ma lui è ben contento di restare in quel piccolo centro perché innamorato e coabitante con la fascinosa Giulia, giovane cavallerizza di buona famiglia divorzianda.
Ambientazione non insolita per Farinetti, che ci riporta nella Alta Langa, basso Piemonte, nella valle, a Cortemilia e Belbo al confine con la Liguria per una nuova commedia nera a tinte piacevolmente british. E, nelle campagne semi arrostite da un agosto infuocato, Farinetti ci fa incontrare un colorito mix di personaggi di diversa età, estrazione sociale, abitudini, modelli di vita, a cui dedica ben due pagine introduttive di presentazione.
Metti una torrida e languida notte di San Lorenzo, in un magico rutilare di stelle cadenti, con una festosa brigata di amici a tavola sul prato di un rinomato agriturismo, dai Chiovero, dove vengono serviti cibo e vini buonissimi. Ne dubitavate? Penso di no, siamo in campagna e nell’Alta Langa piemontese. Pensate poi al tutto condito da una scanzonata atmosfera imbevuta di sano erotismo. Bello, no? Peccato che questo clima da novella e bucolica arcadia venga bruscamente rovinato dal disgraziato irrompere sulla scena, vomitando insulti e contumelie, di Bruno Chiovero, fratello del padrone di casa, un violento ubriacone, mascalzone e sporcaccione di tre cotte. Beh, fine della serata, funestata la mattina successiva dalla scoperta del cadavere di Bruno Chiovero, precipitato in una vecchia cisterna. Una disgrazia? O un omicidio? Sicuramente un rovello per il maresciallo Buonanno. L’uomo, infatti, aggressivo, indebitato fino alle orecchie, pieno di livore, e inviso a tanti, potrebbe essere stato vittima di una vendetta. Come se non bastasse, salta fuori anche la sparizione di un preziosissimo gioiello. Insomma il maresciallo deve impegnarsi per sbrogliare un’intricata matassa che si sta rivelando uno sfuggente gioco di specchi, di bugie e di omissioni. Un’indagine arricchita da più di un mistero: la strana serie di bizzarri furti di stufe, affettatrici, caminetti e gioielli e una morte sospetta, forse un omicidio. Il tutto raccontato con una perfetta miscela di spassosa ironia.
Il vero fascino di La bella sconosciuta infatti, oltre che nella spiritosa trama gialla, sta nella ricostruzione di un ambiente e di una serie di personaggi assolutamente speciali. I due simpaticissimi gay, Sebastiano e Roberto; le ricche aristocratiche eredi di cadenti magioni, la baronessa Bimba e Rosanna, così reali nella loro parole e movenze. Senza parlare del compagno di Bimba, il quasi centenario Oliviero de Sanfront, fedele, spassosa macchietta che rivive i suoi gloriosi ricordi di incontri con principi e reali. Ma perfetti anche i dialoghi con i tre romeni, Tatiana, Florin e Mircea, prodigiosi tuttofare e colonne portanti dei loro datori di lavoro, bravi in ogni faccenda, dalla cucina, alle opere di costruzioni, all’idraulica e alla falegnameria, che parlano italiano sbagliando tutte le doppie. E infine c’è la bella sconosciuta del titolo, che saprà far innamorare di sé il ricco e viziato Momo, giovanotto erede di enormi fortune, prossimo sposo di una sua pari, con madre super perfettina, Fabrizia. Un romanzo notevole che va molto oltre il sapido sapore estivo, con la calura che abbiocca e la natura agostana ammantata di tinte dorate.
Gianni Farinetti ci regala una nuova commedia dai risvolti neri, gustosa come la buona cucina della zona, ben scritta, con una trama lineare e intelligente, in cui ritroviamo i ben collaudati personaggi mischiati a nuove figure ma immersi come sempre nel panorama delle Langhe, dove convivono antiche certezze e nuove mode. Commedia che deve gran parte della piacevolezza alla colta e accurata descrizione dello scenario piemontese e alla vitalità dei suoi personaggi, rappresentazione veritiera e autentica di un pezzo di Italia ancora raro esempio di umanità. Da non tralasciare il parsimonioso uso che Farinetti fa del dialetto, capace di ricostruire atmosfere eccezionali che ci rimandano a certi grandi narratori piemontesi del secolo scorso. Dalle parti di Belbo, vedi Cesare Pavese.
Gianni Farinetti vive fra Torino e le Langhe. Copywriter, sceneggiatore e regista (ha realizzato alcuni documentari e cortometraggi), Farinetti ha esordito in narrativa nel 1996 con il romanzo Un delitto fatto in casa (Marsilio), con cui ha vinto il Premio Grinzane Cavour, Il Premiere Roman di Chambery e il Premio Città di Penne. Nel 1998 ha vinto il Premio Selezione Bancarella con L’isola che brucia (Marsilio, 1997). Tra gli altri romanzi pubblicati: Lampi nella nebbia (Marsilio, 2000), Regina di cuori (Marsilio, 2011), La verità del serpente (Marsilio, 2011), Prima di morire (Marsilio, 2014), Rebus di mezza estate (Marsilio, 2014) e Il ballo degli amanti perduti (Marsilio, 2016) con il quale ha vinto il Premio NebbiaGialla per la Letteratura Noir e Poliziesca. I suoi romanzi sono tradotti nei maggiori Paesi europei.