Michael Connelly
La fiamma nel buio
Piemme, 2020
Traduzione di Alfredo Colitto
Il nuovo thriller di Michael Connelly riporta in scena – ed è la terza volta – la nuova coppia di detective Bosch/Ballard. Lui si porta da una vita il nome di Hieronymus Bosch – la madre era una ammiratrice del grande pittore olandese –, lei è Renée Ballard, detective di grandi capacità relegata al turno di notte, detto l’Ultimo Spettacolo, punizione per aver osato presentare un reclamo per molestie sessuali contro il suo ex capo, il tenente Olivas.
Anche stavolta Connelly è riuscito a sorprendermi perché, quando pareva che finalmente si fosse arrivati a una messa a punto dei ruoli tra coprotagonisti, sia pur con nuove opportunità di collaborazione, invece zac, tutto potrebbe dover cambiare. Ma tant’è. Si sa che i legami di sangue contano e legano, volenti o nolenti, ogni persona alla propria famiglia, ciò nondimeno capita a tutti di incontrare un qualcuno per noi importante, qualcuno a cui voler assomigliare e da cui poter imparare tutto e il meglio. Potrebbe essere questo il tipo di legame che si sta creando fra Ballard e Bosch: reciproco rispetto fra insegnante e allieva? Non ancora, perché finora sono rimasti nella fase della reciproca conoscenza, attenti a controllarsi e non invadere gli spazi altrui. Il loro rapporto/scambio è alla pari, perché entrambi hanno ancora molto da insegnare e da imparare.
Ma torniamo al romanzo: un ragazzo, con precedenti penali per droga, è stato trovato in un vicolo nella zona della città in mano a criminali e spacciatori, ucciso da un colpo di pistola sparato a bruciapelo. Un caso come un altro? No, un cold case che risale a vent’anni prima, ma nessuno è mai riuscito trovare l’assassino e, quando arriva tra le mani del nostro detective Harry Bosch, è il giorno del funerale dell’ex poliziotto John Jack Thompson, una leggenda del Los Angeles Police Department. Tanti al dipartimento hanno imparato il mestiere da Thompson, e tra questi proprio Bosch, che lo rimpiange sia come amico che come maestro, anche perché John Jack Thompson aveva lo straordinario talento di saper intuire quando qualcuno mentiva. Un caso irrisolto, dunque, che gli arriva come “insolita” eredità tramite la vedova di Thompson, contenuto in un fascicolo che il collega aveva trafugato dagli archivi del LAPD prima di morire. Spetta a Bosch il compito di accollarsi il caso, gli pare quasi un dovere morale, anche se quegli appunti, che non avrebbero dovuto trovarsi in casa del suo vecchio mentore, scottano. Tuttavia la faccenda lo stuzzica abbastanza da fargli coinvolgere Ballard e metterla davanti a una serie di potenziali piste da seguire, testimoni da interrogare, documenti da analizzare e tanti, troppi rischi da correre, in un crescendo di suspense che ci accompagna fino all’ultima pagina tenendoci con il fiato sospeso.
Perché niente è come sembra, per cui quell’indagine si trasformerà nel pericoloso innesco di una bomba a scoppio ritardato che porterà lui, e per riflesso la collega e allieva Renée Ballard, a rischiare davvero di brutto.
Una storia alla quale Connelly ha scelto di dare un diversa impostazione, con Ballard in prima linea e Bosch relegato a un ruolo meno attivo del solito. In questo romanzo si percepisce un punta di affanno e per forza: Bosch comincia ad accusare anni e acciacchi e lo dà a vedere. Il ginocchio operato gli fa male, deve usare il bastone: niente di grave, ciò nondimeno Connelly adotta, nell’impatto descrittivo del suo personaggio, toni più malinconici rispetto all’abituale scanzonatezza.
Ma tranquilli, secondo me la coppia Ballard-Bosch è ormai ben affiatata e promette di restare in pista ancora un po’. È proprio la capacità di Connelly di creare e far muovere personaggi così affascinanti e diversi tra loro a stuzzicare i suoi lettori. Vedi ad esempio il fratellastro di Bosch, l’avvocato Haller, che con la sua presenza porta in scena quel pizzico di “legal” che in un thriller non guasta mai. Micheal Connelly ha imbroccato da tempo la giusta via: si avvale di due o tre linee narrative che ti tengono incollato alle pagine, spingendoti ad andare avanti, e ci riesce alla grande. Una preziosa formula magica che gli fa scrivere uno dopo l’altro romanzi indovinati. Una brillante alchimia per avere successo che forse gli preclude la possibilità di scrivere un vero, grande capolavoro. Ma per me è ok, fa sempre molto piacere leggerlo e quindi va bene lo stesso.
Michael Connelly è uno scrittore statunitense di thriller. Laureatosi in ingegneria, nel 1980 comincia a lavorare presso la redazione di alcuni giornali. Nel 1986 produce un reportage insieme ad altri due giornalisti intervistando i sopravvissuti di un disastro aereo. Il loro lavoro viene candidato per il Premio Pulitzer. In seguito a questa esperienza Connelly trova impiego come giornalista criminologo al «Los Angeles Times». Vincitore del Premio Bancarella nel 2000 con Il ragno, la maggior parte dei suoi libri riguarda le indagini di un detective del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, Hieronymus “Harry” Bosch: il suo nome è lo stesso del famoso pittore olandese, da cui la madre del detective era affascinata. Connelly è particolarmente attento a far emergere l’evoluzione psicologica del suo protagonista, al di là degli stereotipi narrativi del genere “hard boiled”. Molti dei libri di Connelly sono ambientati a Los Angeles. Dal suo Debito di sangue è stato tratto l’omonimo film diretto da Clint Eastwood. Con molta ironia lo scrittore, in un romanzo successivo (Il buio oltre la notte) ha fatto commentare causticamente il film ai suoi stessi personaggi, in un piacevole intreccio tra realtà e finzione. Del 2011 è L’uomo di paglia, mentre la saga relativa a Harry Bosch è giunta al diciannovesimo capitolo con Il lato oscuro dell’addio del 2018. I suoi libri sono stati tradotti in 31 lingue diverse; in Italia sono stati pubblicati inizialmente da Hobby & Work e ora sono editi da Piemme. L’autore è stato insignito nel 2010 del prestigioso Raymond Chandler Award, il premio letterario istituito da Irene Bignardi nel 1996 in collaborazione con il Raymond Chandler Estate dedicato alla scrittura noir. Tra i suoi libri più recenti: Il dio della colpa (2015), La strategia di Bosch (2016), Il passaggio (2017), Il lato oscuro dell’addio (2018), L’ultimo giro della notte (2018), Doppia verità (Piemme 2019), La notte più lunga (Piemme 2019) e La fiamma nel buio (Piemme, 2020).