Dominique Manotti
Il bicchiere della staffa
Sellerio, 2020 (orig. À nos chevaux, 1997; prima ed. italiana Tropea 2003)
Traduzione di Francesco Bruno (quella della prima ed.)
Noir
Parigi. Estate-autunno 1989. Il commissario della narcotici Théo Daiquin, spalle larghe e buoni muscoli per un metro e ottantacinque, volto squadrato, occhi castani, propensione per i maschietti (non esclusiva), ha superato i quaranta e vive nel XIV°, un’ora di cammino tutte le mattine fino al mitico Quai des Orfèvres. Il suo amante tedesco Rudi è attratto dai fatti di Berlino. Ora un’informatrice colombiana dell’ispettore Romero è stata trovata sgozzata nella toilette dell’ippodromo di Longchamp, contemporaneamente ad altri delitti e attentati nel mondo dell’ippica, sempre connessi a grandi traffici di droga. Vivida indagine di squadra.
Buon secondo atto della stupenda serie per Dominique Manotti (Parigi, 1942), storica ed ex sindacalista, ancora in terza persona varia al presente, come flash di una sceneggiatura ben documentata sul capitalismo reale. Letteratura (nera) e musica (jazz) di qualità. Bellissimo pure Il bicchiere della staffa, ora opportunamente riedito da Sellerio.
(Recensione di Valerio Calzolaio)