La Debicke e… Sentenza artificiale

Barbara Baraldi
Sentenza artificiale
ChiareLettere, 2020

Barbara Baraldi affronta per la prima volta una trama dal sapore fantascientifico che mi rimanda subito al celebre “Io robot” del grande Isaac Asimov. E allora concedete a me, per anni maniacale cultrice di fantascienza, di avanzare poche righe. Per quanto attiene al potere e all’utilità delle macchine nel nostro mondo, oggi siamo inchiodati a due opposte profezie: una tecnoutopista, l’altra scettica e catastrofista. La prima, ottimistica e illuminista, guarda al macchinismo come una liberazione (dalle costrizioni materiali, dalla pericolosità del lavoro) e si basa sul sapere sociale e la conoscenza (tecnologica) applicati. La seconda, la catastrofista, è invece molto condizionata dal timore che le più straordinarie tecnologie, magari legate al nucleare, possano sfuggire al controllo dell’umanità e segnarne la fine. E fu proprio Isaac Asimov, scienziato e futurologo, con il bestseller della letteratura fantascientifica Io robot, a metterci davanti agli occhi il peggior dilemma del macchinismo: l’uomo replicherà, secondo Asimov per il 2035, il proprio cervello in un androide. Ma a quel punto il “cervello positronico” (l’antimateria di cui Asimov immagina fatta la mente dei robot) sarebbe in grado di ingaggiare una sfida finale col cervello umano. Nella fantascienza di Asimov, l’uomo può difendersi dal sopravvento dei robot programmandone il software con algoritmi embedded di autocensura e autocontrollo (che nel suo romanzo la Baraldi inserisce e maneggia con perizia).
Ma in uno dei racconti di Asimov, il robot androide Viki (Virtual Interactive Kinetic Intelligence) sfugge al controllo umano… Fa pensare. Insomma, potremmo rischiare davvero il sopravvento delle macchine intelligenti sull’uomo?
La trama di Sentenza artificiale ci regala una splendida, inarrestabile avventura dai ritmi rapidissimi, tutta in salita, per presentarci un futuro prossimo plausibile in cui la maggioranza del governo italiano, sulla spinta di una formidabile pressione economica e mediatica, sta per votare una riforma, la più grande innovazione nella giurisprudenza dall’epoca della riscoperta del Codice giustinianeo. Un riforma per affidare la giustizia italiana a LexIA, l’algoritmo di “sentenza artificiale” in grado di rivoluzionare il processo penale. LexIA è in grado di valutare ogni aspetto del caso, dalle circostanze alle prove, dalle testimonianze alle attenuanti, ignorando le ingerenze politiche nella magistratura e la pressione dell’opinione pubblica, E, se non bastasse, può anche eliminare gli errori giudiziari e, di conseguenza, i risarcimenti milionari che andrebbero a gravare sulla spesa pubblica. Insomma LexIA è un algoritmo in grado di emettere la sentenza senza alcun intervento dell’intelligenza, della capacità decisionale e dell’etica umana. Promotore e sponsor della rivoluzionaria metodologia è Aristotile Damanakis, imprenditore e filantropo, fondatore e amministratore delegato della LegTech, società creatrice del programma, ex avvocato penalista, poi affermatosi nel campo dei servizi informatici per gli uffici legali e i tribunali, settore privatizzato di recente. Ma durante la conferenza stampa in una grande aula del Tribunale di Roma, una pacifica manifestazione dell’opposizione, i Responsabilisti, degenera in attacco rivoluzionario e provoca disordini disastrosi. Alcuni sicari vestiti di nero e mascherati raggiungono la sala delle conferenze. Damanakis viene assassinato e Colbran, ex giudice di Corte d’Assise, fondatore e portavoce del movimento dei Responsabilisti, ritrovato vicino al cadavere con un pistola fumante in mano, viene accusato del delitto.
Sono passati due anni, ogni resistenza alla messa a punto del progetto di LexIA è stata superata, il programma verrà introdotto a giorni. Il primo caso ufficiale su cui dovrà pronunciarsi sarà la colpevolezza di Saverio Colbran, accusato dell’omicidio di Aristotile Damanakis, ma la giovane e brillante informatica e analista ministeriale Cassia Niro, che da alcuni mesi sta lavorando al progetto, ritiene di aver scoperto un’anomalia nel sistema. Anomalia che, a suo vedere, potrebbe mettere a rischio il corretto funzionamento dello stesso. Cassia è sicura che qualcosa o qualcuno abbia sia pur brevemente interferito con la sandbox di protezione di LexIA. Ligia al dovere e all’azienda informa il suo capo e fa rapporto scritto su quando ha individuato. Dritta e decisa fino al midollo, immagina un’interferenza o un errore umano. Non può certo prevedere che, dal momento in cui ha reso noti i suoi dubbi, la sua vita sarà in pericolo. Qualcuno vuole interferire sulla riforma della magistratura ed è pronto a uccidere pur di manipolare le sentenze. Da quel momento Cassia si trasforma in bersaglio per qualcuno disposto a tutto pur di coprire le proprie tracce. Perché come lei è riuscita a vedere l’anomalia, così chi controllava quell’anomalia ora sa di lei.
Cassia, imbattibile hacker, sarà costretta a confrontarsi con un avversario di cui non riesce a indovinare fino in fondo le mosse. Ma il coraggio, la volontà, l’intelligenza, la convinzione, il senso di amicizia, di appartenenza e l’emozione umana a lungo andare possono trasformarsi nella carta vincente che ti può regalare la partita. E sarà infatti Cassia, in una spasmodica corsa per fermare il tempo, a sorprenderci con una serie di colpi di scena.
L’autrice fa pensare alla sua Cassia: “Nessuna macchina potrà mai competere con la flessibilità della nostra mente”.
E noi oggi in questo mondo, dove mille diversi input condizionano e governano le nostre giornate, anche senza la spada di Damocle di LexIA a incombere sulle nostre teste, speriamo che abbia davvero ragione, anche se un perverso angolino della nostra mente continua a chiedersi: chi comanda e decide veramente?
Applauso a Barbara Baraldi nell’aver scelto di portare avanti una trama potente, straordinariamente scenografica, in bilico sul doppio binario scientifico ed etico. Immaginate per un attimo che una macchina possa arrivare a sostituire un intero apparato di giustizia, che possa farsi garante di una giustizia priva di componenti pregiudiziali o soggettive, asettica e super partes: la vorremmo? Questo è il vero dilemma etico che ci affida Sentenza artificiale.
I grandi progressi della scienza e della tecnologia pongono sempre il quesito sui limiti entro i quali ne è consentita la messa in pratica. In Sentenza artificiale LexIA prende decisioni sulla base della riproduzione astratta di una realtà che non capisce. LexIA infatti è un’intelligenza priva di empatia, non in grado di distinguere tra il “bene” e il “male” come li intendiamo noi, e non può prescindere dalle idee e convinzioni dei suoi progettisti….

Barbara Baraldi è autrice di thriller e sceneggiature di fumetti. Pubblica per Giunti editore la serie “Aurora Scalviati, profiler del buio” di cui fanno parte i romanzi Aurora nel buio (2017), Osservatore oscuro (2018) e L’ultima notte di Aurora (2019). Nel corso della sua carriera ha pubblicato romanzi per Mondadori, Castelvecchi, Einaudi e un ciclo di guide ai misteri della città di Bologna per Newton & Compton. Tra il 2014 e il 2015 ha collaborato con la Walt Disney Company come consulente creativa. Dal 2012 scrive per la serie “Dylan Dog” di Sergio Bonelli Editore. È vincitrice di vari premi letterari, tra cui il Gran Giallo città di Cattolica e il Nebbia Gialla. È trai protagonisti di Italiannoir, documentario sul thriller italiano prodotto dalla Bbc. I suoi libri sono accolti con favore dalla critica e dal pubblico e sono pubblicati in vari paesi, tra cui Germania, Inghilterra e Stati Uniti. Dal 2010 tiene lezioni e corsi di scrittura creativa per adulti e ragazzi in collaborazione con le scuole secondarie di primo e secondo grado.

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