Nicola Arcangeli
La casa dei bambini perduti
Clown bianco, 2020
La casa dei bambini perduti, terzo romanzo di Nicola Arcangeli per Clown Edizioni, è ambientato in Emilia-Romagna, a Rimini; dimenticate le atmosfere nostalgiche degli anni Sessanta del precedente Rimini Graffiti, mette al centro un’infuocata campagna elettorale senza esclusione di colpi.
In questo clima rovente incontriamo già dalle prime pagine Mauro Giani, giornalista a capo di una televisione d’assalto, la 7FuturaTV, intento a perfezionare un dossier che scotta sul candidato considerato vincente, Massimo Biraghi, ex questore con il pelo sullo stomaco e fama di picchiatore. Biraghi è a capo di una lista civica che ha fatto il pieno di consensi nella destra reazionaria e populista, andando a pescare anche nell’orticello di quella parte della sinistra del “fare” e, pur senza essere il candidato di bandiera del maggior partito, ha buone chance di aggiudicarsi le elezioni a presidente dell’Emilia Romagna. Ma Biraghi nasconde altarini e ci sono seri indizi che lo vogliono coinvolto in giri sporchi.
Giani, nell’intento di vederci chiaro, ha scavato a fondo sebbene il clan di Biraghi gli abbia indirizzato allusioni e perfino minacce. Marco Giani va avanti per la sua strada fino alla scomparsa di suo figlio Mirko, nove anni. La mamma lo ha accompagnato a scuola, come tutte le mattine, ma quando il padre va a prenderlo scoprirà che in classe non è mai arrivato. Per Giani non c’è dubbio: Mirko è stato rapito su ordine di Biraghi. Terrorizzato dalle possibili conseguenze sul figlioletto, sceglie di non parlare alla polizia. E tuttavia, nei giorni seguenti, Mirko non torna e anzi scompaiono altri tre bambini. Rapiti anche loro? Il caso verrà affidato a una task force un po’ raccogliticcia della polizia, guidata da Simon Groff, uomo di solidi ideali ma in crisi dopo la morte della moglie per cancro e da mesi schiavo dell’alcol. Simon Groff, da tempo relegato al lavoro da scrivania, stranamente reagisce bene all’incarico e comincia a darsi da fare, rischiando di scoperchiare un maledetto vaso di Pandora. Ma nella alte sfere si rema contro e si cerca di metterlo a tacere. Bisogna andare avanti scansando minacce e ricatti, far fronte al sospetto che qualcuno, dall’interno della task force, miri a scardinarla, ignorare le false piste.
Arcangeli si diverte a riesumare vecchi personaggi dati per morti, a cominciare da Ferrari che non solo è testimone oculare del rapimento di un altro bambino, ma addirittura dichiara a Groff di aver sognato gli altri rapimenti prima che accadessero. Insomma avrebbe delle visioni precognitrici. Arcangeli si serve anche di Tore Renzetti, il trasformista, che, tra semplici cammeo, menzioni o veri e propri ruoli da protagonista, è l’unico personaggio che torna sempre nelle sue storie. Anche a Renzetti dà la facoltà di prevedere in anticipo quanto di terribile deve ancora accadere. Nell’inchiesta si fanno largo le percezioni sensoriali di Ferrari e di Tore Renzetti e il romanzo di Arcangeli diventa un thriller sovrannaturale.
Riusciranno tutti insieme, la raccogliticcia squadra di polizia e i loro indispensabili “veggenti”, a fermare la follia in atto ed evitare che l’atroce piano criminale governato dalla sete di potere possa andare a buon fine.
Anche in La casa dei bambini perduti, come mi si dice avesse fatto nei precedenti libri, Arcangeli ha mischiato l’indagine all’aspetto umano dei suoi personaggi. Ci sono i buoni con la maiuscola, come Simon Groff che, messo all’angolo dal dolore per la morte della moglie Aurora, vuole combattere la dipendenza dall’alcol e riscattarsi anche per sua figlia, e i suoi amici e alleati con i loro affanni giornalieri, e poi i cattivi, i cattivissimi, veri diavoli, dotati al 100 per cento della crudele e incontrollabile protervia del male. C’è anche l’amore, quella cosa che dovrebbe riuscire a sconfiggere la morte. E, non ultimo, l’aspetto politico-sociale che avvicina la trama all’attualità, con le campagne elettorali perennemente avvelenate, gli slogan berciati ogni giorno, scontri a colpi di social network.