La Debicke e… Un cadavere in redazione

Daniele Manca e Gabriella Colla
Un cadavere in redazione
Solferino, 2020

Milano, 1963. Carlo Passi è rimasto orfano delle sue due “rosse”: la mitica Alfa Giulietta Spider e la bella fidanzata Enrica. La prima gliel’hanno bruciata sotto casa, costringendolo a girare per la città a bordo di una Vespa beige. La seconda, Enrica Sala, giornalista della Rai, l’ha mollato o forse no, ma di certo l’ha rigirato ben bene, anticipandolo: con quel servizio in Sardegna sul misterioso omicidio di due camionisti, sono inciampati entrambi in qualcosa di più grosso e inquietante. Mezze voci, pesanti insinuazioni sui traffici loschi di un petroliere, un arrampicatore sociale. Ancora tutto da dimostrare, ma certo uno scoop da non perdere e invece lui… Fregato!
Per cui meglio chiudere la loro strana coabitazione che faceva spettegolare i colleghi a suon di: L’Enrica lei? E poi con un cronistucolo di mezza, tacca ma che ci troverà
Già, perché Carlo è un giuggiolone alto un metro e novanta, fa il cronista e lavora in un quotidiano, Il Giorno. Siamo ancora in pieno boom economico e il 1963 è un anno speciale: in Vaticano Giovanni XXIII e in America John Fitzgerald Kennedy fanno la storia, in Inghilterra i Beatles spopolano con il loro primo album Please, Please Me, mentre in Italia le elezioni hanno visto un pericoloso spostamento di voti dal centro a sinistra. Moro e Fanfani berciano di politica e fare il governo pare tutto meno che una passeggiata.
A Carlo non resta che rimettersi al lavoro e dare finalmente un’occhiata a quella strana cartellina che il magistrato Everardo Piccioni, vecchio amico di suo padre, gli ha consegnato ormai da una settimana. Una cartellina color carta da zucchero, piena fogli, nomi e notizie interessanti, se confermate semiletali ma, e lo capisce al volo, a occhio e croce pronte a portare solo guai. Proprio dentro quella cartellina è piazzato il detonatore della storia di Un cadavere in redazione. A salvarlo dalla buriana che l’attende al varco non basteranno neppure i lumi del suo affezionato santo protettore dai tempi della scuola.
Uno spassoso, funambolico e creativo giallo vintage in cui il ricordo del passato funge da causa incidentale per una trama che, pagina dopo pagina, dà origine a una storia dai contorni fantapolitici che in pochi giorni si ramifica diabolicamente tra rapimenti, agguati, commedie sentimentali, contaminazioni malavitose e un pirotecnico susseguirsi di colpi di scena. Sfumate minacciosamente sullo sfondo la morte (l’eliminazione?) di Enrico Mattei e le fragili architetture a stampella di una democrazia.
Tra storie a tinte rosa, azioni di servitori e traditori dello stato, di faccendieri e spavaldi sognatori, il nostro duo di autori ci offre un noir avvincente che è anche un’incursione nel mondo del giornalismo e delle redazioni da sempre in trepida attesa della notizia da prima pagina. Colonna portante di Un cadavere in redazione infatti sono i giornali e il giornalismo, le redazioni di allora, piene di fumo e del ticchettare delle macchine da scrivere. Insomma un altro mondo.
Sullo sfondo Milano, una città che sta rinascendo nel cuore di un Paese che si avvia a perdere ogni innocenza. Una città che, pur avendo già goduto del miracolo economico, non era certo quella di oggi. Una Milano fatta di case di ringhiera con il bagno in terrazza, file di tram sferraglianti e piena di osterie in cui si mangiava la trippa, si beveva barbera ma anche Cynar, e si pensava al futuro. Una città, e un’Italia, che non esistono più, ma che dovremmo sforzarci di ricordare, in cui si parlava spesso e ancora in dialetto mentre i grandi cartelloni pubblicitari gridavano in un’altra lingua.
Un cadavere in redazione è cronologicamente ambientato in un Paese quasi tutto al maschile, ma visto con sguardo acuto attraverso i tanti personaggi femminili. Tante donne infatti popolano questo giallo, un carosello in cui la rossa Enrica, ricca di capelli e di ambizioni, si confronta con Germana, una vera killer, diretta e crudele. La giostra gira e compare Nina, rigogliosa barista cinquantenne che consola l’impulsivo Carlo Passi servendogli al banco il Punt e Mes e infine Sara, che riuscirà a essere confidente, amante e amica. Una stagione, quella intorno agli anni ’60, che cominciava lasciare maggior spazio alle donne, prima dell’esplodere dei movimenti femministi e delle leggi che concedevano maggiore libertà quali quelle sull’aborto e sul divorzio.
Un vasto e variegato quadro parlante di un recente passato, ebbro di dirompente modernità, che riusciva a convivere con le tensioni sociali, unica vera ombra che oscurava il boom economico: ogni tanto qualche arresto, i primi maldestri attentati, e infine l’estremizzazione della politica e, soprattutto, il prepotente dilagare della corruzione, cancro diffuso e incontrollabile di un sistema poi smascherato da Tangentopoli.
L’Italia non un era più un Paese povero… Formula magica e condanna per descrivere quegli anni. E forse la perfetta frase per capirli.

Daniele Manca ha lavorato nei principali quotidiani e settimanali italiani (da «Mondo Economico» a «Panorama », da «Italia Oggi» a «Il Giorno») e dal 1994 è al «Corriere della Sera». È stato tra gli artefici della svolta digitale al «Corriere» dove, dal 2009, è vicedirettore e editorialista. Tra i suoi libri, il romanzo La Rossa (Rizzoli 2018) e, con Gustavo Ghidini, il saggio La nuova civiltà digitale (Solferino 2020). Sposato, ha due figli.
Gabriella Colla è nata a Trieste ma vive a Milano da quando ha due anni. È laureata in Fisica indirizzo cibernetico. Lavora nella Pubblica amministrazione. Ha frequentato la scuola di scrittura creativa di Raul Montanari. Sposata, ha due figli e due gatti.

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