Rex tremendae maiestatis – Valerio Evangelisti

Valerio Evangelisti
Rex tremendae maiestatis
Mondadori collana Urania, 2020 (prima edizione 2010)
Recensione di Roberto Mistretta

A distanza di dieci anni dall’originaria pubblicazione con Mondadori, torna nella prestigiosa collana Urania di dicembre il più celebre inquisitore di Spagna, Nicolas Eymerich, nel romanzo conclusivo dell’amatissima saga di Valerio Evangelisti.
Autore bolognese, tradotto in tre continenti e in quindici lingue, Evangelisti è noto per avere fatto conoscere ai più, a partire dal 1994, la figura realmente esistita del domenicano Nicolas Eymerich, Inquisitore generale d’Aragona, persecutore impietoso dell’errore eretico, cane di Dio e braccio armato della Chiesa. Fra’ Eymerich, detto Magister, è protagonista infatti di ben dieci libri che hanno fatto la fortuna letteraria del suo autore. In Francia, dove ha vinto i più prestigiosi premi di categoria, Evangelisti è considerato un’autentica autorità letteraria vivente.
Siamo nell’anno Domini 1372 e il nemico mortale di Nicolas Eymerich, Ramòn de Tàrrega, viene trovato impiccato nel convento di Barcellona, dov’era detenuto da anni. Il suo cadavere però scompare e Ramòn viene poco dopo avvistato in Sicilia, dove avvengono fenomeni misteriosi.
Nelle terre di Trinacria imperversano misteriosi fenomeni che terrorizzano gli abitanti del luogo: antichi dischi volanti, feroci giganti cannibali, simili ai Lestregoni delle antiche leggende, e inquietanti neonati deformi si muovono sullo sfondo di un’antica lotta fra fazioni baronali. Da Palermo Eymerich si sposterà a Mussomeli, nell’entroterra siculo, dove si trova un inespugnabile castello tutt’ora esistente.
In una piana sconfinata, a poca distanza da un nugolo di casupole, si elevava una rupe altissima, impressionante. La cima era occupata per intero da un castello che sembrava fare tutt’uno con la roccia. Non aveva torri, inutili a quell’altezza, ma possedeva la potenza di una macchina bellica. Pareva ancora in costruzione, e lungo la salita si scorgevano ponteggi eretti attorno a nuovi edifici che stavano prendendo forma. Di rado Eymerich aveva visto fortezze tanto possenti, e ciò malgrado leggiadre. Attraversarono il villaggio”.
Una curiosità: Evangelisti non era mai stato in Sicilia e tanto meno aveva visitato il castello di Mussomeli, riedificato da Manfredi III di Chiaramonte su un preesistente avamposto arabo. L’autore aveva visto le foto del castello nel libro “Svevi, Angioini e Aragonesi alle origini delle Due Sicilie”. Ne rimase incantato, fece ricerche ulteriori e decise di ambientarvi il romanzo conclusivo della sua saga, che cita tanti testi esoterici, tutti rigorosamente esistiti, così come tutti gli estratti riportati da Evangelisti, inclusi i più bizzarri, sono autentici. E storicamente autentici sono i baroni siciliani che accolgono Eymerich che deve sventare le nuove minacce facendo ricorso a tutta la sua lucida crudeltà per ripristinare l’equilibrio tra le forze dell’ordine e quelle del caos e preservare la Cristianità dall’infame profezia che incombe.
L’Inquisitore si ritroverà a fare i conti con la parte più buia di se stesso, là dove le dimensioni tra passato e futuro si annullano e il tempo si fa spazio. Conosceremo quindi la sua futura discendenza nell’anno 3000 dove Lilith indaga nei laboratori lunari per trovare l’arma segreta che minaccia di estinguere l’umanità.
Un romanzo che mescola più generi, storico, fantascienza e horror, in un riuscito mix che è proprio dei grandi autori e conclude in modo magistrale la saga di Nicolas Eymerich.

 

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