Reo confesso – Valerio Varesi

Valerio Varesi
Reo confesso
Mondadori, 2021
Recensione di Patrizia Debicke

Ottobre. Quando Soneri, camminando nel parco della Cittadella di Parma, bagnato dalla nebbia, nota un uomo riverso su una panchina e si ferma, non può certo immaginare che sta per cominciare l’indagine più strana della sua ultraventennale carriera. Davanti a quell’uomo disteso di traverso su una panchina, il primo pensiero, automatico per un poliziotto incallito, è che potrebbe trattarsi di un cadavere. A quel punto per curiosità, ma soprattutto per gentilezza, si costringe ad avvicinarsi per rendersi conto se si tratta di un barbone addormentato o di un passante che si è sentito male.
Un controllo fatto per scrupolo, per etica, ma che da quel momento si trasforma in una specie di cappio e lo coinvolge in un gioco malsano di verità ingannatrici da cui non riesce a liberarsi. L’uomo, un ultrasessantenne vestito dignitosamente, pare solo desideroso di sfogarsi, di parlare.
Confida subito che prima del commissario sono passate tante persone ma nessuno si è fermato, anche se qualcuno deve avere chiamato un’ambulanza perché un infermiere è venuto a controllare la situazione, ma lui l’ha tranquillizzato e mandato via.
Soneri è incuriosito e forse divertito da quella persona tanto eccentrica e stravagante ma, visto che sta vistosamente tremando, per toglierlo dalla panchina lo convince ad accompagnarlo in un bar poco lontano. Appena seduti, cerca di offrirgli da bere per riscaldarlo e percepisce che l’altro nasconde qualcosa. E infatti, dopo essersi presentato con il nome di Roberto Ferrari, l’uomo confessa a Soneri di aver appena compiuto un omicidio. Ha ucciso un suo conoscente, un certo Giacomo Malvisi detto James, una specie di promotore finanziario che l’ha rovinato dilapidando in speculazioni illecite, cocaina e peggio, i risicati risparmi di una vita che Ferrari gli aveva affidato. L’ha ucciso, dopo una breve colluttazione, colpendolo a morte con un tagliacarte affilato che Malvisi teneva sulla scrivania del suo ufficio.
Pensando al delirio di un mitomane, Soneri, si fa accompagnare dal Ferrari in questura ma per scrupolo manda Musumeci a controllare la situazione in via Carmignani 8, il luogo dove si sarebbe consumato il delitto. Chiamato un fabbro e fatta sfondare la porta blindata, Musumeci troverà che effettivamente un morto c’è, come il Ferrari ha dichiarato, e seguendo le sue indicazioni troverà anche l’arma del delitto, gettata via tra la sterpaglia lungo l’argine del torrente Baganza, vicino al ponte della Navetta, poco prima di un viottolo che scende verso l’acqua.
A ben pensarci, dovrebbe essere l’indagine più semplice e veloce della storia professionale del commissario Soneri, perché Ferrari gli ha regalato su un piatto d’argento tutte le prove per dimostrare la sua colpevolezza: la vittima, il movente, l’arma (sul tagliacarte ci sono addirittura le sue impronte). Il reo confesso farà ricorso al suo avvocato di fiducia, nella fattispecie l’avvocato Cornelio, insomma Angela, l’eterna fidanzata di Soneri. Angela non è convinta, non le piace la situazione, vorrebbe rinunciare all’incarico, Soneri invece la prega a istinto di andare avanti.
Anche se in questo delitto i giochi sembrano fatti, Soneri, abituato a contare sul suo intuito, vuole approfondire. E stavolta il suo intuito gli dice che qualcosa di quella faccenda senza storia, troppo semplice insomma, non quadra. Di fronte alla confessione di Roberto Ferrari, incontrato per caso su una panchina della Cittadella, ha colto un qualcosa di complesso e artefatto che ha scatenato i suoi dubbi. Dove sta l’inghippo, il punto debole, il punto che stride in tutta quella apparente semplicità? Il caso è così facile da sembrare costruito a tavolino.
Ma il dovere incombe e Soneri, trascurando quell’evidente caso già risolto e senza sorprese, deve lanciarsi sulle tracce di un abile e introvabile truffatore che da mesi deruba la città. Un’indagine come le altre?
Per la prima volta nella sua vita il commissario Soneri, uomo incerto, inquieto, e spesso nebuloso come la sua terra, con il delitto Ferrari si trova di fronte a un’indagine spiazzante, da condurre fin dall’inizio in senso inverso. Al contrario, insomma.
E va pur detto che Valerio Varesi negli anni ha regalato a Soneri un passato sofferto e un nuovo equilibrio fatto di serenità anche affettiva, che stavolta sarà messa alla prova dalla professionale riservatezza di Angela. Il suo incaponirsi nel caso rischia persino di mettere in discussione il loro rapporto. Angela gli pare silenziosa e lontana, mentre lui si sente sempre più solo.
Conosciamo e amiamo da anni Soneri, malinconico Maigret emiliano, con il suo mezzo toscano in bocca a sfida delle regole, le sue incrollabili certezze politico-sociali che lo portano a parteggiare per gli umili, gli ultimi, i dimenticati e i perdenti. Soneri è un protagonista discreto. Soneri è qualcuno che sa bene come muoversi e indagare sugli argini del Po, lungo il torrente Baganza, tra le strade e stradine di Parma o la neve del primo Appennino, guidato dall’acume, annusando indizi minimi, quasi non percepibili.
Ma stavolta sa che gli manca qualcosa. Non gli basta il cadavere, il più che plausibile movente e il colpevole reo confesso. Quello che lo sconcerta è la calma e l’evidente distacco di colui che ha confessato. Soneri non riesce a crederci fino in fondo e si ostina a cercare altro, contro ogni apparenza, senza calcolare che la corrispondenza delle impronte digitali sul luogo del delitto e sull’arma sono quasi un pietra tombale sull’indagine.
Tutto avviene nell’ottobre del 2020, nel caos pandemico, con il distanziamento, le mascherine, le paure, la cautela, le battute e i tanti dubbi vissuti da tutti in questi lunghissimi mesi.
E ovviamente sempre là, umida e tangibile, la nebbia, che è sempre contemporaneamente protagonista e scenario nei libri di Varesi, ma mai la stessa. La nebbia fitta che rende la notte della Bassa un mondo buio e ostile e fa paura o magari la nebbia più sottile, talvolta compagna e amica nei lunghi e noiosi tempi che affiancano l’ardua routine del suo lavoro.

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