Ferragosto – Enrico Franceschini

Enrico Franceschini
Ferragosto
Rizzoli, 2021
Recensione di Patrizia Debicke

Ferragosto è molto più vicino di quanto crediate: basta leggere Ferragosto di Enrico Franceschini. Frizzante, a tratti addirittura scatenato, mette in pista la stessa inossidabile banda di protagonisti di Bassa marea per portarci stavolta al culmine dell’estate a Borgomarina (che assomiglia tanto a Cesenatico).
Ferragosto è la seconda avventura di Andrea Muratori, detto il Mura, due divorzi alle spalle, giramondo che a sessant’anni suonati si è ritirato in un capanno sul mare con l’obiettivo di pescare, giocare a basket e ripetere vecchie storielle insieme ai “tre moschettieri”, tre inseparabili amici ed ex-compagni di scuola. Si potrebbe definire un Amici miei trasposto con successo da Firenze in Romagna. Ma di più, perché il Mura, ex giornalista ora in pensione, per noia e per passione ha cominciato a vestire i panni di detective, un Philip Marlowe casereccio e poco convincente perché sicuramente più simile a Nero Wolfe.
Ma torniamo al nostro Ferragosto sulla Riviera dai toni a tratti squisitamente felliniani.
Le spiagge assolate scoppiano di turisti assatanati con branchi di bambini urlanti, che ogni giorno riguadagnano religiosamente il desco apparecchiato di pensioni o alberghi a tre stelle per abboffarsi di tagliatelle, per poi ricomparire a valanga scomposta a metà pomeriggio. Il mare è invaso dai pedalò e dappertutto fa caldo da morire: unico refrigerio possibile, stare all’ombra o meglio a mollo in acqua. Insomma, è quasi Ferragosto.
Andrea Muratori vorrebbe solo godersi la Riviera, ma da giorni è assillato dal chiodo fisso del suo compito annuale: trovare il posto adatto, in campagna e non sul mare, un casolare in collina preso in affitto apposta per festeggiare l’agostana ricorrenza mariana. Un posto dove cucinano solo gli uomini, escluso lui che non tocca i fornelli, per portare in tavola roba da scorpacciata, secondo la tradizione e le regole tribali consolidate negli anni dai moschettieri. Ma stavolta Mura si è mosso tardi, la casetta non c’è e l’unica alternativa, che sa già che provocherà musi e rimostranze degli amici, sarà pranzare in un’isolata trattoria familiare a Montecodruzzo, appena quattro tavoli. Secondo Rio, il bagnino e gestore del bar del bagno Magnani, il bagno più “in” della zona, suo consulente e tuttofare, staranno MOLTO meglio, ma bisogna fare ingoiare la faccenda agli amici. Mentre Mura riflette su come farlo, studiando voglioso l’acqua e meditando un bagno rinfrescante, la Stefi richiama la sua attenzione.
La Stefi, cioè Stefania Mancini, una riminese prorompente, è tra i giocatori abituali di Bagno Magnani di maraffone, un gioco di carte locale tra il tressette e la briscola, in coppia con il marito, un bel capitano pilota dell’Alitalia, almeno quando lui non è in volo. Ma la Stefi sospetta che il coniuge abbia un’amante non solo quando il lavoro lo porta lontano, ma anche quando scende a terra. Sa che Mura ogni tanto si dedica a indagini e lo stuzzica con mirabolanti promesse erotiche che lo inducono ad accettare. La carne è debole, insomma.
Tuttavia un’indagine per adulterio richiede l’attrezzatura adatta e, per seguire le fantasie e gli spostamenti del pilota, Mura dovrà chiedere in prestito la macchina al Prof, il ricco amico dottore che fa quattrini a palate e che, per convincimento etico a sinistra, ha comprato sì una Porsche, ma di seconda mano. Non proprio una macchina che passa inosservata, ma con quella deve fare e farà.
Nel frattempo altri drammi si consumano poco lontano dalla spiaggia: un fotografo, noto per il poco pulito via vai di ragazze nel suo studio, viene assassinato, disposto artisticamente dal suo carnefice in una oscena posa particolare. Però, dietro a una semplice questione di corna e a un delitto a sfondo erotico, affiora un lontano segreto. Un segreto risalente alla fine del fascismo, al tesoro che si narra Mussolini portasse con sé prima di essere catturato e giustiziato a Dongo dai partigiani. Dopo la sua avventurosa fuga favorita dai tedeschi dalla prigionia di Capo Imperatore, e prima di andare verso nord, si dice che Mussolini sia passato dalla villa di Riccione in riva al mare, dove il Duce con tutta la famiglia trascorreva le vacanze. Là si fermò e incontrò la “sdora” romagnola, la vera ancora della famiglia: Rachele Mussolini.
La villa, un tempo Villa Margherita oggi Villa Mussolini, passata al demanio dopo la guerra, divenne una pensione, poi un ristorante e infine fu acquistata da una banca, completamente restaurata e oggi adibita a location per mostre ed eventi. Insomma salta fuori una trama oscura che ruota intorno a qualcosa che potrebbe essere rimasto là, nascosto da Donna Rachele.
Tra trama gialla, fantasmi del passato e un’indagine su un misterioso episodio della nostra storia, con un viaggio erotico e irriverente, Enrico Franceschini ci trascina in un carosello romagnolo in cui si aggirano ambiguamente ballerine martinicane, astute trans brasiliane bevitrici di rhum e pericolosi club di nostalgici del ventennio, cultori dell’olio di ricino.
Mura, nonostante il sostegno della polizia locale capitanata da un maresciallo ormai aduso a tirarlo fuori dai guai, si ritroverà coinvolto in una corsa senza tregua per trovare la soluzione del duplice intrigo e, forse, un mirabolante scoop per mezzo di un mito nazionalpopolare che potrebbe riportarlo in prima pagina.
Assolutamente da citare e imperdibili i rapporti dei moschettieri con le loro donne, coraggiosamente capitanate da Caterina Ruggeri detta Cate, corrispondente di guerra, “scopa mica” di Mura.

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