Letture al gabinetto – Novembre 2021

Rubrica a cura di Fabio Lotti

L’apparenza delle cose di Elizabeth Brundage, Bollati Boringhieri 2017.
“Babbo, è un libro bellissimo! Devi leggerlo!” esclama mia figlia Claudia, porgendomelo. Lo leggo.
La prima impressione è un senso di inquietudine che pervade il racconto. Con inizio drammatico. Chosen, stato di New York. Un omicidio. In una fattoria dove George, insegnante di storia dell’arte, trova al suo ritorno la moglie Catherine con un’ascia piantata sulla testa, mentre la figlioletta Franny è chiusa nella cameretta. Le sue risposte, però, non convincono lo sceriffo Travis Lawton. Che sia proprio George l’assassino? Il sospetto comincia a circolare…
Casa stregata, dice la gente, dove, andando indietro nel tempo, è avvenuto un altro episodio sconcertante, ovvero il suicidio di due genitori che hanno lasciato tre figli adolescenti: Eddy, Cole e Wade.
Due famiglie, due storie a più voci che si intrecciano e si avviluppano sempre più attraverso salti nel tempo, mettendo a fuoco una faticosa società rurale e via via i personaggi che ne fanno parte. Visti nelle loro azioni esterne ma, soprattutto, scandagliandoli all’interno. Perché esiste l’apparenza ed esiste la realtà, come dal titolo del libro.
Intanto c’è qualcosa che non va in queste famiglie. Qualcosa che non va soprattutto nelle mogli Catherine e Ella Hale: solitudine, sogni infranti, pensieri, malinconia. Inquietudine, come già sottolineato all’inizio. Mariti, uomini che non meritano. Ma anche i maschiacci hanno i loro ricordi, le loro mancanze, mancanza di attenzione, di affetto quando erano piccoli. La mancanza come uno dei temi centrali del libro che si insinua in molti personaggi.
Difficile esprimere, mettere a fuoco tutte le caratteristiche del libro in una semplice recensione. Per cui sarà solo un resoconto parziale. Dunque partiamo da George e Catherine. Un matrimonio fallito, lui perfino la tradisce con la giovane disperata Willis Howell, eppure “la gente pensava che si amassero, che stessero costruendo una vita insieme. Tutti sorridevano ammirati.” Ecco, oltre la mancanza, l’apparenza. E poi arrivano altre famiglie, altri personaggi, altre storie, il sacrificio per le donne che si tramanda di madre in figlia, il mistero, il soprannaturale, le apparizioni inspiegabili per Katherine e Franny, la seduta spiritica, le passioni oscure, i riferimenti artistici e filosofici, i dibattiti sul sentimento religioso molto sentito in quella società. E ancora l’evoluzione dei tre ragazzi rimasti orfani aiutati dallo zio che se ne prende cura, la lotta per sopravvivere, la forza di volontà, di resistere, continui salti temporali a mettere insieme i ricordi, i pezzi di una vita, di un’anima.
E l’assassinio? Chi è il colpevole? Lo sceriffo ce la mette tutta, lui sa che il colpevole è George, niente impronte sull’ascia e niente ruberie nella casa, ma non può dimostrarlo, si stanca, si avvilisce, si macera portando alla fine il suo matrimonio con Mary. Facile nascondere una psicopatia anche se qualche intuito femminile l’ha capito. Passioni, incomprensioni, violenza, brutalità e ancora omicidi, ancora personaggi presentati con il dovuto rilievo che hanno la loro parte importante. E un piccolo spazio, un piccolo spazio anche per l’amore puro e sincero. Quello che troppo spesso manca.
A fine lettura come vogliamo definire quest’opera di Elizabeth Brundage: un giallo? un thriller? un domestic noir? un che cosa? A me pare un grande romanzo sulla vita, sull’esistenza dell’uomo con tutti i casini che si porta appresso. Che ci fa riflettere anche su noi stessi, su come siamo, su come ci vedono gli altri e su come avremmo potuto essere se…
Aveva ragione mia figlia. È un libro bellissimo.

Perry Mason e le zampe di velluto di Erle Stanley Gardner, Il Giallo Mondadori 2021.
Inizio promettente per un appassionato di scacchi come il sottoscritto “Il sole autunnale batteva sui vetri facendoli scintillare. Perry Mason era seduto alla sua scrivania: il suo volto faceva pensare alla faccia di un giocatore di scacchi che studia la posizione dei vari pezzi”. E gli ci vorrà proprio l’abilità di un giocatore di scacchi per risolvere il problema presentato dalla signorina Eva Griffin che non piace per niente alla segretaria Della Street. La sua richiesta è particolare, molto particolare. L’avvocato dovrebbe impedire, mediante pagamento, la pubblicazione di un pezzo sul giornale scandalistico “Citizen” che rivelerebbe il suo rapporto sentimentale con il noto uomo politico Harrison Burke. Tra l’altro visti insieme in un luogo dove è avvenuto un omicidio! Il nostro “lottatore”, per sua stessa definizione, si mette in moto e, attraverso pedinamenti e astuzie varie, scopre che Eva Griffin è in realtà la moglie di George Belter, uomo ricco di affari e il vero proprietario del giornale (non il prestanome Frank Locke). La faccenda si complica…
Soprattutto quando, durante un uragano, arriva la telefonata di Eva Belter e, in seguito al loro incontro, la notizia dell’uccisione in casa di suo marito con un colpo di pistola. Era, aggiunge, con qualcuno che aveva la stessa voce di Perry Mason! Ora occorre davvero tutto l’ingegno di un giocatore di scacchi per uscire indenni da questo pasticcio, magari anche con l’aiuto dell’amico investigatore Paul Drake. Intanto viene fuori dal testamento del morto che l’erede principale è il nipote Charles Griffin, un giovanotto che spende e spande in giro per locali notturni. Era assente dalla casa al momento dell’omicidio ed è ritornato ubriaco solo a tarda notte con una gomma a terra della macchina. Infine c’è la governante che sembra nascondere qualcosa così come la figlia e intanto il politico Burke è sparito, non si trova…
Al centro della storia Perry Mason in perenne fibrillazione, scontri continui con la cliente che per lui mente, finge di piangere, di disperarsi e se la ritrova spesso tra i piedi. Passa veloce da un personaggio all’altro per capire, sondare, conoscere, per mettere insieme i tasselli dell’incasinato puzzle. Non si ferma davanti a nulla, le prova tutte, attacca, si difende, contrattacca, usa ogni mezzo possibile, dalle informazioni al denaro, dalla persuasione alle minacce in una vicenda di menzogne e ricatti che mette in crisi persino la bella segretaria Della Street. Anche perché, se la bugiarda Eva Belton rivelasse alla polizia di quella voce da lei sentita…
Come primo caso per il nostro famoso Avvocato mica male!

Le nostre vite di Francesco Carofiglio, Piemme 2021.
Inizio tragico. Uno scoppio, la casa si disintegra, muore la famiglia e lui, Stefano Sartor, perde la memoria. Lo ritroviamo trent’anni dopo a Parigi, insegnante di filosofia alla Sorbona con la sola compagnia della sua gatta Pris. Ha scritto un libro di successo e allora interviste e foto, ovvero “…incontri che svanivano nel nulla, persone che attraversavano il campo visivo per poi sparire.”
Una spiaggia deserta della Puglia. E una ragazza di sedici anni, Nina. Aspetta altri ragazzi ma al loro arrivo si sente improvvisamente fuori posto. Meglio cercare una scusa e scappare. È la sua specialità. Ma rimane anche perché nel gruppo c’è il ragazzo che ha conosciuto in spiaggia e l’ha invitata al falò. Bello. Bellissimo. Si chiama Lupo e un brivido scorre lungo la schiena. Piano piano si apre, cerca di uscire dal suo isolamento, il bacio, il sesso, lo sconcerto. È rimasta incinta e allora la paura, i ricordi della sua infanzia a New York, l’appoggio della sola madre, e ora il vuoto, la desolazione.
Ancora Stefano. La conferenza sul suo libro a Firenze, l’incontro con la relatrice Anna Castiglioni, qualche scambio di idee sul lavoro, sulla perdita della memoria che lo affligge, l’attrazione, il sesso, il distacco. Ora in crisi davanti allo specchio, la cicatrice dalla guancia fino all’orecchio in una faccia disegnata dalla chirurgia plastica. Non si riconosce, non sa chi sia. Dunque in analisi dalla terapeuta Barbara Modigliani, per ritornare indietro nel tempo, per ricordare, anche attraverso il diario dei sogni, degli incubi che lo assillano… ”orfano di tutto, dei suoi genitori, della sua casa, di ogni dettaglio della sua vita passata”.
Restano solo i bei ricordi di nonno Zeno, del suo lavoro, dei suoi libri, della sua bontà, della morte avvenuta a novantatré anni. Arriva un regalo inaspettato, una scatola e dentro un carillon con una ninna nanna di Mozart “che fischiava di tanto in tanto”. Chi poteva avergliela mandata e perché?…
Ancora un diluvio di ricordi e il nuovo, fatale incontro con Anna Castiglioni per la sua mostra fotografica. Anna è davvero bella con uno sguardo strano e familiare. Ecco un piccolo brivido, ecco sbocciare il vero amore da parte di entrambi. Con il suo aiuto Stefano andrà alla ricerca di se stesso nei luoghi frequentati da ragazzo. Al liceo di Roma dove aveva studiato, e poi a Brindisi, la sua terra natale, per cercare uno stimolo, un collegamento che faccia scattare qualcosa nella memoria.
Continui passaggi tra i due personaggi principali, flash back, ricordi e ricordi, sogni, incontri, brividi, tremori, sensazioni, vuoti improvvisi, continui momenti di pausa, di silenzio nei colloqui da parte di Stefano insieme a squarci di città, di vita, di paesaggio.
Tutto complicato, tutto difficile per entrambi i protagonisti. Uno scandaglio negli abissi più profondi e indecifrabili dell’essere, un tuffo dentro le loro anime, dentro i loro segreti attraverso una scrittura colta e delicata. Chi è veramente Stefano? Chi è veramente Nina?
Chi siamo veramente noi?…

Incendio a bordo di James Hadley Chase, Il Giallo Mondadori 2021.
Victor (Vic) Malloy è un investigatore privato fondatore della Universal Service, agenzia che accetta “qualunque incarico, dal ritrovare un barboncino di lusso allo smascherare un ricattatore”. Lavora soprattutto con i milionari di Orchid City coadiuvato da Jack Kerman e dalla segretaria Paula Bensinger.
Luglio, caldo boia, per ora niente lavoro ma chiacchiere con Kerman tra una sorsata di whisky e l’altra. Il lavoro, però, arriva all’improvviso per la scoperta di una lettera dimenticata da quattordici mesi in un impermeabile! Ovvero del 15 maggio 1948 e firmata da Janet Crosby che chiede il suo aiuto per trovare delle prove contro qualcuno che ricatta la sorella, accludendo cinquecento dollari. Anche se è passato tanto tempo Vic sente il dovere di vederci chiaro. La ragazza intanto è morta proprio nello stesso giorno della firma causa una malattia cardiaca, così come Macdonald Crosby, suo padre milionario, per una disgrazia mentre puliva il fucile due anni fa. Nel testamento aveva lasciato tre quarti della sua fortuna a Janet, figlia del primo matrimonio, e ora eredita tutto Maureen, figlia del secondo.
Iniziano le indagini. Inutile stargli dietro, non ci riuscirete. Per un po’ ho immaginato di essere anch’io un personaggio che segue il nostro Vic, ma non ce l’ho fatta. Dopo l’ennesimo movimento ho desistito e l’ho lasciato andare. Eccolo in giro con la Buick. Prima da Maureen malata per intossicazione da cocaina, poi dal dottore che aveva firmato il certificato di morte della sorellastra causa endocardite maligna. In effetti, però, non era il suo dottore, quello vero era Salzer che aveva firmato, invece, il certificato di morte del padre. Già qualcosa non quadra…
Poi via dalla cameriera personale uccisa dal “Carnera” che lo seguiva con la Dodge. E ora arriva il capo della polizia Brandon dagli “occhi duri e inespressivi”, legato strettamente a Salzer, a cui non piace l’attività di Vic che verrà pedinato e si scontrerà con il sopracitato Carnera. E poi ancora da Manfred Willet, segretario della società fiduciaria del signor Crosby, dal quale riceve l’incarico di un’indagine. Ma non sarà finita qui. Frenetici movimenti da un locale all’altro con Vic sempre più convinto che Crosby e la figlia siano stati uccisi. C’è anche un certo Douglas Sherril da tener d’occhio, ex fidanzato di Jane, diventato proprietario (non si sa come) del Dream Ship, covo di giocatori e prostitute. Ancora movimento assillante, agguati, violenza, spari, morti, colpi di scena a go-go. Chi c’è dietro tutto questo? Salzer? Il capo della polizia? Maureen? Douglas Sherril? Chi altri?…
Il Nostro si ritroverà addirittura nel manicomio diretto da Salzer stesso in compagnia di un vero matto, dove troverà pure l’infermiera che aveva visto la morte di Crosby. Riuscirà a fuggire con l’aiuto dei suoi, poi via al Dream Ship che darà il titolo alla storia con relativo colpo di scena finale.
Penna dell’autore agile, scattante, in continuo fermento come le vicende narrate, momenti di pathos, battute, ironia, tourbillon frenetico di situazioni da capogiro. Non c’è un attimo di pace, non c’è un attimo di respiro. Come già detto ho cercato di seguire Vic, ma non ci sono riuscito. E il resoconto sarà senz’altro incompleto.

Nuovi delitti nella camera chiusa di Rino Cammilleri, Il Giallo Mondadori 2021.
Dopo Delitti nella camera chiusa ecco il seguito. Avevo cominciato a commentare ampiamente ogni singolo racconto quando mi sono accorto che ci avrei scritto sopra un altro libro. Allora meglio sintetizzare, mi sono detto. Sì, meglio sintetizzare.
Sintetizzo. Ma è mica facile perché le cose da dire sono davvero molte. Comunque due sono gli elementi che saltano subito agli occhi a fine lettura: il tempo e lo spazio. Il tempo in cui avvengono gli avvenimenti narrati e i luoghi in cui si concretizzano. Ora siamo ai giorni nostri, ora via a scalare nel Novecento, Ottocento, Seicento, Cinquecento e Duecento. Senza contare che un racconto è costruito in un futuro più o meno lontano dove ogni gruppo ideologicamente orientato, ovvero i cattolici, i musulmani, i vegetariani, gli omosessuali e via discorrendo si becca il proprio pianeta. Qui siamo a Bensalem fondata da Alexis Rutherford dove è bandita la proprietà privata e dei corpi. Nel suo alloggio chiuso viene trovato morto il Magister Octavius 32 con un coltello piantato nel petto. Suicidio? Uhmmm…
Dicevo del tempo ma anche dello spazio, per cui possiamo ritrovarci nel nostro paese come in Inghilterra, in Francia, in Giappone, nell’Ecuador e perfino tra gli zulu! Siamo nel 1823 e abbiamo due inglesi nel kraal di Shaka, guerriero zulu detto il Napoleone africano, per conto di sua maestà Giorgio IV. Shaka ha imprigionato il re dei kingeni, chiedendogli ogni giorno di mettersi al suo servizio, in una prigione fatta a cubo che si può aprire solo dall’interno. Al quinto giorno non risponde alle profferte e, abbattuta la porta, lo trovano morto infilzato da una iklwa che gli trapassa il collo da parte a parte. Probabilmente mentre dormiva. Come è possibile? Ma uno dei due inglesi, salito sul tetto, capisce…
Tempo, spazio, personaggi. Ecco un altro punto da sottolineare. Personaggi indagatori di tutte le specie: commissari, ispettori, appuntati, capitani, marescialli, inquisitori, preti, uomini comuni. Tra i quali anche un certo Shylock Homer con il sergente Sean O’Malley che ci ricordano la famosa coppia. In una villa stile vittoriano fuori Brighton viene trovato morto il capofamiglia Victor Humperdinck tra le sue amate conchiglie dopo un urlo “Ne manca una! Ne manca una!”. Naturalmente porta sbarrata all’interno. Tutti della famiglia hanno un motivo per odiarlo. Occorre un’idea, un’illuminazione per scoprire il colpevole e, quando Shylock viene a sapere che il morto soffriva di stipsi, ecco il classico grido “Ma è elementare, O’Malley!”. Basta farsi una cultura sulle conchiglie… Li ritroveremo ancora in un altro racconto con i tipici scontri tra i due a volte davvero esilaranti.
Avanti. Ambientando gli avvenimenti in certi periodi storici l’autore ci offre un piccolo spaccato del tempo. Come, per esempio, l’odio verso i papisti nell’Inghilterra del ‘500, o al tempo dei catari nel ‘200 quando il domenicano inquisitore Corrado da Tours deve scoprire chi ha ucciso l’abate nella sua stanza dopo aver gridato “Il diavolo! Il diavolo!”. Oppure ecco uno sguardo veloce sui giovani nel Giappone attuale. Vediamo un po’. Siamo ad Osaka con l’ispettore Matsudaira Hiroshi. In Giappone lavoro, lavoro, lavoro o il fenomeno degli hikikomori, ragazzi chiusi nelle loro stanze davanti al computer senza mai uscire. L’ispettore è chiamato dal suo capo Katsuko. Deve risolvere il caso proprio di un hikikomori, il figlio del prefetto trovato morto nella sua stanza con il maledetto computer. Porta sfondata perché chiusa dall’interno. Per l’ispettore importante una moneta bitcoin e una puntura di zanzara in un piede del morto.
Giovani di oggi, dicevo, che non vivono più come quelli di una volta ma che possono risultare sempre utili con i loro mezzi moderni a disposizione. L’appuntato Lauricella sta consolando il signor Giovanpietro che ha perso la moglie trovata impiccata al lampadario della camera da letto. Chiusa a chiave, naturalmente, dopo essere stata sfondata dai carabinieri. Sul comodino una scatola di psicofarmaci perché soffriva di crisi depressive. A casa del nostro appuntato il figlio, spiccicato a tutti gli altri ragazzi di oggi, ovvero uno sneakers che attraverso YouTube si rivelerà assai prezioso…
A volte il racconto può basarsi addirittura su un fatto realmente accaduto. Due marescialli amici. Una bella ragazza scomparsa in un paesino dell’alta Italia. Trovata morta in un capanno chiuso a chiave con il cranio fracassato. Basterà una frase pronunciata nel discorso funebre a far scoprire l’assassino. Fatto salito alle cronache nel 1937.
Insomma, per non farla troppo lunga, attraverso quattordici racconti vengono svelati i segreti per scoprire i trucchi di un omicidio nella classica stanza chiusa a chiave dall’interno (spesso l’assassino si serve del veleno). I personaggi sono ben costruiti, nascono dubbi, ipotesi, congetture, piccoli brividi insieme a momenti di simpatico sorriso e la luce che si accende improvvisa, magari, tanto per portare un esempio, attraverso il ricordo di una frase trovata in “Dalia nera” di James Ellroy, ovvero “Cherchez la femme”. Qualche racconto un po’ affrettato e scontato ma nel complesso una piacevole lettura.
P.S.
Per l’autore. Ho letto anche l’introduzione.

I Maigret di Marco Bettalli

La pazienza di Maigret del 1965
Uno dei Maigret di Gino Cervi (1968), con il titolo Maigret e i diamanti. Continuazione del precedente Maigret si difende (si svolge in piena estate, pochi giorni dopo), è, in pieno contrasto, un romanzo che sprizza felicità da tutti i pori. Maigret, placido e profondamente innamorato della vita, si specchia nella signora Maigret in perfetta pace interiore, cui non fa ombra neppure la lieve malinconia che reca l’approssimarsi della pensione a soli 55 anni. Il primo capitolo (ma potremmo aggiungere anche il pranzo col giudice pieno di figli e “tifoso” del commissario) è l’Inno alla gioia di Maigret, che si libera così dei miasmi collegati alle ingiuste e orribili accuse di cui era stato oggetto. Quanto alla trama, pur, come sempre, eccessivamente arzigogolata (con l’inserzione di terribili ricordi di guerra), non manca di spunti d’interesse, a partire da come viene tratteggiata la figura contraddittoria di Aline, vedova di Manuel Palmari, vecchio boss corso, ucciso in casa, cui Maigret era sinceramente legato, e dell’amante di lei Fernand Barillard, esemplare di tombeur de femme egoista, cinico e depravato. I diamanti del titolo televisivo costituiscono il legame tra tutte le storie: Maigret stava seguendo da anni una serie di rapine a gioiellerie di cui sospettava Manuel Palmari come organizzatore e mandante.

Spunti di lettura della nostra Patrizia Debicke (la Debicche)

L’ultimo guerriero di Massimo Lugli, Newton Compton 2021.
In questo romanzo distopico, Massimo Lugli introduce il lettore nella spaventosa realtà di un futuro cupo, desolato e spaventoso – forse psicologicamente non così lontano dal nostro presente – di un’umanità diventata incapace di immaginare un mondo diverso. Una realtà in cui i rapporti tra superstiti sono dominati dall’istinto di sopravvivenza. Una realtà in cui il passato si riduce a una nebulosa memoria di quei pochi rappresentanti della generazione che ha vissuto il “prima”…
In L’ultimo guerriero, infatti, l’ umanità è stata quasi sterminata. I pochi sopravvissuti, con il passare del tempo, si sono divisi in due rigide classi sociali. La prima è quella dei “Regolari”, civili privilegiati, benestanti o ricchi che vivono una pseudo normalità nel loro lussuoso mondo, custoditi giorno e notte da sorveglianti armati, i Rottweiler, e chiusi nelle loro città protette o in ville blindate, tutte dotate di elettricità, computer, televisione telefoni ed elettrodomestici. I Regolari poi, oltre a godere degli agi e dei lussi ripristinati, possono anche contare sulla protezione e il controllo di un esercito regolare, molto ben armato, e godono di tutti comfort raggiunti dalla cosiddetta civiltà: club privati, supermarket, palestre, scuole private per i figli.
L’altra classe sociale, la seconda, è quella degli “Esclusi”, rappresentata da una larga fetta di popolazione emarginata dalla società, con il solo saltuario apporto di aiuti medicinali e viveri da parte di coraggiosi volontari della Croce Rossa. Gente costretta dalla povertà, ma soprattutto dalle angherie, a vivere allo stato primitivo, o meglio a vegetare in piccoli e fatiscenti villaggi dispersi nelle foreste, dove vige un’unica regola: solo il più forte sopravvive. Gruppi di semi selvaggi, divisi in bande, che spesso combattono sanguinosamente tra loro e vivono alla giornata, cacciando con asce, lance, archi e frecce come primitivi.
Ma anche tra gli Esclusi c’è ancora qualcuno che non ha ancora dimenticato i dettami della civiltà. Uno, detto “Giaguaro”, è il capo giusto, indiscusso e amato del suo piccolo gruppo senza nome. Uno, protagonista e voce narrante di L’ultimo guerriero, è un uomo di mezza età, ben portante e che nella sua vita ha sempre praticato le arti marziali, arma utile oggi per aiutarlo a sopravvivere. Un uomo solo che ha perso molto, sua moglie e tutto il resto. Uno, che ricorda bene quanto e cosa c’era prima, si è adattato a vivere in questo drammatico e desolato dopo. Questo tragico dopo, con la morte sempre in agguato per un attacco di un’altra tribù o dei Bikers, banda di scalmanati e crudeli motociclisti che li cacciano con i loro rumorosi quad, sparando e uccidendo, oppure eletti a bersaglio di ogni Regolare armato di fucile.
E sarà lui a spiegare e raccontare gran parte di questa tragica storia carica di rinunce, dolore, e violenza.
Per gli Esclusi, disporre di abbastanza acqua è vitale e Uno e i suoi possono contare su una ricca sorgente. Sorgente che però fa gola anche agli Arabi, il grande e battagliero gruppo di fondamentalisti che vive poco lontano da loro, rimasti ormai quasi a secco. Dopo aver ricevuto dal loro capo la richiesta ufficiale, dal sapore di un ultimatum, di unire i loro gruppi, o arrivare a un sanguinoso scontro diretto, Uno, per non essere costretto a fare una scelta, decide di partire alla ricerca di un nuovo accampamento.
Il suo viaggio a piedi, impegnativo e faticoso, sarà un susseguirsi di scontri con uomini e animali selvaggi, di avventure e incontri con realtà quasi fiabesche con altre bande, quali quella delle Amazzoni Guerriere e quella sadica e crudele dei Bambini Assassini, dove sarà testimone di spaventose violenze.
Ma Uno non è il solo protagonista di questa storia. C’è anche Clara, che riallaccerà Uno al suo passato. Clara, la bella e coraggiosa figura di donna, volontaria tra i valorosi membri della Croce Rossa, che vive nel lussuoso mondo dei Regolari e ha una stabile relazione con un ufficiale dell’Esercito. Da anni infatti è la compagna di Mattia de Rossi, uno stimato colonnello. Ex poliziotto riciclatosi in militare (i militari sono gli sbirri del nuovo mondo), occupa una posizione di rilievo nella gerarchia, ma per etica e senso di giustizia si troverà a combattere battaglie altrettanto cruente e spaventose, spalleggiato dal suo inseparabile braccio destro, Giorgio Arvasi. Un inaudito susseguirsi di peripezie e colpi di scena precederanno il fortunoso e decisivo incontro di Uno con Clara e Mattia.
Due storie, per tante vite così apparentemente diverse e lontane l’una dall’altra ma che, dopo una serie di sequenze al cardiopalma , saranno inevitabilmente destinate a incrociarsi in un emozionante e imprevisto finale che lascia senza fiato e in cui i destini dei protagonisti finiranno per sovrapporsi.

Le letture di Jonathan

Cari ragazzi,
questa volta vi presento Com’era verde la mia valle di Richard Llewellyn, Corbaccio 2000.
È la storia di una famiglia di minatori del Galles narrata da Huw, il piccolo della famiglia Morgan. Ovvero la storia di una lotta dei lavoratori per i loro diritti attraverso gli scioperi e l’unione nel sindacato. Per i giovani spesso non c’è altra alternativa che l’emigrazione. Così come succede per Morgan.
Questo libro mi è piaciuto molto soprattutto per l’originalità dell’autore e anche per i personaggi. In certe parti mi sono divertito mentre in altre mi sono dispiaciuto, ad esempio per la morte del fratello maggiore di Huw. Ma è stato comunque un bellissimo libro.

Le letture di Jessica

Cari bambini,
oggi vi presento Viaggio nel nostro corpo di Steve Parker, editoriale Scienza 2007.
Mamma mia come è complesso il nostro corpo! Ho scoperto molte cose interessanti che non conoscevo attraverso anche le linguette e le alette. Per esempio lo scheletro umano. Non credevo che fosse così complesso. E poi il cervello e tutti i nervi che abbiamo! Ma l’organo che mi ha colpito di più è il cuore, così piccolo e così importante perché ci fa vivere. Insieme ai polmoni che ci fanno respirare. W il corpo umano!

Un saluto da Fabio, Jonathan e Jessica Lotti

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