Letture al gabinetto – Gennaio 2022

 

Buon Anno dalla redazione del blog!

Rubrica a cura di Fabio Lotti

Nero come il sangue di Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi, Solferino 2021.
Impossibile riferire tutto quello che c’è in questo lavoro di oltre cinquecento pagine. Troppi gli esempi ed eventi citati. Saltimbeccherò (mio conio) in qua e là. Intanto, non ci crederete, ma si uccideva anche per una nobile causa: lo studio del corpo umano da parte di certi anatomisti dell’Ottocento come Alexander Monro III e Robert Knox, grazie al “servizio” di qualche assassino che veniva ben pagato. Sto scherzando, naturalmente, sulla nobile causa, per niente nobile. Ma in un certo periodo storico era proprio così. L’Ottocento è ricco di episodi efferati. Il primo serial killer sembra essere stato il milanese Antonio Boggia che uccideva a scopo di rapina. Finì condannato nel 1861 alla pena di morte per impiccagione. I vari episodi criminali, oltre a quelli citati nel libro, danno la stura a Cesare Lombroso di impiantare la sua famosa teoria per cui tutto dipende “da una predisposizione di natura fisiologica” che spesso si riflette “nella configurazione anatomica del cranio”. Lo vedremo addirittura nel 1873 difendere “il vampiro della Bergamasca” che succhia il sangue delle vittime, perché affetto da “una grave forma di necrofilia, unita alla pellagra e al cretinismo”.
Desiderio di soldi, desiderio di sangue e desiderio d’amore. Desiderio d’amore, desiderio struggente d’amore o, meglio, erotomania, che può spingere, come gli altri due, ad azioni folli, fino ad uccidere. Se si tratta di una donna magari con metodi più “gentili”. A Christiana Edmunds, siamo nell’epoca vittoriana, bastava una scatola di cioccolatini, opportunamente “lavorati” per raggiungere il suo scopo, tanto che fu definita la “Chocolate Cream Killer”.
I malati di “satiriasi” come Jack lo Squartatore, invece, non si limitano soltanto ad uccidere ma, appunto, a squartare e mutilare i cadaveri. Soprattutto prostitute. Però non sappiamo ancora oggi chi fosse, pur essendo state formulate diverse ipotesi.
La Belle Epoque per certi versi non è stata bella per niente. Lo dimostra, tra gli altri, il caso di Vincenzo Paternò e la sua tragica storia con la contessa Giulia dei principi Filangeri Tasca di Cutò. Finita male, naturalmente. E poi c’è il famoso Landru, ladro, truffatore e omicida nella Parigi del primo Novecento. Subito imitato dal nostro Cesare Serviatti, soprannominato “Landru del Tevere”.
Certi fatti efferati, come la storia di Nathan Leopold e Richard Loeb nell’America degli anni Venti, possono offrire lo spunto per film famosi, vedi Nodo alla gola di Alfred Hitchcock, interpretato da un grande James Stewart. O anche idee per capolavori alla Agatha Christie, come dichiarò ella stessa per il suo incredibile “Assassinio sull’Orient Express”, ispirato ad un fatto di cronaca avvenuto nel New Jersey nel 1932. Ovvero il rapimento del bambino Charles August Lindbergh jr., figlio dell’“eroe” Charles Lindbergh ricordato da tutti per la prima trasvolata atlantica. L’evento dette vita al “processo del secolo, uno “dei primi e più grandi esempi di clamore mediatico attorno a un caso criminale”. Travolgente e assurdo.
Ma non è finita qui. Ci mancherebbe. Basta citare il caso “Montesi” che suscitò negli anni Cinquanta un casino del diavolo nel nostro paese tra innocentisti e colpevolisti. Complici i giornali di cronaca nera e complice pure la politica, come il lettore avrà occasione di appurare. Si uccide per mille motivi, fra cui possiamo annoverare l’omicidio settario, ricordando la triste “Family” di Charlie Manson che, tra gli altri sfortunati, fa fuori, nella Los Angeles degli anni ’60/70, anche la bellissima attrice Sharon Tate, moglie di Roman Polanski. Aggiungiamoci la psicopatia che ha un certo peso nel togliere di mezzo i nostri simili. Come possiamo appurare al capitolo dodicesimo con la storia di Angelo Izzo a Roma, per renderci conto di quali nefandezze sia capace.
Ogni volta che leggo le gesta di uno sterminatore di vite penso di essere arrivato al culmine, al punto più alto. Sbagliato. Andando avanti si scopre che non esiste limite alle macellerie umane. Come la storia di Ted Bundy che supera di gran lunga le molte già conosciute. Continuando imperterriti nella lettura ne troveremo altre non meno efferate e inquietanti: quella di Ted Caczynski, di Jeffrey Dahmer, di O.J. Simpson, di Maurizio Gucci, di Donato Bilancia, di Gianni Versace, di suor Maria Laura Mainetti. Insomma si uccide per qualsiasi, ributtante scopo, compreso quello su commissione e quello più prettamente ideologico. In tutti i modi e con tutti i mezzi anche facendo saltare in aria, all’occorrenza, le povere vittime come nel caso di Unabomber.
Dunque un incredibile viaggio dalla Rivoluzione francese ai nostri giorni dentro i recessi più nascosti e terribili, nei grovigli inestricabili dell’animo umano. Una storia impressionante di delitti incastonati nel clima del momento, attraverso il ripercorrere delle vicende individuali e sociali. Una lotta serrata fra chi uccide e chi tenta di scoprire il colpevole, avvalendosi delle sempre più moderne tecniche di indagine che si sono evolute nello scorrere del tempo. Vedi, per esempio, la rivoluzione del DNA e la figura del Profiler.
Il pericolo era quello di offrire al lettore un polpettone micidiale e indigesto. Gli autori, invece, hanno saputo sfruttare e padroneggiare una messe incredibile di informazioni tratte da ogni genere di pubblicazione (dalla stampa, ai processi, alla cultura letteraria e cinematografica…) offrendo, seppure dentro un contesto agghiacciante, una lettura “semplice” e spedita, non priva di colpi di scena, come in un classico giallo che si rispetti.
Chapeau!

La lunga notte di Leonardo Gori, TEA 2021.
Roma, 6 settembre 1943, nel casino della guerra. Il bombardamento di qualche mese prima l’ha stremata, dappertutto “strade ingombre di sporcizia e detriti”, persone che frugano tra le macerie delle loro case distrutte, insomma “anime in pena” che vagano “per un inferno polveroso”. E poi oscuramento e coprifuoco a rendere la vita ancor più difficile. In questa drammatica situazione il capitano Bruno Arcieri è reclutato dai nuovi vertici del SIM per una difficile e importante missione segreta. Mettersi in contatto con due emissari degli Alleati che dovrebbero arrivare a breve in incognito nella capitale per organizzare il piano segreto Giant II, ovvero, lo scopriremo in seguito, il lancio di quattro divisioni di paracadutisti in altrettanti aeroporti vicini a Roma nello stesso giorno della dichiarazione dell’armistizio.
Nel frattempo, però, ecco un omicidio proprio nell’alloggio di servizio al terzo piano in zona Prati, dove vive con la fidanzata ebrea Elena Contini nascosta per le leggi razziali. Il morto è Raniero Pardini, il ras locale di Viareggio, venuto per acquistare da Elena il suo villino al mare ed ucciso con una pistola calibro 22, proprio dopo essere uscito dalla porta. Problema serio perchéla donna potrebbe essere accusata dell’omicidio. Il rapporto di Bruno con lei si incrina, la vede reticente e decisa ad andarsene in Svizzera, addirittura nella casa dell’ex fidanzato Vanni con l’aiuto di Lucilla Crepaz, una donna potente che può aiutarla. Dunque la situazione politica e quella personale a rendergli difficile la vita.
Il Nostro, con le sue sigarette Milit, le sue canzoni e le sue letture, invischiato negli orrori della guerra e nei meandri infidi della diplomazia (c’è anche chi vuole fermare l’operazione Giant II), si sente in qualche modo anche lui colpevole e complice dell’attuale situazione, vorrebbe “agire, compiere un gesto qualsiasi che riscattasse se stesso e gli altri”.
Intanto Elena non si trova, è fuggita. Dove? Perché? Si accentua la macerazione di Arcieri in un’atmosfera di per se stessa angosciante. Siamo di fronte a un delitto e a una struggente storia personale dentro una precisa ricostruzione storica dei frenetici avvenimenti che si susseguirono in quei famosi tre giorni destinati a cambiare il destino dell’Italia. Tanto che, accanto a personaggi inventati, si muovono altri perfettamente riconducibili a quel determinato momento. Il quadro politico, diplomatico e ambientale, vedi per esempio Roma stessa, presentato dall’autore, risulta perfettamente credibile e aderente alla realtà del tempo.
Alla fine ritroveremo il colonnello Arcieri a Firenze nel 1970 in compagnia dell’amico ed ex commissario Bordelli al quale racconta la sua esperienza. Ma qui il personaggio principale sarà l’Amore. Una riflessione sull’Amore con tutti i ricordi, i casini, i turbamenti, le sofferenze e le gioie che si porta appresso.
Una bella lettura.

L’angelo della morte di Nicholas Blake, Il Giallo Mondadori 2021.
Lo scrittore Dominic Eyre “è ora che racconti questa storia, anche se non so se mi deciderò mai a pubblicarla”. Una storia iniziata come un idillio, proseguita con i toni di una commedia e terminata in tragedia. Nell’Irlanda occidentale nel 1939 quasi trent’anni prima. Più precisamente a Charlottestown dove si è dovuto fermare per un guasto improvviso alla macchina. Nel bar di un albergo l’incontro fatale con Harriet (Harry) Leeson moglie di Flurry, dagli occhi verdi e i capelli rossastri, che gli dà l’impressione “di una qualche forza della natura o repressa o destinata a essere sprecata”.
Non la faccio lunga. La bella Harry ha messo gli occhi sul nostro scrittore e i due diventeranno amanti infuocati. Poi arrivano dei segnali inquietanti. Qualcuno ha buttato all’aria il cottage da lui affittato, sulla sua macchina da scrivere trova il messaggio “GIRA AL LARGO; SEI STATO AVVISATO” e una sera di giugno, dopo una cavalcata insieme ad Harry, qualcuno gli spara colpendo il suo alto cappello. E non finisce qui perché si ritroverà stordito, legato e imbavagliato dentro la sua auto nella zona paludosa del paese. Salvato da padre Bresnihan che conosce i suoi rapporti con Harry.
Insomma, chi ce l’ha con lui? Insieme al sovrintendente Concannon vengono valutate alcune possibilità fra cui, addirittura, quella di essere ritenuto una spia inglese in un momento particolare della storia, con la guerra alle porte. Dubbi, tormenti, riflessioni, inquietudine instillati soprattutto dal prete che lo ritiene un peccatore fino a quando… fino a quando lui stesso troverà l’amante uccisa in un luogo dei loro incontri. E allora altri dubbi, altri assilli. Chi è l’assassino? Il marito? Il prete che voleva porre fine alla storia? Kevin, il fratello del marito già amante di Harriet? Sua moglie Maire che potrebbe aver scoperto la tresca? O, addirittura, lui stesso?…
La faccenda si complica ancora di più quando il cottage in cui abita prenderà fuoco. Fortunatamente mentre si trova a casa di Flurry, che vuole a tutti i costi scovare l’assassino della moglie. Ma non è finita: il sovrintendente Concannon scopre una lettera firmata dallo stesso Dominic in cui… Meglio fermarci qui.
Gran parte del libro è una continua navigazione nell’animo e nella psiche dello scrittore protagonista, sballottato da una serie incredibile di eventi che lo rendono perplesso nei confronti degli altri e di se stesso, in un momento storico particolare, quando sta per scoppiare la seconda guerra mondiale e ci sono in giro gruppi estremisti dell’IRA. Al centro l’amore, la passione, il sesso, la femme fatale capace di scatenare le reazioni più incredibili.
Per un giudizio complessivo bastano le parole scritte in copertina “Un capolavoro di analisi psicologica”.

L’isola delle ombre di Ngaio Marsh, Il Giallo Mondadori 2021.
“In occasione del suo primo incontro con i Pharamond, al di là dell’accoglienza cordiale, Ricky Alleyn avvertì qualcosa d’inafferrabile, nel modo di fare di quella famiglia. O comunque questa è l’impressione che ebbe”. Si tratta del figlio del noto sovrintendente Roderick Alleyn che si è trasferito, durante le vacanze, su un’isola presso il Canale della Manica per scrivere un romanzo. Più precisamente a Deep Cove, un villaggio di pescatori sulla costa. E ancora più precisamente presso i coniugi Ferrant, che gli hanno messo a disposizione una stanza da letto e un salottino. Nell’incontro con i Pharamond è stato colpito, soprattutto, dalla bellezza della signora Julia “con la pelle di porcellana” che si affaccerà spesso nella sua mente…
Anche altri inquietanti personaggi del luogo lo colpiscono per le loro stranezze, i loro modi di fare e agire. Per esempio la signorina Dulcie Harkness che è rimasta incinta, non sappiamo di chi, e che ritroveremo morta dentro un fossato insieme alla cavalla saura “con la bocca piena di fanghiglia, e gli occhi sbarrati che fissavano il vuoto”. Sembrerebbe un incidente. Ma…
E allora qui ci vuole l’intervento del sovrintendente Roderick Alleyn, già incuriosito da una lunga lettera del figlio sull’accaduto e chiamato a chiarire, proprio sul posto, anche un traffico di droga che sembra coinvolgere Gilbert Ferrant. Lo troveremo abbastanza avanti nel racconto proprio quando Rick ritorna nel suo alloggio dopo una brutta avventura (era stato spinto giù dal molo in acqua senza capire da chi). Insieme all’ispettore Fox, al sergente Plank e alle osservazioni del figlio, cercherà di sbrogliare l’intricata matassa. Intanto anche il pittore Sydney Jones sembra implicato nel giro della droga. E Cuthbert Harkness, zio della morta e proprietario del maneggio, un fanatico religioso de “I Fratelli Illuminati” fissati con il giorno del giudizio, aveva rimproverato e picchiato la ragazza. Qualcosa allora si muove e, dopo un’accurata ispezione sul luogo dell’incidente, emergono certi sospetti e nascono seri dubbi sulla sua casualità. Dunque un delitto? Ma come è stato preparato? E chi ha causato la morte della frenetica amante Dulcie Harkness? Che ci sia di mezzo anche Louis Pharamond, dongiovanni impenitente che se la spassava proprio con lei? Perché a un certo punto sparisce? Traffico di droga e morte della ragazza. C’è un filo rosso che li collega o si tratta di fatti separati? E chi può avercela con Rick? Sta rischiando la vita? Il caso si fa sempre più complesso anche perché i personaggi in giro sono piuttosto particolari e qualcuno sa già chi è l’assassino…
Indagine, riflessione, domande su domande e dubbi che si alternano a momenti di ansia e di pericolo. Un legame stretto padre-figlio a spartirsi la scena con il classico colpo finale.
Per La storia del premio Tedeschi di Vincenzo Vizzini abbiamo i vincitori degli anni 2010/2011 e 2012, ovvero Alex B. Di Giacomo con Punto di rottura; Marzia Musneci con Doppia indagine e Carlo Parri con Il metodo Cardosa.

I Maigret di Marco Bettalli

Il ladro di Maigret del 1966
Inizi marzo: Maigret si gode la primavera precoce sui suoi amati autobus con piattaforma, che gli permettono di non spegnere la pipa (il nostro è un po’ claustrofobico, ha sempre bisogno d’aria e non sopporta la metropolitana che, per essere quasi il simbolo stesso di Parigi, è singolarmente quasi assente dai romanzi del commissario), quando, inopinatamente, viene derubato del portafoglio da un giovane che se la fugge a gambe levate. Il portafoglio gli verrà recapitato quasi subito, persino con i soldi che c’erano dentro, in una busta. In realtà scopriremo che il finto furto era stato messo in scena dal protagonista (e colpevole) François Ricain, per sviare dalla sua persona i sospetti per la morte della moglie, avvenuta nella notte a colpi di pistola. Il tutto è un pretesto per introdurre Maigret in un mondo, ancora una volta, a lui antitetico: giovani squattrinati e scoperecci (la defunta, per esempio, era andata a letto, pur regolarmente sposata, letteralmente con tutti i personaggi del romanzo), in cerca di fortuna nel cinema, produttori cinici e compagnia bella, in un quadretto un po’ stereotipato e non del tutto convincente. Non uno dei migliori Maigret, anche se non privo di qualche momento piacevole.

Spunti di lettura della nostra Patrizia Debicke (la Debicche)

Il liceo di Alessandro Berselli, Elliot Edizioni 2021.
Il prof. Lorenzo Padovani è il ventisettenne bravo ragazzo, virgulto della Milano bene, dotato di un inoppugnabile curriculum accademico che farebbe presagire per lui un luminoso futuro.
Ragion per cui in questa era, spesso e a ragione condannata come l’era dei bamboccioni, è il primo ad essere consapevole del suo attuale successo. Ovverosia l’aver raggiunto, con lo stratosferico punteggio di 99/100, a meno di trent’anni e al primo colpo, l’incarico come docente nel prestigioso Liceo privato Modigliani, il gotha dell’istruzione secondaria di secondo grado, la scuola privata che forma l’élite della futura classe dirigente italiana. Padovani sa bene che questo suo mandato, una cattedra di Storia e Filosofia, può rappresentare un ottimo punto di partenza. E di arrivo, se sogna per il futuro di andarsi a piazzare «tra i predestinati ad avere il meglio».
Il romanzo si apre nel minimalista e lussuoso studio del preside Minnelli, gentile ma pignolo, nell’avveniristica sede che ospita il Liceo Modigliani da cui si gode la spettacolare vista su Piazza Gae Aulenti. Siamo al momento formale delle presentazioni in cui Padovani, oltre ad essere edotto dal preside che, vista l’eccellenza del liceo, il corpo docenti è tenuto a rispettare regole rigidissime (in grado di garantire risultati straordinari tra gli allievi, tra i quali figurano figli di gente “che conta”, tipo ministri, che paga e pretende il meglio), verrà anche informato che il suo ingaggio comprende anche un alloggio, un miniappartamento ben accessoriato con bagno e cucinotto al piano superiore dell’edificio principale. Il Modigliani infatti è un modernissimo campus all’interno del nuovo Centro direzionale progettato dall’archistar svedese Egon Jacobsson. Un’indubbia affermazione per Lorenzo e  il suo iniziale entusiasmo non verrà smontato neppure dal successivo incontro con il suo ex insegnante rompiscatole e comunista.
Eppure, dietro la sfolgorante facciata del Modigliani, non tutto è come sembra. Tutto il contesto, umano e scolastico, dipende dal beneplacito dei finanziatori, quindi non sono ammesse né ascoltate giuste osservazioni o contestazioni che travalichino il servilismo. Gli insegnanti, per la maggior parte arrivisti patentati, devono appoggiare ogni direttiva che viene dall’alto. Un’atmosfera molto comune ai giorni nostri che spesso provoca rivalsa e meriterebbe tante riflessioni… e invece ora dobbiamo tornare al libro.
Dove  infatti leggerete come, con un colpo di bacchetta magica manovrata da una strega cattiva, la trama de  Il liceo si trasformi da un momento all’altro in tutt’altra storia.  Una storia dominata da egoismi e ambiguità, ammantata da forti toni giallo noir ai quali  l’autore mischia con indubbia abilità  un delicato legame d’amore.
Il suicidio di una studentessa,  Anastasija  Smirnov, che in qualche modo aveva invocato l’aiuto di Padovani, in un certo senso sarà la scintilla che farà esplodere una situazione impossibile. La ragazza, appena diciottenne e di origine  russa, studentessa modello per voti e risultati scolastici, godeva di una borsa di studio. Sua madre,  donna single, lavorava in una officina tessile. Forse anche per questa ragione Anastasija,  insicura e troppo spesso in contrasto con i compagni  e vittima delle loro  angherie, potrebbe essersi buttata dalla finestra?  La sua tragica decisione sarebbe la conseguenza di un fortissimo disagio adolescenziale?
Questa sarà l’ipotesi e la spiegazione ufficiale offerta dalla direzione del Liceo alla polizia.  Ma è una spiegazione che a Padovani  non torna, perché  presenta  troppe  zone d’ombra, tante da costringerlo, in preda a un vero conflitto di coscienza, a mettere in gioco persino il suo posto di lavoro.  Un’indagine pericolosa, in tutti i sensi, per Padovani,  nonostante il prezioso aiuto  della sorella,  in stretto contatto con tecnici della polizia che le hanno fornito preziose informazioni, e di una  professoressa sua collega.
Alessandro Berselli ci regala nelle pagine  de Il liceo, romanzo che ha avuto una lunghissima  gestazione (iniziata prima del Covid e perfezionata durante il lockdown del 2020),  l’indubbio  piacere di ascoltare musica a gogò mentre  ci offre  un bel ripasso sulla nuova Milano da frequentare, a partire dai Navigli dove impazza ovunque la Milano da bere anni 80 riveduta e corretta. Insomma, tra locali e Spa di lusso ci si tratta alla grande e si beve quasi sempre molto bene. Trascurando  i cocktail, che potrebbero  trarre in inganno, preferisco parlare di vino, anzi di vino di qualità  e quindi citerò  un Franciacorta Satèn dal retrogusto minerale che però non convince appieno, passando  a un ottimo Gavi per poi assaporare religiosamente un Engelgarten Alsaziano.

Mente oscura di Pierluigi Porazzi, La Corte 2021
Un uomo è sdraiato in un letto di ospedale, ha una gamba in trazione, un braccio fasciato e il volto completamente nascosto dalle bende. Ma la sua mente è angosciosamente vuota. Non sa come si chiama, perché si trova là e ignora persino che giorno sia e addirittura in quale stagione dell’anno. Ma tutto è un insondabile mistero. Alla sua convulsa ricerca di aiuto, attaccandosi al campanello, comparirà un’infermiera che gli spiegherà gentilmente che si trova in una costosa clinica privata, dopo essere stato ricoverato e operato dal dottor Zecchi, un affermato neurochirurgo locale, a seguito di uno spaventoso incidente automobilistico. È precipitato in un burrone con la macchina. Ma lui non se ne ricorda.
Sarà proprio Zecchi a fornirgli tutti i particolari di quell’incidente che gli è quasi costato la vita e a dirgli il suo nome: si chiama Max Martini, è un uomo molto ricco, ultraquarantenne, alla testa di una grossa e famosa azienda locale con diramazioni internazionali. È divorziato, ha una figlia di vent’anni ed è fidanzato, con in programma un secondo matrimonio, con una giovane e bella dipendente.
Alle domande riguardo alla sua totale amnesia, gli garantisce che non ha riportato permanenti lesioni cerebrali. Sicuramente si tratta di una temporanea ma non grave perdita di memoria dovuta al trauma dell’incidente, presto tutti i ricordi torneranno. E invece… anche in seguito Martini non riconosce nessuna delle persone che gli dovrebbero essere note e, nonostante le rassicurazioni del medico, il passare dei giorni e i continui tentativi di ricostruire il suo passato, la sua mente resta come una lavagna nera sulla quale è stato cancellato tutto.
Primo di tutti: chi è e cosa è o era veramente Max Morini? Alcuni contatti e fatti precisi gli hanno già fatto capire che non può e non deve fidarsi. Di nessuno, probabilmente. E per di più, non avendo certezze, non sa cosa cercare né cosa riuscirà a trovare. Cosa sta accadendo ed è accaduto a sua insaputa?
Mente oscura è un sottile e ben calibrato thriller psicologico in cui l’autore trasporta il lettore in un nero tour di paura servendosi dell’eccezionale ambientazione offerta dal Friuli Venezia Giulia. La perdita di memoria, torpida macchia nera che pare aver divorato il passato, costringerà Max Martini a fermarsi, a riflettere e fare i conti con se stesso e magari a riscoprire qualcosa di doloroso. In che misura le esperienze fatte riescono a trasformarci in ciò che siamo?
Un romanzo che, fino alle ultime pagine e alla non scontata conclusione, vi impegnerà in una travolgente e imprevedibile serie di colpi di scena. Un coinvolgente classico del classico del genere che mi ha richiamato certe sottili trame intessute dal grande Alfred Hitchcock.
Con un impianto narrativo azzeccato, una scrittura veloce, incalzante, spettacolare e una ben dosata suspense che incolla il lettore alle pagine, Porazzi ci regala un libro davvero raffinato.

Le letture di Jessica

Cari bambini,
oggi vi presento Fiabe illustrate, Edizioni Usborne 2013.
Si tratta di ben dieci fiabe: La Bella addormentata, L’usignolo dell’imperatore, La Bella e la Bestia, Il pittore di draghi, Il principe ranocchio, Gli elfi e il calzolaio, Cappuccetto Rosso, Cenerentola, I cigni selvatici e Gli abiti nuovi dell’imperatore.
Fra tutte queste mi è piaciuta di più Cenerentola. Per esempio quando arriva la fatina e le crea un fantastico vestito da sera. Quindi può andare al ballo del principe e ballare con lui che si innamora. Dopo aver ballato si accorge che è quasi mezzanotte e deve correre in fretta a casa. Mentre scende dalle scale perde un scarpetta, il principe prova a starle dietro ma non ci riesce. Per ritrovarla fa provare la scarpetta a tutte le ragazze del paese e poi la sposa. Alla faccia della matrigna e delle cattive sorellastre che la maltrattavano!
Anche tutte le altre fiabe sono molto belle. Come L’usignolo dell’imperatore che non conoscevo dove si esalta la libertà di un bellissimo usignolo.
Leggete il libro!

Un saluto da Fabio, Jonathan e Jessica Lotti

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