Lo strano caso del missionario scomparso – Shanmei

Shanmei
Lo strano caso del missionario scomparso
Amazon, 2021
Recensione di Patrizia Debicke

Dopo Delitto a bordo del Giava torna il tenente Luigi Bianchi, ufficiale piemontese reduce dell’Africa, inquadrato nella Missione Internazionale destinata alla Cina per sedare definitivamente la Rivolta dei Boxer e partito da Napoli il 19 giugno 1900.
Dopo una breve sosta a Singapore, il piroscafo Giava, di concerto con le unità gemelle Minghetti e Singapore, carrette del mare anche loro destinate al trasporto di uomini e derrate militari della spedizione italiana, con la scorta armata della Stromboli, il 29 agosto del 1900 ha finalmente raggiunto la rada di Taku, dopo quarantadue lunghi, difficili e pericolosi giorni di navigazione.
Il tenente Luigi Bianchi è giunto a destinazione, ma quello che trova al suo sbarco sarà molto diverso da quanto immaginava. Le Legazioni di Pechino sono già state liberate. Dal quel momento, costretto ad abbandonare le illusioni di farsi valere in imprese eroiche, nel suo viaggio verso l’interno dovrà far fronte a una realtà che contempla uno scenario di carestia, devastazione e morte: villaggi incendiati, ovunque tracce di saccheggi, e l’orrendo, insopportabile fetore che sovrasta ogni cosa per il corpi insepolti di uomini, donne, vecchi e bambini cinesi. Nel silenzio irreale di questo angoscioso e spettrale panorama, gli italiani avanzeranno prima risalendo il fiume Pei ho, fino a Tong- ku, per poi proseguire in treno verso Tient-sin e arrivare a quanto resta di una missione cristiana attaccata e data alle fiamme dai Boxer. Il contingente italiano agli ordini di Bianchi, coadiuvato dall’ufficiale medico Valente e da un bravo cinese convertito come guida e interprete, fermatosi per prestare soccorso e aiutare a seppellire i morti, verrà informato della scomparsa dello stimato religioso italiano lazzarista padre Paolo De Michelis, responsabile della Missione. Secondo alcuni testimoni il religioso sarebbe stato rapito dai Boxer… Secondo altri invece li avrebbe seguiti volontariamente… Ma il ritrovamento del suo diario con frasi difficili da interpretare alimenta i sospetti. Quale sarà la verità? L’evidente contraddittorietà delle versioni date dai presenti dice infatti che c’è qualcosa di molto strano in quella scomparsa. Così strano, misterioso e dubbio da far promettere formalmente da Bianchi alla loro guida e interprete, vecchio allievo del missionario, di indagare per scoprire di più. Ma non sarà facile e per farlo dovrà barcamenarsi con i peggiori istinti, l’umana cupidigia affrontando anche rischi mortali…
Un mystery storico nella Cina del primo ‘900, quando avventura ed esotismo erano i capisaldi dell’orientalismo in voga in quell’epoca. Ma la Cina non celava solo misteri. Un paese sconfinato di cui colpivano le grandi dimensioni, dedito all’agricoltura, ai commerci, alle arti, alla filosofia, alla pittura, un paese etico che aveva come somma aspirazione la pace e la bellezza e una cultura millenaria difficile da comprendere per gli Occidentali. Lo scontro di civiltà era evidente e stridente. Le guerre dell’Oppio avevano dato l’illusione che la Cina fosse debole, indifesa, alla mercé degli invasori, delle loro mire espansionistiche e commerciali… Il regime assolutista imperiale era alla fine. Sacrificare la dinastia Qing faceva parte di un piano… presto ci sarebbe stata la Repubblica e poi la Rivoluzione culturale, politica, sociale che pose le basi della Cina moderna.

[NOTA STORICA. All’inizio di giugno 1900 alcuni reparti dell’esercito italiano, facenti parte del primo corpo di spedizione e già giunti in Cina, avevano preso eroicamente parte alla difesa del quartiere delle legazioni e a quella della Cattedrale Cattolica, il Beitang (la Chiesa del Nord) di Pechino, facendo meritare la Medaglia d’oro al valor militare ai due comandanti, Federico Paolini e Angelo Olivieri.
Il giorno successivo all’attracco della Regia Nave Calabria, era sbarcato un plotone al comando del tenente di vascello Sirianni con il Sottotenente di Vascello Camillo Premoli, un Sottufficiale e 38 marinai, armati con una mitragliatrice Maxim, per andare ad unirsi alla colonna dell’Ammiraglio Seymour diretta a Tiensin. Plotone presto raggiunto da un gruppo di 20 marinai, comandato dal sottotenente di vascello Ermanno Carlotto, medaglia d’oro alla memoria, per prendere parte all’aspra difesa della città. Difesa che consentì alle altre forze occidentali, in fase di raggruppamento, di tener aperta la strada per Pechino. Azioni che erano proseguite con un plotone da sbarco, al comando del tenente di vascello Giambattista Tanca, che aveva partecipato alla presa dei forti di Taku dislocati sulla costa.
Ancorata al largo era rimasta la Forza Navale Oceanica italiana, affidata al contrammiraglio Camillo Candiani, dalla quale si erano potuti prelevare altri uomini per costituire un Battaglione Marinai.
Più di un mese dopo arrivarono infine le forze di terra, definite ufficialmente Regie Truppe Italiane nell’Estremo Oriente: il I battaglione di fanteria, il I Bersaglieri, una batteria d’artiglieria da montagna, un plotone cavalleggeri esplorante, una batteria mitragliatrici, un distaccamento misto del Genio, un Ospedaletto da Campo, un drappello di Sussistenza e una sezione Carabinieri Reali, per un totale di 1.965 uomini (83 ufficiali e 1.882 soldati) e 178 sotto il comando del colonnello Garioni. Con questi rinforzi gli effettivi italiani in Cina salirono a 2445, e operarono per un anno, sia nell’entroterra, sia nell’allargamento dell’occupazione sulla costa. E fu a loro infatti che vennero affidate missioni tese a ridurre le ultime resistenze all’interno della Cina. Si ricorda quella del 2 settembre, consistente nell’espugnare i forti di Chan-hai-tuan: incarico particolarmente gravoso, se si considera che già altri reparti vi si erano cimentati invano e, nel frattempo, agli assediati erano giunti due squadroni di cavalleria di rinforzo. Gli italiani potevano contare solo su 470 uomini divisi in tre compagnie, due di bersaglieri e una di marinai. Ciò nondimeno, malgrado la loro inferiorità numerica, il nemico fu costretto a ritirarsi, abbandonando persino le armi. E ci fu anche quella del 2 ottobre in cui conquistarono i forti di Shan Hai Kwan, Pei Ta Ho e Shu Kwan Tao, località costiere per le quali passava la linea ferroviaria da Tientsin alla Manciuria, per poi rientrare alla base dopo aver lasciato a Shan Hai Kwan un distaccamento della Regia Marina. Al termine delle varie felici operazioni, l’Italia ottenne in perpetuo, a decorrere dal 7 giugno 1902. il riconoscimento della Legazione Italiana nel quartiere delle Legazioni a Pechino, con un contingente di truppe a presidio, la concessione italiana di Tientsin (TianJin) di ben 457.800 m², quasi mezzo chilometro quadrato, l’autorizzazione a installare il comando militare a Huang Tsun, a servirsi dei quartieri internazionali di Shangai e Amoy (Xiamen, nel Fujian) e un indennizzo per danni di guerra pari a 10 milioni di lire nel 1901].

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