Maurizio de Giovanni
L’equazione del cuore
Mondadori, 2022
Recensione di Patrizia Debicke
È il 2022 e dal 14 gennaio Procida, Capitale italiana della Cultura per un anno, aprirà come braccia i suoi porticcioli ai visitatori. Sfida faraonica ma affascinante per la più piccola e meno esplorata delle tre “sorelle” del Golfo di Napoli, riservata e discreta ma non meno poetica di Capri e Ischia. Procida, isola del golfo di Napoli del gruppo delle Flegree, affronta il coinvolgimento con uno slogan semplice ed efficace che ha il valore di un manifesto: “La cultura non isola”. L’inaugurazione ufficiale sull’isola, che sarebbe dovuta avvenire il 22 gennaio, a causa della pandemia è stata rinviata a primavera.
Maurizio de Giovanni inserisce Procida, o meglio Solchiaro, la penisola sulla punta meridionale dell’isola da cui si contemplano il borgo medioevale di Terra Murata e la terraferma, in quella storia che avrebbe sempre voluto scrivere, e ne fa lo scrigno dell’anima dei ricordi di uno splendido personaggio: un uomo asciutto, con la barba, più di un metro e novanta di statura, oggi professore di matematica in pensione, vedovo, che vive nel suo speciale mondo fatto di numeri e abitudini regolari. La pesca, i libri che lo circondano.
Lui è Massimo del Gaudio, di carattere introverso e taciturno, la cui unica nota allegra si può rinvenire nel cognome, ma meravigliosamente umano, che sarà costretto a confrontarsi di nuovo con la realtà e tornare a immergersi nell’amore. Ma lui l’amore lo conosce. Quel grande e vero amore che ha provato intensamente, accettando imperturbabile, poco più che ventenne, tutte le rinunce che sua moglie Maddalena meritava. Da un futuro come ricercatore si è piegato a un quotidiano come insegnante e fino alla pensione ha governato equanime le menti dei suoi allievi. Ora è vedovo da dodici anni. Sua moglie era il suo faro, la colonna della casa, tanto che alla sua morte, per superare la perdita, ha chiuso con la terraferma e si è fatto trasferire a insegnare al Liceo di Procida. A Solchiaro, dove avevano comprato una casa di vacanze. Dove, ormai chiuso nella sua abulica fuga dal mondo, poco uso agli affetti ormai lontani, rifugiandosi nel distacco dalla gente e nello studio, è rimasto a vivere. Quando l’unica figlia, Cristina, ragazza solare, ha sposato un ricco imprenditore lombardo, Luca Petrini, ed è andata a vivere con lui in una piccola città della pianura padana, l’unico contatto è costituito da una striminzita telefonata alla settimana, poco più di un saluto, senza neppure lo sforzo di chiedere notizie di Checco, Francesco, il nipote di nove anni al quale ha insegnato a pescare e con il quale ha un rapporto di abitudinaria affezione, molto caro al bambino.
Da anni Massimo vede figlia e nipote solo per una decina di giorni intorno a Ferragosto…
Il professore trascina la sua vita così, crogiolandosi in un’egoistica pigrizia, senza neppure pensare di lanciare un invito natalizio, magari a vuoto ma che trasmetta affetto…
Poi invece… quella telefonata all’alba di fine novembre. E tutto dovrà cambiare.
Una voce femminile dall’altra parte, quella gentile di una signora della Polizia Stradale. Spiega che ha trovato il suo numero nel cellulare di Cristina, che c’è stato un gravissimo incidente stradale, uno scontro frontale con una camion e Cristina e suo marito sono morti…
Mentre sta ancora parlando al telefono si è già impadronito dell’orario dei traghetti per Napoli, subito dopo ha trovato una sacca e ha cominciato a riempirla, e di seguito, quasi come un robot, l’imbarco al traghetto, la traversata, il taxi, la stazione, la fila per il biglietto e infine sul treno. All’arrivo a destinazione mancano cinque ore e venti minuti.
Alla stazione verrà accolto da un uomo che tiene alto un cartello con il suo nome. Fuori in macchina lo aspetta Marcello Pancaldi, il vicepresidente del gruppo Petrini, e la brutta notizia che anche il bambino, Checco, era in macchina con i genitori. È vivo ma in gravissime condizioni, ha subito un trauma cranico e fratture multiple ed è ricoverato nell’ospedale all’avanguardia della cittadina, creato dal suo bisnonno. L’ospedale sarà la prima tappa di Massimo, ma il bambino ha avuto un improvviso peggioramento ed è in sala operatoria, sotto i ferri per rimuovere un ematoma di vaste dimensioni dovuto a un’imponente emorragia subdurale. L’operazione, complessa e rischiosa, durerà ore e alla fine sarà difficile diagnosticare se Checco riporterà danni cerebrali permanenti. Intanto dovrà essere mantenuto in coma indotto e ricoverato in terapia intensiva.
Massimo del Gaudio sa che ora dovrà accollarsi tutti i suoi doveri. Dopo il funerale di figlia e genero, non potrà ignorare le responsabilità della famiglia Petrini che ormai gravano su di lui. Non potrà certo abbandonare il nipote e tornare nella sua isola. Non potrà farlo anche per l’aggressiva presenza di Alba, la tata di Checco fin dalla nascita, forte donna dell’Est, figura materna che, proteggendo il cucciolo come una belva, arriva persino ad accusarlo ma poi, facendogli carico del pesante fardello di dolore che la schiaccia, lo coinvolgerà.
Lei e i sanitari sollecitano la presenza del nonno al fianco del piccolo in coma. Per non parlare del consiglio amministrativo della Petrini SpA, il pilastro imprenditoriale che dà lavoro a tutta la città, in trepida attesa di un punto fermo, di indicazioni decisionali. E dietro Checco, unico erede della famiglia, c’è solo il professor del Gaudio, l’unico parente e tutore del nipote, potenziale erede dell’importante impresa della città, dalla quale dipendono le sorti di tante famiglie. E tutti pressano: i soci, i dipendenti anche di alto livello, e i conoscenti, gli amici, i beneficati.
Quando il professore esce dall’ospedale per rifugiarsi nel suo alberghetto, che ha voluto poco lontano dalla stazione e dall’ospedale, sente di essere il corpo estraneo da additare. Tutta la città lo guarda e aspetta con il fiato sospeso.
Le parole del vecchio tutore dell’ordine, sussurrate dopo il funerale, lo costringeranno a incontrarlo e poi a impegnarsi per alzare la cortina di soffusa foschia che aleggia intorno a quel mortale incidente. Potrebbe celare qualcosa di poco chiaro? In quanto buio il professore dovrà scavare?
Una storia circonfusa di mistero che, insinuando inquietudine, narra di sentimenti giusti, sbagliati, intensi e incompresi.
Ma, per affrontare l’insopprimibile angoscia dell’attesa, non rimane che pazientare. E, con i medici che chiedono il suo aiuto e la sua presenza per riportare il nipote alla vita, dovrà provare a spiegargli la “sua” amata matematica, la fascinosa armonia dei numeri e dei sistemi. Sistemi come quello loro, tra nonno e nipote, trasformato dall’amore in un unico indissolubile sistema o in un’equazione del cuore, con la speranza che Checco, il pesciolino del nonno, possa abboccare all’esca della vita.
Maurizio de Giovanni è nato a Napoli nel 1958. È autore della serie del “Commissario Ricciardi”, dei “Bastardi di Pizzofalcone” e di “Mina Settembre”, pubblicate da Einaudi Stile Libero, e della serie “Sara”, pubblicata da Rizzoli. Dai suoi romanzi, sempre in vetta alle classifiche, sono state tratte fortunate fiction televisive. Molto legato alla squadra di calcio della sua città, di cui è visceralmente tifoso, de Giovanni ha scritto anche opere teatrali. I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo.
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