Paola Sironi
I giorni dell’illusione
Todaro, 2022
Recensione di Patrizia Debicke
Bentornata alla squadra “Desbrujà rugne” della Questura di Milano, all’opera nell’estate del 2020, nel breve intervallo di semilibertà concesso ai milanesi dal perfido Covid 19.
Nuova indagine ma stessa protagonista: Annalisa Consolati, ispettore di Polizia divisa tra il lavoro e la tutela del padre Patrizio, colpito da parafrenia senile dopo la morte della moglie. Una sindrome che gli fa alternare momenti di paciosa e serena realtà ad altri di agitazione logorroica, nella spasmodica ricerca di un lieto fine consolatorio anche alle più tragiche trame narrative, storiche o cinematografiche. Caratteristica che gli ha valso il soprannome “il continuatore di storie”. Un vero fardello per la figlia, che non le impedisce però di convivere felicemente, in zona Niguarda, con la compagna Minerva, sempre equilibrata e rilassante, figlia di ricchi produttori di cinepanettoni che alle tradizioni e al patrimonio familiare preferisce la professione di restauratrice di mobili antichi.
Ed è stato proprio il padre, personaggio che piace molto ai lettori, il motivo principale del trasferimento di Annalisa dalla squadra Omicidi alla sezione Problem solving o “Desbrujà rugne” della Questura di Milano, guidata dal gigantesco e pragmatico commissario Elia Mastrosimone. La squadra dell’ispettore Annalisa Consolati, oltre al capo sopra citato, è composta da due colleghi ispettori come lei: la vivace e disinvolta Caterina Cederna e Vilnev Rosaspina, così iscritto all’anagrafe dal padre – sfegatato tifoso del pilota canadese Villeneuve ma ignaro della corretta grafia del suo nome – dopo la morte del suo idolo. Vilnev, un diavolo al computer, sempre calmo nella vita e nelle decisioni, quando però si mette al volante e accende la sirena si trasforma nell’emulo del suo quasi omonimo.
Ma, finite le presentazioni, torniamo a I giorni dell’illusione.
Siamo nell’estate del 2020 e Caterina Cederna, l’avvenente ispettore dai capelli platinati e dalle forme provocanti, oggetto del desiderio sessuale di una larga schiera di maschi fisicamente meglio attrezzati del suo attuale accompagnatore ma incuriosita da un eccitante tuffo nel macabro, ha accettato l’invito del rachitico dottorino Fausto De Rovere a visitare la cripta dello Spedale di Poveri, detto Ca’ Granda, una sconosciuta cripta milanese sotterranea piena di scheletri del XVII secolo. Per far colpo su di lei, poi, il dottor De Rovere, detto Wikirovere per la sua ben nota logorrea, ha addirittura organizzato un appuntamento semigalante preceduto da fastosa cena a base di caviale, rivelatasi di una noia mortale. Ma Caterina aveva persino sperato in un possibile riscatto quando, dal corridoio dell’antico nosocomio di via Sforza, dopo aver staccato l’allarme e aperto una pesante porta di ferro, Fausto De Rovere l’aveva fatta scendere nei sotterranei…
Oltre alle centinaia di scheletri fine Seicento, i sotterranei ospitano anche i resti di caduti dei moti milanesi e gli scheletri della Seconda Guerra Mondiale. Un bel mucchietto di ossa che il verboso e colto De Rovere ha avuto modo di esplorare come membro del progetto Labanof. La chicca macabra che intende offrire alla sua bella accompagnatrice è celata da alcuni tombini non ancora esplorati… E sarà proprio là sotto, tra polvere e calcinacci, che salterà fuori il corpo, ormai lo scheletro, di un uomo.
In un lampo la cripta diventa la scena di un crimine.
A scoprire quello scheletro è stata proprio l’ispettore Caterina Cederna che, arrabbiata per l’assurda situazione creatasi, ha afferrato un pala per sfogarsi scavando. E anzi ora è addirittura convinta che De Rovere l’abbia portata là per eliminare anche lei. Così lo blocca subito ammanettandolo, mentre lui, pur continuando a negare energicamente ogni coinvolgimento, crede di riconoscere l’orologio che lo scheletro ha al polso. Un raro esemplare di Iota Megawatch AC Mila, identico a quello di un suo amico, scomparso otto anni prima dopo aver portato a termine una truffa milionaria ai danni dei suoi clienti.
Il ritrovamento dello scheletro aprirà un caso di omicidio e la squadra di Caterina dovrà mettersi all’opera, nonostante il prossimo matrimonio di Annalisa Consolati con Minerva. Una cerimonia intima: loro due, la famiglia, con l’onnipresente padre Patrizio che all’idea non fa una piega.
L’intera squadra, capitanata da Elia Mastrosimone, dovrà indagare su fatti, avvenimenti e tradimenti che risalgono a ben otto anni prima. Ci sono tracce, indizi… Ma sono da seguire o rischiano di portare fuori strada? Forse oltre che ai fatti, magari di difficile comprensione, qualche volta è meglio dare ascolto alle sensazioni, all’istinto dei protagonisti.
Un puzzle che parrebbe destinato a restare un mistero, addirittura legato a una profezia.
Romanzo denso di humour che riesce ad affrontare con leggerezza ogni lato della situazione, una storia piacevole seguita da una bella e speranzosa estate, che però non manterrà le sue promesse. Tornerà l’autunno, e a novembre ci si dovrà rassegnare alla consapevolezza di aver vissuto una falsa partenza. E accettare un triste passato che si ripresentava, ma mantenendo l’illusione che alla fine tutto potrà risolversi per il meglio.
Paola Sironi, nata nel 1966 a Milano, vive nell’hinterland milanese e attualmente è analista funzionale presso una società di credito. Ha pubblicato tre libri con Todaro Editore: “Bevo grappa” (2010), “Nevica ancora” (2011), “Il primo a uccidere” (2013), e uno con Eclissi Editrice “Gelati dagli sconosciuti” (2016), romanzi seriali che hanno come protagonisti i quattro fratelli Malesani. Nel 2018 ha pubblicato “Donne che odiano i fiori”, primo romanzo della serie dedicata alla squadra “Desbrujà rugne” della Questura di Milano. È inoltre autrice della commedia teatrale “La staffetta perenne”, rappresentata nel 2017.
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