Il guardiano di Massimo Lugli: tra casi di cronaca e arti marziali

Posai la penna, scoraggiato. Le arti marziali, per tradizione, si dividono in quattro grandi filoni a seconda dello scopo della pratica: scontro di strada e autodifesa, corpo e salute, meditazione e energia interna, coreografia e bellezza artistica, ma sono confini labili, indistinti. Ogni disciplina vanta la maggiore efficacia, la tradizione più nobile, i risultati più rapidi.

Il 28 febbraio si è chiuso alla MelBookstore di Roma un ciclo di quattro presentazioni di cui ho parlato altrove. L’ultima, per me, è stata invece la prima del romanzo Il guardiano (Newton Compton), di Massimo Lugli.
Cronista di Repubblica, e prima ancora di Paese Sera, Massimo ha inventato Marco Corvino, un personaggio che è il suo alter ego e che è già comparso in Il carezzevole e L’adepto (entrambi in odore di imminente trasposizione cinematografica).
In questo terzo romanzo Corvino è alle prese con un cadavere smembrato (anzi, “depezzato”: abbiamo deciso di sdoganare il termine tecnico in sede di presentazione), con le solite beghe redazionali e con una situazione familiare che, lungi dall’essere ricomposta, si trascina in un pericoloso stato di tregua armata.
L’indagine ufficiale, alla quale partecipa anche una vecchia fiamma di Corvino, va di pari passo con le ricerche del cronista il quale, un po’ per senso etico, un po’ perché le cene consumate a casa sono deprimenti, inizia a cercare una verità diversa da quella inizialmente sbandierata sulle prime pagine. Si imbatte così in una leggenda metropolitana, quella della scuola di arti marziali “Senza Nome”.
Marco Corvino, nonostante l’ironia di certe pagine, conferma la sua fama di uomo triste, a tratti sopraffatto dagli eventi, complessivamente a disagio in un mondo nel quale non si riconosce più. Le pagine finali, di una malinconia disarmante, fanno comunque presagire un seguito.

Durante la presentazione Massimo Lugli ha raccontato qualche aneddoto della sua lunga carriera da cronista di nera e commentato con il pubblico presente a proposito dei cambiamenti che la tecnologia ha portato a questo mestiere. Dalla figura del cronista di strada, che si muoveva con disinvoltura accanto ai cadaveri e parlava con gli investigatori, si è passati ora al cronista di internet, costretto a reperire le notizie dalla Rete e tenuto a distanza dalla scena del crimine per non inquinarla.
Un mestiere che comunque rimane un’affascinante miniera di storie da raccontare, per chi abbia voglia di ascoltarle.

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