Ringraziamento
Un sentito “grazie” al mio nipotino Jonny (Jonathan) proprio glielo devo. Per l’impegno con il quale porta avanti la sua rubrica in questo blog. Aiutato, naturalmente, dai consigli del sottoscritto. Importante è leggere, leggere sui libri e non solo sui moderni aggeggi del momento. Leggere sui libri e scrivere. Scrivere con gioia e libertà senza paura di sbagliare. Scrivere, cancellare e riscrivere fino a trovare la stesura che ci convinca. Semplice e chiara. Ergo, un invito a tutti i nonni del mondo. Fate leggere (i libri!) e scrivere i vostri nipotini! (Un ringraziamento a Jonny, che abbassa notevolmente l’età media del folto gruppo di collaboratori del blog, anche da parte mia. A.)
La misura dell’uomo di Marco Malvaldi, Giunti 2019.
Me lo sono fatto regalare dalla mia figlia Claudia per Natale (a Riccardo ho chiesto Da molto lontano di Roberto Costantini). Giudizi contrastanti in internet. Da 5 stelle a 1. Succede sempre così. Quando uno scrittore passa a un tipo di narrazione diversa dalle precedenti “sconvolge” un po’ gli abituali lettori.
Qua siamo nella Milano del 1493 alla corte di Ludovico il Moro. Siamo, cioè, in quel nutrito gruppo di gialli storici in cui gli autori italiani hanno dimostrato da tempo la loro bella competenza. Il momento è particolarmente complesso e interessante: “Firenze è ancora in lutto per la morte di Lorenzo il Magnifico. Le caravelle di Colombo hanno dischiuso gli orizzonti del Nuovo Mondo”, Carlo VIII ha mandato proprio a Milano due ambasciatori per avere sostegno nella guerra contro gli Aragonesi e per controllare Leonardo da Vinci che sta progettando cose inaudite.
Parte storica ok, sia per il quadro complessivo che per l’uso di un linguaggio agile, aperto, ricco di humour, una specie di alta “chiacchierata” con il lettore come con un vecchio amico, espressa attraverso una miscela di garbo e sapienza. Il Malvaldone si diverte da pazzi a infilarsi tra un discorso e l’altro dei personaggi, offrendo uno spunto ironico sulla persona che parla o su certe caratteristiche peculiari della società del tempo. Rivolgendosi, talvolta, allo stesso lettore per dire ma guarda un po’ a cosa credevano questi uomini del Quattrocento!
E di personaggi ce ne sono a iosa. A partire dal citato, mitico Leonardo da Vinci che si trova proprio a Milano al servizio di Ludovico Maria Sforza detto il Moro. Ritratto in tutte le possibili sfaccettature, a partire dall’aspetto fino alle sue molteplici, geniali attività. È lì con la madre Caterina e un garzone soprattutto per portare a termine un colossale monumento equestre dedicato a Francesco Sforza, padre di Ludovico. Mentre è intento, dicevo, a svolgere mille altre attività tra le quali una certo non prevista: quella di abile investigatore.
Il morto arriva a pagina settantotto all’interno del castello nel cortile “noto come Palazzo delle armi” e non si sa bene, all’inizio, di che accidente sia defunto. Forse addirittura a causa di quella, ovvero della peste che mette paura solo a nominarla. Comunque dall’esterno sembra proprio “una malattia che non si è mai vista”. Urge qualcuno che dia uno sguardo anche all’interno di quel corpo e chi, meglio del nostro Leonardo? Soffocamento è la sua diagnosi, un soffocamento particolare che non lascia segni di fuori. Trattasi di un falsario che aveva chiesto udienza al duca il giorno prima. Perché ucciderlo? Perché lasciarlo proprio in quel luogo? Quale messaggio può rappresentare?…
Squarci sulla città di Milano manifatturiera per eccellenza, la musica, le spie, il denaro, la banca, le lettere di credito, il metallo trasformato in oro, i cannoni, le gabelle, la tassa sul sale, le donne e gli uomini, tradimenti amorosi, discussioni su Dio e noi, personaggi che entrano ed escono dalle pagine con le loro concrete caratteristiche, il mistero del delitto che, pian piano, viene svelato. Insomma realtà storica e invenzione a braccetto come due spensierati compagni di viaggio.
Cambio di prospettiva, sottolineavo all’inizio, ma il Malvaldi del “BarLume” rimane sempre lo stesso anche in un campo ben diverso dal solito. Documentato sì, e allo stesso tempo agile, sicuro, veloce, ironico e autoironico. Come dimostra il finale dove si prende candidamente in giro. Un gradevole ripasso della nostra storia con delitto incorporato. Anche se la parte “gialla” lascia un po’ a desiderare.
L’enigma di Angel Court di Anne Perry, Mondadori 2019.
Un incarico speciale per il sovrintendente Thomas Pitt, ovvero controllare che non succeda niente di male alla “santona” Sofia Delacruz, tempestata di minacce, durante una sua visita a Londra, dalla Spagna, con i suoi seguaci. Una donna che colpisce subito Thomas durante il loro incontro: capelli neri tirati all’indietro, un volto straordinario, bella “in modo a un tempo tenero e selvaggio”, intelligente e ironica con movenze “incredibilmente aggraziate”. La sua dottrina? In sintesi che gli uomini e Dio sono la stessa cosa, come lo sono il bruco e la farfalla e “non c’è gerarchia se non quella imposta dalla capacità di amare senza riserve”, attirandosi le contestazioni e le ire di molti. Fino a quando sparisce insieme ad altre due seguaci che la accompagnano. Precisamente ad Angel Court, un antico cortile dove campeggia la sinistra figura di un angelo dalle ali gigantesche. La faccenda si complica quando vengono ritrovati i corpi barbaramente uccisi delle due accompagnatrici.
Ma chi c’è dietro alla sparizione di Sofia? Qualcuno dei suoi adepti o, addirittura, stando a quello che le è successo in Spagna, gli anarchici di quel paese? E perché è venuta a Londra? Con quale scopo?… Subito al lavoro il nostro Thomas per cercare di capire, attraverso chi l’ha conosciuta (e sono molti), il personaggio che tanto attrae in quel momento, le ragioni della sua scomparsa e quella dei due omicidi. Un caso ampliato dai giornali che preoccupa pure le alte sfere in un mondo traboccante di incertezza anche nei riguardi della fede ormai corrispondente “alla crescita anarchica sociale nella politica di tutt’Europa”. Un caso fonte di dubbi e discussioni perfino all’interno della sua famiglia composta dalla moglie e due figli.
Piano piano, attraverso una indagine serrata di Pitt e dei suoi agenti, il quadro della vita di Sofia si fa più completo, si scoprono fatti personali interessanti legati alla sua permanenza in Spagna. Ed ecco arrivare al nostro sovrintendente una lettera anonima con la quale si chiede…
Vicenda complessa ambientata in un momento storico particolare di contrasti bellicosi fra gli stati, che potrebbe mettere addirittura in pericolo la sicurezza stessa dell’Inghilterra. Per tale motivo servirà anche l’aiuto di un membro della Camera dei Lord e di sua moglie. Insomma interessi nazionali e personali che si intrecciano fra di loro con finale movimentato, atmosfera tesa ed irta di pericoli.
Per La storia del giallo Mondadori abbiamo I Libri Gialli 1929/1941 di Mauro Boncompagni. Un excursus formidabile. Non perdetelo!
Delitti al museo di AA. VV., Mondadori 2019.
Mann-Hunter di Romano De Marco
Napoli, 29 agosto 2018. Una bella coppia: il colonnello Salvatore “Sacha” De Rosa e la fidanzata Ludovica Mazzotta di Milano, insegnante di storia dell’arte. In visita al museo archeologico nazionale. Colpo d’arma da fuoco e urla assordanti. Un uomo ucciso, ovvero Rudolph Schenker di Berlino. Caccia all’assassino con l’aiuto del Vicequestore Esposito. Tutto si concluderà nella sala numismatica. Bello il museo ma la pizza è sempre la pizza. Parola di Salvatore. Movimento, sorriso e ironia.
Il fauno di cenere di Stefano Di Marino
Qui ritroviamo un personaggio caro allo scrittore e ai lettori, ovvero Sebastiano “Bas” Salieri, ricercatore dell’occulto. Chiamato a Napoli da un suo amico per una questione delicata e ritrovato morto sgozzato nella sua villa, ovvero all’interno di una sorta di cripta “rifugio delle passioni segrete” del medesimo e di sua moglie che viene accusata dell’omicidio. Indagine affascinante e brividosa (con il contributo telefonico dell’assistente Zaira) tra riti sacrificali, sesso bizzarro, passaggi segreti e una importante statuetta bruciata. Ma ciò che sembra non è.
L’odore del disprezzo di Andrea Franco
Napoli 1846. Subito l’odore del disprezzo che emana dall’uomo che si autoaccusa dell’omicidio. È ciò che “sente” monsignore Attilio Verzi dotato di questa particolare “dono”. Un assassinio avvenuto al museo archeologico della città con un grosso pugnale risalente al I secolo dopo Cristo. Tutto sembra facile. Troppo facile. Il colpevole c’è già. Ma per Attilio Verzi qualcosa non quadra… Un viaggio all’interno dell’uomo e sul senso della vita.
La tazza del re di Antonio Fusco
Napoli 1994. Strano, proprio strano che un uomo abbia passato la notte al Museo nella stanza dove è esposta la Tazza Farnese, uno dei pezzi più pregiati. Senza aver fatto nulla, senza aver rubato nulla. Così, solo per avere la possibilità di godersi, beato, la vista di quelle bellezze. Caso interessante per il commissario Tommaso Casabona e l’ispettore Giovanni Luongo. Che c’entri di mezzo la sfortuna?…
Omicidio alla sezione egizia di Luigi Ricciardi
Sole, mare, insieme a ricordi dolorosi per il commissario Cataldo. Ma c’è un omicidio che lo aspetta al museo archeologico. Ovvero il corpo senza vita del dottor Cassani che stava preparando proprio lì un catalogo di tutti i reperti della sezione egizia. Rubati due shabii o ushabii, statuette funerarie a forma di mummia della collezione Borgia. Niente segni di scasso alla porta. Ma non è finita. Segue un altro omicidio e le statuette mica valgono tanto. Ah, l’amore!…
Dietro la Venere Callipige di Diana Lama
Pensieri. In prima persona. Di una ragazza. Di un ragazzo. Di un violentatore assassino. Lei dipinge, riprende i tratti della statua di Venere che le appare bella, forte, sicura di sé come vorrebbe essere. Ripensa, rimugina su se stessa e sulle sue debolezze. Lui la guarda, la segue, prima o poi capiterà sotto le sue grinfie e allora la farà urlare… Colpo finale a sorpresa. Brividoso.
Le natiche di Venere di Diego Lama
Napoli 1883. Il commissario Veneruso invecchiato e ingrassato. Via al museo, più precisamente al Salone dei Marmi dove pare sia stato ucciso un noto studioso, disteso davanti ad una statua, “pantalone sbottonato e parzialmente calato”, un piccolo taglio sulla schiena in corrispondenza del cuore e una scia di sangue sul pavimento. Tre studiosi, tre possibili indiziati messi sotto torchio. E la statua di Venere Callipige che attira gli sguardi. Soprattutto il suo fondoschiena… Gradevole, simpatico, ironico.
La sacerdotessa venuta dal nulla di Giulio Leoni
Museo archeologico di Napoli 1933. L’architetto Cesare Marni ha un piccolo appalto di ristrutturazione proprio al suddetto museo. Solo che i lavori vengono sospesi pochi giorni prima dell’inaugurazione di una mostra. Perché? Da chi? E perché è stato sostituito pure il Direttore? Alla ricerca della verità con l’aiuto di una bella ragazza che lo vuole più moderno. Occorrerà un morto ammazzato per salvare la grande e magnifica storia dell’italica gente. Addirittura. Il tutto a causa di una statuetta…
Il mistero della lamina orfica di Carlo A. Martigli
“Andrete a Napoli a indagare su una strega”, ordina perentorio papa Leone X al francescano Martino da Barga. Via alla sua ricerca. Pericolosa se molti cercano di dissuaderlo. Scontro frontale davanti a Mnemosine, la strega, che vive dentro un sarcofago protetta da una lamina d’oro dove muore e risorge in un ciclo continuo. Dice lei. Terremoto, perdita dei sensi, risveglio, la lamina sotterrata. Ecco, questa è la storia raccontata da una relatrice del museo durante una conferenza. E la lamina ora è lì. O c’era?… Realtà o illusione? Mah…
Racconti ben miscelati, ognuno con le proprie caratteristiche a rendere più attraente la lettura. Partendo dai personaggi principali, conosciuti, conosciutissimi o meno conosciuti che sfilano ognuno con il suo carattere, con le sue doti e il suo vissuto. Magari previo contrappeso di una “spalla” pronta a metterne in luce le qualità più nascoste e a far sorridere per qualche buffa peculiarità. Realtà spietata e fantasia, crudezza e leggerezza, esterno ed interno dell’uomo, amore e odio, sorriso, ironia, brivido e mistero. Insomma sentimenti variegati che si intrecciano fra loro insieme a movimento, dubbi, rovelli, il classico colpo finale a sorpresa che non ti aspetti. In una Napoli concreta vista in diverse epoche nei suoi molteplici risvolti, che offre lo spunto, con il magnifico Museo, per un incredibile viaggio istruttivo di storia archeologica.
Completa il tutto l’Introduzione di Franco Forte e Diego Lama e un breve excursus al citato più volte Museo di Serena Venditto. Infine terza puntata di Non solo libri gialli di Mauro Boncompagni e In ricordo di Andrea G. Pinketts di Franco Forte, Andrea Carlo Cappi e Stefano Di Marino.
Un giretto tra i miei libri
Lemmy Caution pericolo pubblico di Peter Chemney, Polillo 2011.
Scritto in prima persona e al presente da Lemmy Caution, novanta chili di peso, evaso dal carcere di Oklahoma City per avere ucciso un agente di polizia. Ora si trova a Londra a seguire le tracce della bella e ricca Miranda Van Zelden, erede di un appetitoso patrimonio. Sua idea sposarla e poi beccarsi i quattrini dal padre che vorrà liberarsi di lui dopo avere scoperto che tipo sia. Ma non è il solo ad avere delle mire sul bocconcino prelibato. Dietro alla riccona c’è pure la banda di sequestratori di Ferdie Siegella, dunque con le buone o con le cattive Lemmy deve lavorare per lui, contattarla e portarla ad una festa privata. Qui avverrà il sequestro seguito dalla richiesta di riscatto al padre milionario. Fosse così semplice. Sempre sulla medesima preda ha buttato l’occhio un’altra banda e nel frattempo la riccona sparisce. Classica storia di tradimenti, doppio gioco e violenza che prende pure certe “signorine” come Connie e Lottie. Pistolettate e botte da orbi con Lemmy che le dà e le prende, movimento di corpo e movimento continuo di cervello, prendere veloci decisioni e se arriva il pericolo fa pure comodo la polizia. Bourbon e whisky al bisogno. E di bisogno ce n’è parecchio. Linguaggio diretto, duro, senza tanti infiorettamenti, intriso di una ironia altrettanto tosta. La critica di allora lo trovò troppo violento. Oggi rientra nella norma e si legge sempre volentieri. Semmai quel presente pesantuccio con ora faccio questo, ora faccio quello che alla fine un po’ stanca.
L’enigma della banderilla di Stuart Palmer, Mondadori 2010.
Qui troviamo un personaggio particolare, Hildegarde Withers, sul quale spendo due parole. Alta e rinseccolita, dalla faccia cavallina che ti aspetti un nitrito da un momento all’altro, letterariamente parlando nasce qualche anno dopo Miss Marple (siamo negli anni Trenta). Intanto è americana e non inglese, insegnante di scuola elementare, tosta, dallo scilinguagnolo sciolto e affilato. Pettegola, insomma. Proprio non ce la fa a stare zitta e vuole mettere bocca dappertutto, dando lezione anche al capo della polizia di un’isola vicino a Manhattan. Ha un amico fidato, suo corteggiatore (c’è speranza per tutti), nell’ispettore Oscar Piper della polizia di New York che la tiene in alta considerazione (considerazione non ricambiata almeno del tutto se lei pensa che non abbia una particolare intelligenza). Con il suo modo di fare aperto e sfrontato (sempre nei limiti) riesce a carpire i segreti altrui con la sua faccia da cavalla mattonata. Ama disegnare e camminare, vedere, osservare, esplorare. Certo non è una “signorina” sedentaria adatta all’uncinetto come Miss Silver. Praticamente una “vecchia gallina spennacchiata” che mette il naso dappertutto e che risolve i misteri criminosi del suo tempo.
In questo romanzo la vediamo in vasca da bagno alle prese con la “giornata più calda dell’estate più calda” a Manhattan, dopo essere stata assorta nella lettura della rivista “Delitti autentici” tanto per tenersi in esercizio.
Non la faccio lunga. Classico delitto in treno con cianuro di potassio annusato dalla persona sbagliata. Il vero obiettivo sembra essere Adele Mabie, moglie del vicesindaco di New York, che sarà perseguitata anche in seguito. La scena si sposta a Città del Messico dove arriva pure la nostra Withers richiamata con telegramma da Oscar Piper. Altro morto ammazzato durante una corrida con banderilla infilzata in profondità e la cosa sembra impossibile da fare manualmente. Ergo dubbi e rimuginamenti con la spilungona che entra ed esce tranquillamente dalle stanze altrui (basta una forcella per capelli) e si scontra con le improbabili ipotesi di Piper, insieme a qualche notazione critica sulla società “diversa” del Messico (e ad un paio di citazioni degli scacchi).
Buona la partenza, finale confuso e improbabile.
I Maigret di Marco Bettalli
La ballerina del Gai-Moulin del 1931
Ambientazione di nuovo a Liegi e legata evidentemente alla giovinezza di Simenon, presenta un Maigret sornione in trasferta che fa la sua apparizione solo dopo la metà del libro (una novità che, credo, non si ripeterà più), facendo impazzire i colleghi belgi per poi diventarne amico. La trama è forzatissima (servizi segreti, ricchi egiziani stupidi, Maigret che trasporta cadaveri in ceste di vimini e che, per breve tempo, viene fatto scambiare per l’assassino), ma in compenso leggiamo una fantastica presentazione di “tipi” immortali (e tutti, irrimediabilmente, datatissimi): il ragazzo ricco e debosciato, il ragazzo povero a traino che si può ancora salvare (spedendolo in Congo, sai che salvezza…; Simenon comunque insiste molto su questa figura e sui suoi rapporti con la mamma e il papà), la fauna dei night-club, con in testa la ballerina cinica ma buona, che viene anche lei prosciolta da ogni accusa ed emigra a Parigi. Tutto il tessuto di contorno è ancora in costruzione (qui Simenon fa completamente a meno dei “comprimari”), mentre Maigret è già lui, con un che di leggermente eccessivo, nel fisico e nel comportamento; ma il prodotto è già scorrevole e molto piacevole.
Il defunto signor Gallet del 1931
In qualche misura, una delle poche storie “gialle” di Maigret. Ancora in trasferta, ancora senza collaboratori (a parte l’esordio, molto simpatico, di Moers della Scientifica, destinato a essere una presenza quasi fissa), senza alcun intervento della moglie, immerso nell’atmosfera ancora quasi ottocentesca di un paesino di poche anime, il commissario si trova a decifrare la morte “impossibile” di un misterioso personaggio, attraverso pochi elementi: le testimonianze dell’acida vedova, del cupo, cupissimo figlio e di un sedicente nobile che lo aveva conosciuto più di quanto volesse ammettere, rappresentante del piccolo mondo dei “legittimisti”, in via di sparizione già allora. Lo scioglimento è macchinoso e l’omicidio che in realtà è un suicidio regge a stento, così come i cambi di identità che risalgono a decenni prima. Ma per certi versi, Il defunto signor Gallet è un piccolo capolavoro, e il patetico protagonista rimane impresso nella mente, così come ne viene colpito Maigret il quale, pur di non rovinare il castello costruito pazientemente dal morto, accetta di far finta con il suo superiore di non essere venuto a capo di nulla. Maigret, lo sappiamo, non è uomo da rispettare le regole sempre e comunque: Maigret le regole le detta lui stesso, e sono regole più rigorose di quelle ufficiali.
Spunti di lettura della nostra Patrizia Debicke (la Debicche)
La profezia dei Gonzaga di Tiziana Silvestrin, Scrittura&Scritture 2018.
1596: risale gloriosamente sul palcoscenico storico mantovano, stavolta in un autunno gravato da minacciose nubi nere foriere di sventura, Biagio dellʼOrso, capitano di giustizia del duca Vincenzo di Mantova. Il nostro Biagio, famoso per aver risolto ovunque (mettendosi in gioco, anche al di là della penisola italica) casi spinosi e complicati. Dicevamo dell’Orso, al suo arrivo in città dalla Francia, ancora sporco di polvere per il lungo e faticoso cammino percorso, senza neppure ricever grazia del tempo per ripulirsi, viene convocato alla presenza del suo signore e capisce subito la gravità della situazione. Durante gli importanti lavori di ristrutturazione e ampliamento di un’ala di Palazzo Ducale è sparita la mummia del Passerino, l’ultimo membro della famiglia a governare Mantova tra il 1309 e il 1328…
Il duca Vincenzo vede in quella disgraziata sparizione del Passerino, probabilmente un furto su commissione, la pericolosa scintilla destinata a scatenare la disgrazia o, peggio, la rovina della sua dinastia e affida il destino dei Gonzaga nelle mani di Biagio dell’Orso. Ma l’affare scotta, bisogna guardarsi da tutto e da tutti. I nemici del duca sono infidi e numerosi, sia dentro che fuori i confini mantovani e, come se non bastasse non tardano a presentarsi una catena di oscuri presagi… Quinto romanzo di Tiziana Silvestrini che vede dell’Orso come protagonista. Inquadramento storico riuscito, buon livello di suspense che tiene il lettore in dubbio e in attesa dalla prima allʼultima pagina, giostrando con cognizione di causa fra realtà e fantasia.
Ragione da vendere di Enrico Pandiani, Rizzoli 2019
Una nuova intrigante inchiesta per i soliti “maledetti italiani” Les Italiens della brigata criminale di Parigi, stavolta coinvolti in una drammatica impresa che implicherà mezzi e cervelli internazionali, tutti impegnati in una frenetica caccia a un’opera d’arte di inestimabile valore. Nuova vita semi familiare, ma felicemente avviata, per il nostro Mordenti e cionondimeno non può certo abbassare la guardia, Parigi non è mai stato un posto tranquillo. E Les Italiens, i flic della squadra del commissario Pierre Mordenti, lo sanno bene. Il turnover ha cambiato le carte in tavola, ci sono facce nuove a dominare la scena e, se non bastasse a far schizzare a mille la temperatura del calderone investigativo di una tranquilla notte agostana, oltre alla implacabile canicola estiva si fanno strada le raffiche dei fucili mitragliatori pronti a trasformare in omicidio quello che sembrava un normale scontro cittadino. È proprio ciò che capita a Pierre Mordenti e al collega Alain Servandoni, dopo un couscous da leccarsi i baffi preparato da Karima moglie di Alain, di trovarsi coinvolti per caso nell’assalto a mano armata a un furgone con morto ammazzato per dessert. Di colpo la quiete estiva di square Montholon, all’angolo con via Papillon, va in frantumi e i “maledetti italiani” si trovano risucchiati in una caccia senza quartiere a una preziosa e antichissima opera d’arte scomparsa nel nulla…
In Ragione da vendere, romanzo che ci riporta con piacere la nostalgia delle più azzeccate atmosfere hard-boiled vecchia maniera di Dashiell Hammett, con un magistrale colpo alla Houdini Enrico Pandiani fa incrociare Les Italiens e Zara Bosdaves, i protagonisti delle sue due serie poliziesche. Pandiani mette i suoi personaggi, esseri umani con le debolezze e le tentazioni di tutti gli esseri umani, davanti all’aureo miraggio del denaro, quel miraggio che solletica pericolosamente e può condurre alla tentazione, a cedere alle voluttuose spire del male. E certo 90 milioni di sterline sono voluttuose spire fasciate di diamanti. Ogni uomo potrebbe chiudere gli occhi e allungare la mano, insomma avere il suo prezzo. L’onestà tuttavia non è debolezza o stupidaggine, L’onestà è sapere resistere e riuscire a farlo sempre, a ogni costo. Mi sono divertita, ci contavo e ancora una volta ho apprezzato la buona prosa e l’indovinato ritmo narrativo di Pandiani che non scade mai. Chiudo il libro decisamente soddisfatta. Come sempre l’andatura della fiction è pazzesca, la tensione viaggia a più di cento all’ora, sfiorati a ogni passo da un mortale pericolo e i dialoghi funzionano alla grande con la storia che ogni volta privilegia scenari diversi e non scontati. Ma con lui impossibile sbagliare… non ne dubitavo.
Il ciclo de Les Italiens è in via di adattamento per una serie tv internazionale.
Arieccolo! Eh ma noi l’aspettavamo a piè fermo. E come al solito non ci ha deluso. Anzi direi che stavolta con Mazzo e rubamazzo Roberto Centazzo, TEA 2019, sembra addirittura che abbia cambiato macchina, innestando una marcia in più. La Squadra speciale minestrina in brodo, in barba agli acciacchi e agli acciacchetti vari dei suoi baldi, si fa per dire, componenti cammina a tutta birra. Dice un proverbio che non è l’occasione che fa l’uomo ladro ma la necessità. Ora qui non arriviamo al punto di scontrarci con il codice penale, ma certo senza troppa malizia si scova efficacemente il modo per aggirarlo. A fin di bene però, sia mai che i nostri inciampino sulla retta via! Ma se la strada ha troppe curve ogni tanto magari meriterebbe un ritocchino e allora…
Comunque torniamo a noi, anzi a Mazzo e rubamazzo. Per un tragico, diabolico errore dell’informatizzazione della Prefettura, le elaborazioni del mese di maggio, con tutte le gioie e dolori, compensi, pagamenti e trattenute che comportava, ohimè, sembrano essersi volatilizzate nell’aere. Risultato: da un giorno all’altro il bonifico mensile per la pensione sul conto corrente di Semolino, Kukident e Maalox non arriva più. NISBA! E, visti i ben noti tempi burocratici delle penisola, quando mai si risolverà questa “triste” solfa? I nostri tre eroi, che non appartengono all’italiano esercito dei paperon de’ paperoni, privati di botto di quell’entrata sicura, hanno i bancomat scarichi e i conti indecorosamente in rosso e si cacciano presto in poco piacevoli traversie economiche. Da un momento all’altro Semolino Kukident e Maalox si trovano scaraventati in un fatiscente universo di indigente incertezza del quale ignoravano la nebulosa esistenza, dalla parte di quelli costretti ad arrabattarsi in qualche modo per mettere insieme il pranzo con la cena…
Nel ventre molle di Genova, però, non operano solo bande di poveri diavoli o di sporchi criminali da tenere sotto controllo. Anzi, proprio in quei quartieri più poveri, teatro di fragili equilibri e troppo spesso di scontri tra morti di fame, da tempo sono in atto strani movimenti finanziari e provocazioni…
Sia per caso che per i motivi economici che li hanno costretti a una maggior forzata frequentazione di quella zona, i nostri tre eroi verranno a conoscenza di uno squallido piano per impadronirsi del centro storico, comprando il comprabile per poi cacciare gli occupanti, ristrutturare gli immobili e venderli a peso d’oro. Tre don Chisciotte che si battono contro i mulini a vento. Che per loro fortuna godono di validi, occhiuti ed efficaci “Sancho Panza” in gonnella, di un’inafferrabile spalla e presenza sempre sul campo occhio, orecchio e cervello fino, e della indefessa forza d’animo di una famiglia. Tutti per uno, risaliti dal profondo e più profondo sud per diventare dei veri genovesi e ridare coraggio, forza e voce a coloro che si vorrebbe far tacere.
Le letture di Jonathan
Cari ragazzi,
oggi vi presento Topin Hood e il segreto di Castel Leggenda di Geronimo Stilton Piemme 2018.
In un pomeriggio come tanti altri, Geronimo in redazione sta scrivendo l’articolo per la prima pagina del giornale. Fuori c’è un fortissimo temporale e a un certo punto… ZOT, va via la luce. Geronimo si ritrova a Castel Leggenda, tra stanze infinite e mobili parlanti. In ogni avventura cerca sempre di diventare un cavaliere dell’Ordine della Salamandra, ma non ci riesce mai. Smorfiella, una principessa del regno delle smorfie, viene rapita da Magno Magno, il furfante più famoso del Fantamedioevo. Geronimo, insieme ai suoi amici cavalieri Sir Ardimenzio, duca Giusto, Lady Tea, Lady Diamante e la sua fidanzata Tenebrosa partono all’avventura per salvare Smorfiella e catturare Magno Magno. Dovranno affrontare diversi pericoli ma ci sarà anche da sorridere con finestre, armadi e specchi che parlano!!!
Un saluto da Fabio, Jonathan e Jessica Lotti
Grazie Fabio, molto belli
LikeLike