Alessandro Robecchi
I cerchi nell’acqua
Sellerio, 2020
Nuovo appuntamento con Alessandro Robecchi e la sua Milano in I cerchi nell’acqua, titolo “parlante” adatto a descrivere le dilaganti e concentriche conseguenze del malaffare nella città che ama tanto definirsi “capitale morale d’Italia”. Nel suo nuovo libro Robecchi imprigiona il suo storico protagonista, Carlo Monterossi, famoso autore televisivo bello, ricco e viziato, nel ruolo di comparsa e lo costringe, in veste di anfitrione, a tenersi fuori dai giochi offrendo solo un whisky di grande marca, un divano accogliente e ascolto a Tarcisio Ghezzi, sovrintendente di polizia ormai vicino alla pensione.
Insomma questa volta Carlo Monterossi deve restare alla finestra e lasciare la scena a Ghezzi e Carella, i due poliziotti che i lettori di Alessandro Robecchi hanno già incontrato, e ascoltare sbalordito e scettico la storia di Ghezzi. Una storia amara, difficile da digerire, che lo ha quasi portato al punto di essere radiato dalla polizia per aver aiutato l’amico che si era imbarcato in una avventura troppo grande per lui. Una storia che fa scoprire a Monterossi, scelto come testimone di quell’impietoso racconto, un mondo lontano che lo sconcerta e lo sgomenta.
Una storia che finirà col far convergere in un’unica indagine due casi paralleli: l’incomprensibile omicidio di un anziano antiquario ucciso in casa, apparentemente senza che sia stato rubato nulla, e l’implacabile caccia a un assassino appena uscito di prigione e svanito nel nulla. E tuttavia una storia che saprà dare un preciso senso di umanità allo spasmodico frullare senza ufficialità di Ghezzi e Carella.
Ghezzi infatti è in cerca di un certo Salina, di mestiere ladro e quindi esperto scassinatore, che è sparito da una settimana, lasciando uno strano messaggio a Franca, la sua donna, di mestiere prostituta, che ha esercitato ed esercita tuttora. E proprio lei, la Franca, morta di paura, ha chiesto aiuto a Ghezzi, il poliziotto che tanti anni prima ha incastrato e messo in gattabuia il Salina per la prima volta.
Ma nel frattempo il vicequestore Gregori, pur dannandosi l’anima per il misterioso omicidio dell’antiquario, vorrebbe sapere cosa diavolo stia combinando Carella. Perché Carella ha preso dei giorni di ferie? Lui, che ha cumuli di vacanze arretrate ma non le usa mai. Le avrebbe prese per andare alle Maldive? Eh no, perché è stato visto da colleghi frequentare locali notturni in odore di mala e loschi giri di lusso a bordo di un grosso Suv color argento. E addirittura buttare denaro sui tavoli di gioco del Giambellino. Insomma su Carella girano voci poco simpatiche ma Ghezzi, che conosce il collega e amico, sa che se ha chiesto quei giorni di ferie l’avrà fatto per lavorare da solo e risolvere un caso. Però, conoscendolo, teme che la faccenda possa rivelarsi molto più rischiosa del previsto. E non sbaglia, perché Carella sta dietro a un fatto personale, un vecchio conto da regolare con un losco picchiatore che anni prima ha mandato in rianimazione una testimone, una dolce ragazza diventata amica del poliziotto.
Sono diversi, loro. Ghezzi è uno che i criminali, se c’è da prenderli, zitto zitto mette loro le manette. Poi li consegna al magistrato e dopo, cavoli loro, ma Carella no. Carella è uno che per avere giustizia è disposto a fare la guerra, rischiando tutto in prima persona.
Due casi non ufficiali, celati da Ghezzi e Carella nelle pieghe della quotidianità e tenuti ben fuori dagli ordini del giorno di un commissariato di PS. Ma, alla fine, a contare in questo libro ci saranno loro: i due bravi poliziotti, di quelli che agiscono ma non fanno mai carriera, e una brutta Milano dura, sotterranea, spietata.
Ghezzi e Carella sono due opposti, il primo reso più accomodante da impreviste nostalgie, l’altro deciso e temerario, uniti e resi complici dalla umana sensibilità per il dolore altrui. Stavolta i casi da risolvere sono risorti da quel passato di mala milanese che si è ripreso la scena e pare descritto dalla penna di Scerbanenco. Contentino in più, che non guasta per questo giallo denso di colpi di scena e dai tratti dell’hard boiled americano, un’amorale ma giusta moralità per un libro doloroso condito appena da un tantino di ironia, forse meno del solito.
Alessandro Robecchi è stato editorialista de Il manifesto e una delle firme di Cuore. È tra gli autori degli spettacoli di Maurizio Crozza. È stato critico musicale per L’Unità e per Il Mucchio Selvaggio. In radio è stato direttore dei programmi di Radio Popolare, firmando per cinque anni la striscia satirica Piovono pietre (Premio Viareggio per la satira politica 2001). Ha fondato e diretto il mensile gratuito Urban. Attualmente scrive su Il Fatto Quotidiano, Pagina99 e Micromega. Ha scritto due libri: Manu Chao, musica y libertad (Sperling & Kupfer, 2001) tradotto in cinque lingue, e Piovono pietre. Cronache marziane da un paese assurdo (Laterza, 2011). Con Sellerio ha pubblicato Questa non è una canzone d’amore (2014), Dove sei stanotte (2015), Di rabbia e di vento (2016), Torto marcio (2017), Follia maggiore (2018), I tempi nuovi (2019) e I cerchi nell’acqua (2020).