Diego De Silva
I valori che contano (avrei preferito non scoprirlo)
Einaudi, 2020
Confesso che ci contavo e l’aspettavo al varco: è tornato Vincenzo Malinconico, l’avvocato d’insuccesso preferito dagli italiani.
Perché piace tanto questo grande antieroe? Forse perché non è un pallone gonfiato o perché incarna quella puntina di profonda e reale umanità che alberga in ognuno di noi, anche nel più sfegatato arrivista.
E poi basta con la storia che tutti parlano male di lui: il vento ha girato, il nostro esilarante e irresistibile protagonista ha cambiato completamente ambiente e squadra. È recente la sua inimmaginabile ascesa ai fasti dell’Olimpo, accolto nel faraonico studio dell’amico e collega Benny Lacalamita, erede di una schiatta di legali, ed eletto a matrimonialista. Ma Malinconico è sempre lui, con i suoi dubbi e le sue chilometriche e incerte riflessioni che lo portano a sottovalutarsi. Alla sua maniera un eroe, che ha scelto di duellare con i fatti e gli irrazionali imprevisti della vita avendo come uniche armi la sua innata sensibilità e una congenita dose di humour.
Malinconico è forse il personaggio meglio riuscito di Diego De Silva, un personaggio in grado di fare grande un libro con un simbiotico mix tra ironia e grande intelligenza, un personaggio in cui giganteggia impavido quello spiritaccio autocritico che ti consente sempre di riderti addosso. Impresa non facile in una letteratura (come quella italiana) dove si pretende di privilegiare sempre l’impegnato meditativo, serioso. Un personaggio a cui capita di trovare in mutande, sul pianerottolo davanti alla porta di casa, una ragazza seminuda che assomiglia a Pippi Calzelunghe senza trecce. Chiede aiuto, vuole entrare, è appena scappata da una retata in una specie di bordello di lusso al quarto piano del suo condominio. Un personaggio, Malinconico, che la fa entrare, racconta persino delle balle al carabiniere che viene a bussare per cercarla, e si fa riconoscere come avvocato…
Ma la ragazza è una specie di bomba a mano, pronta a innescare un vortice di rischiose cariche esplosive, e Vincenzo Malinconico ha tirato su la spoletta senza pensarci: ora, sempre con il dito appoggiato sulla spoletta, sarà costretto ad accollarsela fino alla fine. È cosí, più o meno, che parte I valori che contano (avrei preferito non scoprirlo), il romanzo in cui Malinconico, per tenere alto il pennone dello studio Lacalamita, oltre a patrocinare i complicati interessi delle fuggitiva in mutande – che scopriremo essere la molto incasinata e malmostosa figlia del sindaco – dovrà accollarsi anche la difesa del padre e giocarsela davanti al giudice.
Ma De Silva è bravo anche a prestare con pudore al suo personaggio ricordi diretti, vissuti ed emozioni, timori e sensazioni provate, cogliendo dalla sua esperienza quanto può e deve far sorridere. Perché anche ai personaggi dei romanzi succede lo stesso che alle persone: hanno una famiglia o una specie, si innamorano, si lasciano, si leccano le ferite, si danno da fare, ridono, si divertono, vivono e si ammalano: ohimè. La malattia costringerà Malinconico a fare amicizia con medici e terapie, spingendolo a guardarsi dentro, a cercare di migliorarsi, addirittura a riflettere sullo scotto da pagare per vivere e su quelli che sono i valori che contano.
Un continuo vortice di pensieri da cui verrà fuori, a fatica come sempre e alla sua maniera che fa di lui una persona perbene, normale e senza troppe virtù. Ma i suoi valori contano negli affetti, e qui vedi il rapporto caldo, pur se talvolta teso e problematico, con l’attuale compagna Veronica, e con le sue ex (la moglie Nives e Alessandra Persiano), con i figli, Alfredo e Alagia, ai quali è legatissimo ma non invadente, con l’impudenza del gatto, chiamato Alfonso Gatto, oh sì la poesia ha il suo peso e la Salute ormai è da scrivere con la maiuscola. Poi ci sono, e non è cosa da poco, gli amici, i colleghi e, tra tutti, domina pantagruelico, incontrastato, ingombrante ma insostituibile spalla al bisogno, l’avvocato Beniamino “Benny” Lacalamita, arricchito dalla compita vecchia segretaria, afflitta dal nome di Addolorata, nome che non a caso l’immemore subconscio di Malinconico costringe a storpiare in Affranta, Contrita o Angustiata.
E infine largo ai clienti: delizia, ma più spesso croce del nostro avvocato tuttofare Malinconico, perché – e il sottotitolo lo spiega chiaramente – talvolta certe cose sono come i valori: avrei preferito non scoprirlo…
Intendiamoci, Diego De Silva è un signor scrittore e non da ieri, ma è stata la serie di romanzi con Vincenzo Malinconico e le sue tragicomiche ma umanissime avventure/sventure a regalargli l’affetto del grande pubblico, ammaliato dalla simpatia e capacità di empatia del suo protagonista. E questo, tra tutti, mi pare il capitolo più intimo e coinvolgente di tutta le serie.
La frase che in I valori che contano è una specie di tormentone “…i titoli di coda della vita in comune”, detta e ripetuta in altro e diverso contesto dall’avvocato Vincenzo Malinconico, si trasforma alla fine da dissacrante in consolatoria, in emblema dello spirito e dell’essenza stessa del romanzo: bello da scoprire e da leggere.
Diego De Silva, scrittore, giornalista e sceneggiatore napoletano. Con Einaudi ha pubblicato i romanzi La donna di scorta (2001, precedentemente pubblicato da Pequod Edizioni nel 1999), Certi bambini (2001, Premio Selezione Campiello, Premio Brancati e Premio Bergamo), Voglio guardare (2002), Da un’altra carne (2004), Non avevo capito niente (2007, Premio Napoli – Libro dell’anno; finalista premio Strega), Mia suocera beve (2010), Sono contrario alle emozioni (2011), Mancarsi (2013), Terapia di coppia per amanti (2015), Divorziare con stile (2017), Superficie (2018). Ha ricevuto tra gli altri premi anche il Premio Nazionale Letterario Pisa ex aequo di Narrativa nel 2003.