La disciplina di Penelope – Gianrico Carofiglio

Gianrico Carofiglio
La disciplina di Penelope
Mondadori Milano, 2021
Giallo
Recensione di Valerio Calzolaio

Milano. Novembre 2017. Penelope Spada scivola dal letto per non svegliare l’ennesimo uomo col quale si è accompagnata la sera prima, un culturista col quale aveva simulato l’orgasmo pur di fargli interrompere le prestazioni ginniche. Esce di casa, lascia una banconota da venti fra le dita di un barbone dormiente, infila gli auricolari per ascoltare Nick Cave e torna a casa. Alle 11 ha appuntamento al bar di Diego, lì vicino, con tal Mario Rossi. Aspettando si fa un caffè americano in tazza grande con correzione di Jack Daniel’s. Quando lui arriva scopre che non è uno pseudonimo, si tratta del vero nome di un agente immobiliare alto e magro, bello e fragile. La moglie Giuliana Baldi era stata assassinata il 13 ottobre 2016, un anno, un mese e tre giorni prima, faceva l’istruttrice di fitness, lavorava soprattutto come personal trainer privata, considerava Rossi mediocre e certo aveva altre storie. Il corpo fu rinvenuto in un’area incolta alla periferia di Rozzano, ma il colpo di pistola alla testa l’aveva uccisa altrove, scomparsi cellulare portafogli gioielli, pur se qualcosa indicava che la rapina era movente da escludere. Dopo indagini abbastanza accurate, il caso era stato archiviato ma nel fascicolo avevano scritto che i sospetti a carico del marito erano “inquietanti” e, prima o poi, la piccola figlia di sette anni lo sarebbe venuto a sapere. Rossi è ancora segnato dalla vedovanza e tiene molto alla bimba, vorrebbe comunque evitarle il trauma e il dubbio. Su consiglio di uno dei giornalisti che aveva seguito la vicenda, Filippo Zanardi del Corsera, chiede a Penelope di scoprire il colpevole, le dà la chiavetta e le offre 2000 euro come anticipo, a lei perché sa che era un pubblico ministero bravo, di botto cacciata (per porcate altrui e cazzate proprie) e rimasta senza ruolo. Lei pensa di rifiutare, parla con l’amico Zanardi e con l’esperto poliziotto Barbagallo e infine accetta; approfondisce l’unica traccia, i peli di un cane bianco sugli abiti della vittima; cerca di risolvere il giallo.

Gianrico Carofiglio (Bari, 30 maggio 1961) è probabilmente il più bravo scrittore italiano contemporaneo, certo quello di maggior meritato successo (considerando Camilleri fuori quota, per più ragioni). I suoi romanzi sono levigati. Ha svolto a lungo funzioni di magistrato e iniziò la carriera letteraria con un giallo (uscito nel 2002), il protagonista divenne seriale ed è stato alternato in questi venti anni con altri romanzi, racconti lunghi, saggi sulle parole e la scrittura, sugli interrogatori e l’investigazione, sceneggiature, drammaturgie. Qui cambia registro emotivo, come in un soffio di vita (o come all’inizio di una serie tv), pur se con i soliti incidere elegante, stile chiaro, ricerca dei termini da usare o togliere. Questo breve bel romanzo è semplicemente un giallo, con varie novità dense di futuro: narrazione in prima persona al femminile, ambientazione milanese, mancate informazioni sulla dura Penelope visto che nulla sapremo per ora di preciso sulle trascorse rilevanti vicende familiari, professionali, affettive e sportive (forse salto con l’asta). Lei ha preso il nome dell’amata nonna che tanto le aveva insegnato su cucina e letteratura (morta quando aveva 16 anni); è disciplinata senza sottomissioni e competente di amministrazione della giustizia; non ha licenze e campa con indagini irregolari da due soldi su beghe amorose (quelle che però talora finiscono con le donne ammazzate) e con l’affitto di uno dei due appartamenti che possiede (dove abita si prende cura di una magnolia bonsai, Valentina); mangia equo e sano, dona il sangue, ma beve e fuma molto e sempre; continua a fare corse esercizi piegamenti trazioni nei giardini di Milano; gira in moto quando può; usa spesso psicofarmaci per dormire; cambia maschio di continuo e solo per il sesso (rare esperienze anche con donne). Fra i vini preferisce Sauvignon e Pinot nero; il whisky non manca mai.

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