Alessandro Carlini
Gli sciacalli
Newton Compton, 2021
Recensione di Patrizia Debicke
Ferrara, 1945. La guerra è appena finita ma le piaghe sono ancora aperte tra i cittadini di un paese martoriato dal conflitto, dalla dittatura, dall’occupazione nazifascista e dai feroci scontri con i partigiani.
Aldo Marano è un sostituto procuratore che, dopo aver superato miracolosamente incolume il regime e l’occupazione, nonostante il sostegno in segreto alla resistenza, continua a impegnarsi e a lottare per mantenere l’ordine. Ma la provincia è a i ferri corti: la maggior parte delle gente è alla sbando e affamata, mentre la città e la campagna sono teatro di continui omicidi e vendette. Ma sono vendette per torti in camicia nera o piuttosto bieche prevaricazioni? In particolare, a togliere il sonno ad Aldo Marano e a costringerlo addirittura ad allontanare moglie e figlioletto da Ferrara nel timore di feroci rivalse, sarà il caso legato a un’automobile: una misteriosa Fiat 1100 nera. La banda della Fiat nera semina il panico in tutta la zona, lasciandosi dietro una sanguinosa scia di morti ammazzati. Ormai sono più di quaranta quelli che hanno potuto contare, e altri ce ne saranno di certo, magari sbrigativamente sotterrati nei campi sotto poche palate di terra. Le vittime sono per la maggior parte persone, abbienti e non, che hanno in qualche modo avuto simpatie fasciste. I malviventi, che il magistrato definisce sciacalli, spogliano le vittime di ogni loro avere e le falcidiano a colpi di mitra, per poi finirle con un colpo di pistola Tokarev in fronte. Per questo modus operandi i sospetti del vice procuratore Aldo Marano, avallati anche dal tenente americano William Crago (figura realmente esistita e che Carlini dice somigliare un tantino a Clark Gable), si rivolgono all’ambiente degli ex partigiani con complici di ogni credo politico. Forse una banda sta portando avanti un regolamento di conti personale che si intreccia alla storia di una nazione segnata da odio e violenza. Dopo la forzosa partenza degli americani per Trieste, l’Italia e quindi anche Ferrara devono tornare a governarsi da sole. Al fianco del giovane magistrato resterà come unico punto fermo e fidato un ufficiale dei carabinieri, il tenente Achille Ferla, reduce dai massacri nei Balcani e ancora psicologicamente scosso. Ma Aldo Marano va avanti caparbiamente, afflitto anche lui da non pochi fantasmi, dal ricordo dei tanti amici persi durante la Resistenza, tra opacità e semiconnivenze dei suoi capi con gli sciacalli vendicatori, nel disperato di ristabilire quell’ordine tanto agognato dopo anni di caos e di bloccare l’insana progressione di quella atroce strage. Ma sono soli e con pochi uomini sicuri su cui contare. E se quelle inaudite violenze celassero anche i germi di una rivoluzione?
Marano e Ferla non sanno ancora quanto l’indagine che li aspetta sia ramificata, insidiosa e potenzialmente letale. A di là di ogni possibile immaginazione, perché le spie e i traditori sono dappertutto, anche all’interno della procura. I banditi, gli sciacalli ai quali danno la caccia, dispongono qualcosa di peggio dei mitra, degli sten. Si sentono sicuri, godono di potenti coperture politiche dall’alto e di troppi santi in Paradiso.
Marano porterà avanti la battaglia avendo come unica stella polare il rispetto delle leggi. Ma fino a quando? Perché, come tanti magistrati di ieri e di oggi, scoprirà che in Italia niente è mai quel che sembra, e che trabocchetti e oscure trame sono sempre in agguato.
Gli sciacalli è un tragico giallo d’inchiesta, una storia, vera ma non facile, che si poteva raccontare e provare a spiegare solo così, in veste di avvincente romanzo noir, come ha fatto Alessandro Carlini (già autore dell’eccellente romanzo storico Partigiano in camicia nera), per riaccendere le luci su una pagina di storia della sua Ferrara. Una città ferita dal conflitto e dalle violenze nazifasciste con la suspense della vicenda criminale che riportano il lettore a una trama più ampia. Un romanzo dai toni cupi, con personaggi tormentati, immerso nell’atmosfera opprimente dell’estate ferrarese.
Un storia ricostruita punto per punto nella polvere degli archivi cittadini, e Carlini non si è fermato là. Per comprendere meglio la serie di crimini compiuti nella provincia dalla cosiddetta banda della 1100 (formata da pseudo partigiani, ex fascisti e criminali comuni) si è spostato a Brescia e a Roma, frugando tra i verbali e le testimonianze di tante oscure vicende del dopoguerra. Tanto per cominciare la 1100 è davvero esistita, così come sono esistiti i killer che la usavano. Nel suo romanzo Carlini si è limitato a cambiare i nomi dei personaggi e a inserirne altri, fittizi ma utili, per rendere più intrigante la narrazione.
Poi è andato a frugare nella Storia dell’intera Italia, in quei confusi e caotici tempi di speranze mancate, di criminali che la fecero franca, di tanti galantuomini che invece lavorarono indefessamente per far nascere un paese democratico. Nel tentativo, forse impossibile, di fare ordine tra le tante ombre che spesso coprono vincitori e vinti. E troppo spesso con poca fortuna in quella storia di allora e nelle sue, mai veramente risolte, ambiguità.
Alessandro Carlini, giornalista e scrittore. Scrive per l’«ANSA» e collabora con il settimanale svizzero «Il Caffè». Grazie ai racconti di guerra di suo nonno, ha cominciato a documentarsi sull’ultimo conflitto mondiale, recuperando testimonianze e atti inediti. È autore del libro Partigiano in camicia nera, vincitore del Premio città di Como e del Premio Carver.