Margherita Oggero
Il gioco delle ultime volte
Einaudi, 2021
Recensione di Patrizia Debicke
Quando è stata l’ultima volta che abbiamo fatto o visto qualcosa senza sapere che sarebbe stata l’ultima? Ricordi, rimpianti e qualche volta indispensabili tagli netti? I personaggi del libro di Margherita Oggero danno risposte molto diverse e articolate a questa domanda.
Per Ale, diciassette anni non ancora compiuti, la reazione forse è quella di quel pomeriggio a Torino. Quando lei, Alessandra Desana, ragazza bellissima ma insoddisfatta, viziata, confusa, all’uscita dalla palestra si butta sotto un tram. Si è voltata per controllare che il tram fosse in arrivo, poi ha saltato la linea gialla che segnala le rotaie. Perché l’ha fatto, signoriddio, perché? Figlia unica, si trova poco coi coetanei, qualche materia ostica al liceo e i genitori che per anni hanno cercato invano di capirla, di inquadrarla. Un amore (o un’illusione?) per Roby, il bell’universitario. Forse non riesce a concedersi tregua, forse non ha più voglia di andare avanti. Ha immaginato chissà cosa, poi ha reagito angosciata, d’impulso. Con rabbia? E ha fatto di slancio una cosa senza sapere che per lei sarebbe stata l’ultima.
Nicola Molino, il medico che l’ha soccorsa, primario del pronto soccorso, non riesce proprio a togliersela dalla testa, quella ragazza più vicina alla morte che alla vita. È intervenuto subito e bene come un automa. L’ha operata, ha cercato in tutti i modi salvarle la vita. Forse sarà stato, anche inconsciamente, coinvolto nell’inquietante gioco delle ultime volte, oppure nel segreto nascosto nelle mente di ciascuno. E continua a chiedere di lei, a sperare per lei…
Mentre Ale è in ospedale e, in rianimazione, lotta tra la vita e la morte, un vigile urbano tenta in ogni modo di mettersi in contatto con la sua famiglia, in vacanza in Costa Azzurra, a Montecarlo.
Nicola invece trascorrerà qualche giorno a Chamois, in alta montagna. Un lungo week-end come tanti, ospite con la moglie Teresa nella baita dei vecchi amici Pietro e Giuliana Ferroni.
Sono giorni sereni, di pace, con belle passeggiate distensive, cene, chiacchierate davanti al camino. Lontano per una volta dalla quotidianità fatta sempre delle stesse cose: lavoro, famiglia, supermarket, consuetudini moderne come le serie tv che somigliano a vecchi fotoromanzi.
Ma Margherita Oggero, con la zampata della tigre quale è, imprigiona i suoi personaggi e, coinvolgendoli in un subdolo gioco di società, li costringe ad assumere la propria storia e le proprie responsabilità, in una salvifica espiazione.
Ci sono quattro uomini e quattro donne, in quella baita. Nicola si ritrova con amici vecchi, nuovi e altri creduti perduti ma molto importanti in passato, come il suo vecchio compagno di liceo Matteo Molinaro, che non vede dagli anni della scuola. Il loro incontro apre una finestra di flash back sui loro rapporti, gli scherzi sui loro cognomi tanto simili e sui loro segreti. Fatti anche di ultime volte: quella di Nicola è stata senz’altro trent’anni prima, ad Amsterdam, quando è inciampato in qualcosa di insopportabile che non ha saputo accettare. E quindi una fuga di fronte a una verità mai ammessa.
A Chamois, però, per tutti i componenti della compagnia verrà il momento di indagare su se stessi e su chi hanno accanto. Spesso i segreti e i ricordi, quando riaffiorano, non sono facili da ingoiare. E poi chi sono tutti loro in realtà? Uomini di cui spesso le loro donne sanno poco o niente, e donne sulle quali i loro uomini, forse per pigrizia o forse per timore, non vogliono sapere di più. Rapporti stratificati negli anni, figli mai venuti o molto amati, matrimoni un po’ traballanti, inquietudini. Le storie di tutti coloro che, imprigionati nella routine, non riescono o non vogliono affrontare i problemi di coppia.
Il lungo week-end, che forse cambierà le loro vite, si avvia alla conclusione. Alla fine ognuno, volente o nolente, sarà costretto a fare un bilancio delle proprie scelte e farci i conti.
“Una ragazza che per disagio, ritorsione, vendetta (per scherzo?) compie un’azione assurda e si butta contro un tram. Il suo bel corpo sfregiato, pelle, organi e membra e tutto un futuro buttato via, come un rifiuto da cassonetto. Dopo, ancora devastazioni, nella vita degli altri” scrive l’autrice.
E infatti la vita in bilico di Ale Desana arriva quasi a distruggere psicologicamente e a incrinare il futuro e la famiglia di Alfio Silvestrini, brav’uomo e conducente alla guida del tram che non ha potuto evitare di travolgerla. Ma per fortuna tutte le testimonianze danno l’incidente come un suicidio, affibbiando i gravoso fardello di dover parlare con i genitori al commissario della polizia municipale Casassa.
Ma non sarà che il tempo è galantuomo e qualcosa si può ancora recuperare di quanto sarebbe potuto avvenire?
Forse anche per Nicola, tre decenni bruciati da un gesto d’orgoglio che gli ha impedito di leggere due lettere, facendole a pezzi senza neppure aprirle? Il limìo dell’insoddisfazione fa male e rode dentro e fuori. E rode peggio se si ha la consapevolezza di un errore, di una colpa. Del perché non si è fatto qualcosa per l’ultima volta. Ma, volendo, un errore si può sempre correggere.
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Margherita Oggero è nata e vive a Torino. Nel 2002 ha esordito nella narrativa con il romanzo La collega tatuata, edito da Mondadori, da cui è stato tratto il film Se devo essere sincera (regia di Davide Ferrario, con Luciana Littizzetto e Neri Marcorè). Sono seguiti, con altrettanto successo di pubblico, i romanzi Una piccola bestia ferita (2003), L’amica americana (2005), Qualcosa da tenere per sé (2007), e i racconti Il rosso attira lo sguardo (2008), tutti editi da Mondadori. Con Einaudi ha pubblicato Così parlò il nano da giardino (2006), Il Compito di un gatto di strada (2009), Non fa niente (2017 e 2019) e Il gioco delle ultime volte (2021). Per la Rai ha scritto i soggetti della fortunata serie Provaci ancora prof, ispirata ai suoi libri, con Veronica Pivetti come attrice protagonista.