Roberto Mistretta
Don Fortunato Di Noto
Edizioni Paoline, 2021
Recensione di Patrizia Debicke
Roberto Mistretta è un giornalista, uno scrittore, un collega ma soprattutto, mi piace pensarlo, un amico.
I suoi romanzi gialli – della serie con il maresciallo Saverio Bonanno ne sono stati pubblicati nove, se non sbaglio – hanno riscosso il successo che meritavano. Una feconda penna che riesce a mischiare la trama poliziesca, accorta ma umana, alle complesse problematiche della quotidianità. L’essere giornalista, o forse il vivere in un paese di per sé percosso da frequenti e troppo spesso impuniti episodi di malaffare, l’hanno portato ad andare a scavare oltre e altrove.
Gli altri suoi libri, meno conosciuti dal grande pubblico, mostrano il suo lato da saggista da sempre impegnato nel sociale. Nel 2013, con Il miracolo di don Puglisi, scritto in occasione del ventennale dell’assassinio di Padre Pino Puglisi, ha dato voce alla storia di Giuseppe Carini, giovane di Brancaccio che cambiò vita dopo avere incontrato sulla sua strada padre Puglisi e scelse di testimoniare contro la mafia. Una scelta di vita pagata a caro prezzo. Oggi Carini è un testimone di giustizia, sottoposto dal 1995 allo speciale programma di protezione. È un testimone/fantasma che ha usufruito del cambio di identità, ma che ha dovuto tagliare tutti i contatti con la sua precedente vita, la sua terra, la sua famiglia.
Nel 2015, a venticinque anni dal assassinio del giudice ragazzino, Mistretta ha pubblicato un altro saggio inchiesta, il volume Rosario Livatino. L’uomo, il giudice, il credente, con la collaborazione di padre Giuseppe Livatino, omonimo ma non parente del giovane martire e postulatore della causa di beatificazione. Saggio in cui ha inserito le agende inedite di Livatino, assassinato il 21 settembre 1990.
E nel 2021, in questa triste era di pandemia in cui troppo spesso vediamo serpeggiare egoismo, disinteresse e generale menefreghismo, Mistretta pubblica Don Fortunato Di Noto per parlare della sua costante battaglia in difesa dei bambini. Lo stesso Don Fortunato aveva firmato la prefazione della recente riedizione del suo Il canto dell’upupa.
Un’altra storia vera, reale, con un protagonista forte, testardo, pragmatico: don Fortunato Di Noto, sacerdote siciliano, fondatore dell’associazione Meter, da molti anni schierato in prima linea nella lotta alla pedofilia e alla pedopornofilia, incontenibile e osceno fenomeno diffuso ovunque soprattutto per mezzo di Internet.
Ma chi è Don Fortunato Di Noto?
Poteva essere un ragazzo come tanti: terzo figlio di Salvatore, carabiniere, famiglia orgogliosamente cattolica, con una fede intrisa di forti valori morali, cresce a Ragusa, poi dopo il congedo paterno dall’Arma, a quattordici anni si sposta con la famiglia ad Avola, paese di origine dei Di Noto, grosso centro in provincia di Siracusa. Frequenta la scuola media in cui avanza a fatica, pur non amando le materie scientifiche e tecniche inizia ragioneria che lascerà dopo un’ennesima bocciatura per tornare a Ragusa. Dato l’affollamento in casa della sorella, già sposata, entrerà in seminario come studente esterno. Finalmente e faticosamente raggiunge il diploma, con il minimo sindacale di 36/60. Nel 1984 ha ventun anni, ha frequentato le ragazze, ama la parola amore forse in astratto, ma decide di entrare nel seminario diocesano di Noto. Vuole diventare prete. Studierà filosofia e teologia presso la Facoltà “San Paolo” di Catania, per poi completare la formazione presso la sezione distaccata di Noto della Pontificia Università Gregoriana di Roma, laureandosi in Storia della Chiesa. Il 3 settembre 1991 verrà ordinato sacerdote nella Cattedrale di Noto.
Forte di una passione per la tecnologia, alla fine del 1989 scopre per caso a Roma, sui computer di colleghi studenti americani, che a quell’epoca già disponevano in Vaticano di connessioni Internet, un sito contenente immagini di bambini violati. Sarà il suo primo impatto con la pedopornografia, e da quel momento decide che si dedicherà con tutte le sue forze a combatterla. Nel 1995 viene nominato parroco della Madonna del Carmine ad Avola. Una parrocchia poverissima e una chiesa dove manca tutto, persino le porte. Un contesto miserevole e degradato, con le strade sterrate e privo di illuminazione stradale.
Ma la sua grande opera partirà da lì, costretto a impegnarsi di persona, a metterci la faccia e la reputazione, una specie di Masaniello per poveri parrocchiani in salsa siracusana, e poi per ben ventiquattro anni tanto e tanto lavoro, fino a quando pian piano appare qualcosa, una luce, una via da seguire. Perché la sua vera vita è quella dei diseredati e dei bambini violati. Con l’aiuto del fratello, ingegnere informatico, diventa esperto di Internet, arriva a rischiare accuse di pedofilia per voler andare a scavare in quei siti dell’orrore in prima persona, ergendosi con forza a difesa dei deboli. Comincia con Carlos, il piccolo brasiliano, supera i problemi della lingua, riesce a mettersi in contatto con la polizia locale al di là dell’oceano che in poco tempo riesce a sgominare una banda di sfruttatori. Continua a cercare il marcio e a battersi dove e come può in ogni paese. Dopo aver ideato il Telefono Arcobaleno contro la pedofilia, nel 1996 fonda l’associazione Meter, proseguendo la sua battaglia. Denuncia le associazioni di pedofili, persone che addirittura celebrano feste annuali per festeggiare le loro aberrazione. La sua inarrestabile attività contro gli abusi sui bambini l’ha fatto conoscere ormai a livello internazionale…
Un intero capitolo è dedicato al dramma, troppo a lungo ignorato dalla chiesa, della pedofilia. Dramma vero, come ha detto lo stesso papa Francesco, perché la pedofilia è anche dentro la Chiesa, quindi il lavoro più difficile sarà riuscire a estirpare le mele marce dalla casa di Dio. Ma fino a quando ci saranno angeli combattenti pronti a levare la spada come don Fortunato Di Noto, bisogna andare avanti. Crederci, credere in lui e nella sua grande fede perché, anche se a noi fa difetto, non bisogna mai disperare.
L’ultima parte del libro è dedicata alle testimonianze dirette di vittime di abusi, necessarie perché chi è vittima non deve e non dovrà mai colpevolizzarsi per quanto ha dovuto subire. Storie di pedofilia, accorati sfoghi di persone violate in famiglia, da parenti insospettabili, o peggio da uomini di chiesa. Ma l’orrore cammina nel web, nelle profonde fauci del dark web. Inimmaginabile, inspiegabile, incomprensibile per la maggior parte di noi, ma è una realtà che bisogna conoscere per poterla combattere.