Shanmei
Delitto a bordo del Giava
Books Editions, 2021
Recensione di Patrizia Debicke
Il 19 luglio 1900, una bella e calda giornata di sole, il non ancora trentenne tenente Luigi Bianchi, piemontese delle Langhe che fa parte di un contingente italiano inviato in Cina per sedare la rivolta dei Boxer, sale a Napoli a bordo del piroscafo Giava, destinato al trasporto di uomini e derrate militari afferenti la spedizione. Le operazioni di imbarco sono ormai terminate, la piccola squadra navale composta dai piroscafi Minghetti, Giava e Singapore, messi a disposizione dalla Compagnia di Navigazione Italiana, strapieni e ancorati in porto, attendeva ma le procedure di rito legate alla partenza non sono ancora state avviate…
Bianchi scambiò due parole con il marchigiano doc e socialista d’animo, sergente Vincenzo Bertelli, ai suoi ordini in Africa e pazientò ammirando la bellezza del golfo partenopeo fino all’arrivo del sovrano che voleva salire a bordo di persona per congedarsi ufficialmente dagli ufficiali e dai marinai. E infine, inattesa che la piccola squadra navale, superati gli ultimi ostacoli burocratici e indugi, prendesse finalmente il mare, andò a sistemarsi in cabina.
Il ritorno in famiglia di Luigi Bianchi, dopo i lunghi anni di servizio in Africa, gli aveva fatto riscoprire i pregi della vecchia casa, il sincero affetto dei genitori e del fratello maggiore, il tepore della famiglia, ma anche la certezza di essere un buon soldato e un bravo ufficiale, qualità che, garantendo la bontà della sua scelta di vita, gli fanno quasi dimenticare un filo di nostalgia per la partenza, stavolta verso paesi molto molto lontani.
Siamo nel 1900, per il Regno, il Governo e l’Italia tutta questa missione dovrebbe rappresentare, sia psicologicamente che militarmente, una specie di riscatto dopo la bruciante sconfitta di Adua in Africa seguita dal trattato di Addis Abeba. Una missione che deve permettere all’Italia di far parte della coalizione internazionale contro i Boxer di otto nazioni: Russia, Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Italia, Giappone e Austria. Il nome inglese Boxer è legato al metodo rituale di combattimento dei suoi membri. Il movimento dei Boxer, nato all’inizio in funzione antimancese (anti imperiale dunque), ben presto tuttavia si rivoltò contro gli occidentali e il risentimento nei loro confronti esplose a causa della continua ingerenza straniera negli affari interni della Cina, durante gli ultimi anni della dinastia Qing.
Nel 1898, contro la crescente influenza straniera, i Boxer scatenarono la rivolta dapprima nelle province settentrionali del paese, con massacri di stranieri e cristiani cinesi; quindi, con l’adesione e il concorso di facinorosi elementi dell’esercito imperiale, attaccarono le legazioni straniere a Pechino con la connivenza passiva dell’imperatrice madre Cixi.
Alle 19 del 19 luglio 1900, il Giava salpò finalmente dal porto di Napoli, con il Minghetti e il Singapore in scia, scortati dalla Regia Nave Stromboli. I tre piroscafi erano del genere usato dagli emigranti italiani, non proprio adatti a stipare truppe e attraversare equatori e latitudini, ma questo era quanto di meglio fossero riusciti a mettere insieme per partecipare a quella rabberciata spedizione ,con lo scopo di gareggiare con le grandi potenze con pochi mezzi.
Sulla nave però, dopo la partenza, cominciano a farsi sentire rumori e strani movimenti che inquietano. Si sospetta la presenza di clandestini a bordo, si pensa a furti, si temono sabotaggi.
Poi il 29 luglio, poco prima di lasciare Aden, vengono raggiunti della infausta notizia della morte di re Umberto, ucciso dall’anarchico Bresci.
A un viaggio pieno di disagi, incertezze, noia, tempeste, epidemie si aggiunge…un delitto.
Il 31 luglio, nel locale caldaie, viene trovato il corpo senza vita di un clandestino ben vestito, in borghese e di cui nessuno sembra conoscere l’identità. Chi è? Cosa ci faceva a bordo? Unico indizio un anello con un simbolo laico segreto, legato ai Gesuiti. Dunque c’è un assassino nascosto trai passeggeri o i componenti dell’equipaggio?
Il comandante della nave, a cui sono state rese note le capacità poliziesche che hanno messo in luce il tenente Luigi Bianchi nella sua precedente inchiesta (si veda Un gioco di pazienza), gli affida l’incarico di indagare sul delitto e arrestare l’assassino.
Bianchi accetta, si mette subito all’opera rovesciando ogni angolo della nave con l’aiuto dal tenente medico Maurizio Valente e dal sergente Vincenzo Bertelli, ma ben presto l’indagine si trasformerà in qualcosa di molto rischioso, perché appare chiaro che a qualcuno non piace l’arrivo del Giava in Cina. E, se non bastasse, chi va per mare conosce bene il vecchio detto profetico: su una nave una donna a bordo porta male…
Ambientato ai primi del secolo scorso, con una perfetta ricostruzione di mentalità, consuetudini che inquadrano, pennellandoli con cura, i diversi personaggi della storia, o novella coma la si preferisca chiamare, in Delitto a bordo del Giava ogni cosa profuma di passato: dalle pietanze che i passeggeri gustano, adalcuni licenziosi e sfiziosi particolari di vita dell’epoca permeati dalle consuetudini di una religiosità quasi paganeggiante e dal sapore nostalgico di un’Italia lontana. Insomma mentre a Parigi impazza la Belle Époque, Delitto a bordo del Giava narra il pericoloso viaggio sulla nave che porterà il tenente Luigi Bianchi fino in Cina: un viaggio a ritroso nel passato in un mondo che, pur perduto da tempo, si tradisce a ogni pagina.
Il rapporto ufficiale della missione italiana in Cina riporta:
Tra il 16 e il 19 luglio 1900 furono completate a Napoli le operazioni di imbarco del Corpo di Spedizione italiano inviato in Cina in seguito alla Rivolta del Boxer sui piroscafi Minghetti, Giava e Singapore, messi adisposizione dalla Compagnia di Navigazione Italiana, ex Florio Rubattino. Erano navi a carbone, la nave San Gottardo seguiva il convoglio come carbonaia, e per il trasporto merci.
La mattina del 19 Re Umberto I passò in rassegna i reparti. Fu la sua ultima apparizione pubblica, dopo pochi giorni, il 29 luglio 1900, fu ucciso a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci. I tre piroscafi furono scortati dalla Regia Nave Stromboli. Al seguito del Corpo di Spedizione vi furono numerosi giornalisti come Luigi Barzini che raggiunsero il Contingente nel 1901.
Il Corpo di Spedizione partì la sera del 19 luglio 1900 e dopo aver sostato a Port Said (il 23 luglio), ad Aden (il 29) e a Singapore (dal 12 al 14 agosto),giunse a Taku il 29 agosto 1900, mercoledì Martirio di S. Giovanni Battista. Una volta sbarcato il personale percorse in treno i 150 chilometri che lo separavano da Pechino. L’assalto dell’11 giugno 1900 del Boxer ai quartieri degli stranieri di Pechino, e il successivo cruento assedio ebbe fine solo il 16agosto con l’intervento di una massiccia spedizione internazionale (Giappone, Russia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Italia e Germania). L’anno successivo fu firmato un protocollo, i cui punti salienti erano il pagamento da parte cinese di una cospicua indennità, la creazione di un quartiere delle legazioni a Pechino riservato agli stranieri e il diritto delle potenze straniere a mantenervi delle guarnigioni.
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