Rosalba Costanza
Cenerentola indossava le Diadora
Scatole Parlanti, 2021
Recensione di Roberto Mistretta
C’ha preso gusto Rosalba Costanza a raccontare e, dopo avere dato alle stampe Per sempre (Scatole parlanti), intenso e intimo scritto autobiografico che racconta la perdita della madre, torna in libreria con tutt’altro genere, un irriverente e divertente diario alla Bridget Jones che già dal titolo si preannuncia scintillante.
Cenerentola indossava le Diadora racconta di una donna dei nostri giorni, simpatica ed emancipata quanto basta, col cuore aperto e in cerca del suo uomo, giunta sulla soglia di un’età non più da teen-ager, che fa i conti con se stessa e si scontra coi mille e un problema che anche l’universo maschile vive. Anche se il suo sogno ricorrente la vede cedere davanti all’incedere di un principe azzurro che incarni le fattezze di Luca Argentero, sarebbe disposta ad accontentarsi anche del sosia Colin Firth, a trovarlo però. Ché gli uomini non sai mai come prenderli. Indossi un intimo sexy e magari il lui di turno preferisce i classici mutandoni che tanto piacciono a Hugh Grant. Roba da fare snervare chiunque, a cominciare dalla nostra moderna Cenerentola.
“E allora sapete che vi dico? Mi vesto di vendetta, mi armo di coraggio e indosso le Diadora per correre meglio, sfrecciare, volare come un’aquila reale, al più vicino negozio di intimo e comprare ancora di nuovo, e poi di nuovo ancora, l’ennesimo, irresistibile, seducente, stuzzicante, provocante baby-doll. Non sia mai che incontri Luca Argentero. E fanculo Hugh Grant, Bridget Jones, il suo diario e tutti i mutandoni del creato”.
La nostra protagonista si sforza pure di essere come il lui di turno la vorrebbe, ma arriva sempre troppo tardi e, per quanto perfetta sia, la troppa perfezione diventa un difetto insuperabile.
“Ho un elenco lungo e dettagliato di casi umani e disumani per i quali la mia perfetta perfezione non era sufficiente e abbastanza perfetta e finivo con l’essere relegata e deposta nell’avvilente e penoso cliché del “Peccato che ci siamo conosciuti adesso. Saresti stata la donna giusta”. Al momento sbagliato naturalmente. Non so voi, ma io ho imparato a sorridere. E così tiro un sospirone, di rassegnazione o di sollievo non si sa, indosso le Diadora, guadagno l’uscita e con audacia spavalda saluto, esclamando: “Chiedo scusa per il ritardo.”.
Alla nostra sfigata eroina non va bene neppure quando indossa il costume a due pezzi e sfoggia un fisico niente male, dotata com’è di metabolismo superveloce che non le fa assorbire carboidrati e non l’ha fatta ingrassare di un etto da quando aveva diciotto anni. Una giornata in spiaggia sfoggiando il due pezzi, sdraiata al sole come una lucertola e l’occhio vigile, sognando che si stagli nella controluce sotto l’ombrellone la sagoma del sosia del principe azzurro, sia pure in costume. Ma ecco l’imprevisto, la sabbia che si infila nella parte bassa del costume dopo il bagno rinfrescante. La sabbia che si attacca. Risale. E mentre la nostra eroina entra di nuovo in acqua fino alla vita, per lavare via l’indesiderata ospite con rapidi gesti, l’aria svagata e disinvolta, facendo finta di nulla, ecco sbucare da sottacqua accanto a lei un marmocchio che si mette a urlare “Hai la sabbia nelle mutande, hai la sabbia nelle mutande”.
“E mentre metà spiaggia ti fissa e l’altra metà ti commisera, tu rimpiangi di non essere rimasta a casa. Sul divano. Con ai piedi le Diadora. A mangiare gelato crema, panna e cioccolato. Sola. A sognare quell’adone di Luca Argentero. Sola. E meno male che c’hai il gatto.”
Cenerentola indossava le Diadora è un divertissement che coinvolge il lettore nel rocambolesco flusso di coscienza di questa disillusa quarantenne che, raccontandosi, racconta di noi e della nostra moderna società, frenetica, indisponente, cinica ed egoistica e apre uno spaccato su un mondo altro in cui tutti siamo immersi.
Rosalba Costanza ci regala un diario irresistibile e attraverso la sua protagonista mette a nudo più difetti che virtù del complesso universo maschile e femminile, facendoci sorridere con leggerezza calviniana sui nostri stessi difetti.