Terrarossa – Gabriella Genisi

Gabriella Genisi
Terrarossa
Sonzogno, 2022
Recensione di Patrizia Debicke

Dopo il successo della serie tv Le indagini di Lolita Lobosco (Rai1), interpretata da Luisa Ranieri, Gabriella Genisi porta in libreria un nuovo caso per la commissaria barese.
Siamo nel 2020, nella prima estate dell’era Covid 19, ancora prevaccino. Da marzo Bari è stata in zona rossa come tutta l’Italia, ostaggio di un incontenibile virus che insidiava il mondo intero. Solo poche attività consentite, strade deserte e contatti umani nulli. E dunque Bari è cambiata, e in un certo senso è cambiata anche Lolita e forse, almeno in parte, il suo modo di vedere.
Il 2 agosto a San Vito di Bari, temperatura canicolare ma un mare da favola color smeraldo, Lolita Lobosco tenta di godersi le ferie con Caruso, ricomparso dopo mesi di latitanza per la quale ha accampato strane scuse. Tenta, perché sull’ingresso della rimessa della fiorente azienda agricola Terrarossa, condotta con sistemi all’avanguardia e con rara umanità dalla intelligente Suni Digioia, una giovane di buona famiglia unica erede della fortuna paterna, un vecchio bracciante troverà, tracciata a lettere color carminio, la tragica frase: «Entrate, mi sono impiccata». E così è. Dopo aver abbattuto a spallate il traballante portone d’ingresso, l’uomo scoprirà appeso al soffitto il cadavere della giovane imprenditrice, da sempre militante per i diritti dei braccianti ed ecologista convinta. Suicidio?
Lolita all’inizio fa orecchie da mercante alle grida di aiuto di Antò, Antonio Forte, suo fido collaboratore, ma visto che la pista del suicidio non pare così chiara – la famiglia addirittura lo ritiene impossibile – e visti anche i possibili collegamenti affettivi della sua migliore amica Marietta, dopo aver lungamente nicchiato si lascerà coinvolgere e tornerà al lavoro. E infatti non di suicidio si tratta, anzi l’autopsia dimostrerà che si tratta di omicidio mascherato. Suni Digioia è stata strangolata. Prima di morire aveva bevuto vino rosso, avuto un rapporto sessuale consenziente ma nel suo sangue c’era elevata presenza di benzodiazepine. Insomma qualcuno, e doveva per forza essere qualcuno di sua conoscenza perché accolto in casa, l’ha drogata e poi uccisa. Chi? E perché?
Lolita, in bilico tra rapporti amorosi semi traballanti e impegni domestici di stagione (irrinunciabile salsa di pomodoro corredata da fabbricazione, imbottigliamento e bollitura che come ogni estate profuma la zona), sarà costretta, coadiuvata dai collaboratori Forte ed Esposito, ad andare a rimestare nei meandri passati e presenti della vita privata della vittima. Senza considerare la grancassa cittadina che si è già levata, inondando Bari e dintorni di supposizioni e maldicenze di ogni genere. Tanto per cominciare Suni Digioia era troppo bella, disinibita ed emancipata per non scatenare malevolenza e invidia. E peggio…
Lolita, però, alla ricerca di verità, dribblando le ipotesi passionali andrà a frugare in scontri concorrenziali e contrasti lavorativi.
Sullo sfondo di una città aggredita dalla canicola, Lolita Lobosco affronta con slancio il nuovo e molto insidioso caso da sbrogliare. Tutt’altro che facile e che la costringerà a infilarsi in un mondo articolato e pericoloso, sulle tracce di un universo mafioso legato all’agricoltura dove dominano delinquenza e prevaricazione. Un mondo che pretende di negare qualunque diritto ai lavoratori, spesso immigrati. Un’implacabile realtà che da troppo tempo ormai avvelena non solo la Puglia, ma buona parte dell’Italia del Sud. Nessun italiano dovrebbe dimenticare le responsabilità che condivide, chiudendo gli occhi davanti a questa turpitudine. La colpa è dello stato, delle Regioni che non hanno fatto abbastanza per combattere ed eliminare l’infamia del caporalato e delle agromafie che si arricchiscono sulla pelle di disgraziati ridotti in schiavitù. Con le paghe da fame, il lavoro nero, il bracciante italiano ha preferito andarsene e cedere il posto a poveri immigrati, carne da macello, gente pronta a lavorare a qualunque prezzo. Ma è anche colpa di chiunque si sia voltato dall’altra parte senza fare qualcosa per contrastare questi abusi.
Suni Digioia non era così. Non era mai stata così. Pur operando in un giro tipicamente prepotente e maschilista, non si era voltata dall’altra parte e invece si era eretta a bandiera del sociale, lontana, staccata dalle abitudini latifondiste del territorio. Impegnata nel futuro dell’agricoltura, aveva adottato nuove regole per migliorare la sostenibilità e la gestione aziendale, la scienza tecnologica e la biotecnologia. Per un futuro più etico che partisse addirittura dalla tracciabilità del prodotto per arrivare fino allo scaffale di vendita.
Terrarossa è un noir di denuncia in cui la leggerezza della narrazione si trasforma in un’affilata lama, uno strumento che ci pungola a riflettere su qualcosa che non dobbiamo e possiamo più accettare. Siamo alle prese con gli schiavi del nuovo millennio, non così diversi da quelli raccontati nei romanzi ambientati nelle piantagioni della Louisiana del Novecento. Per quanto ancora vogliamo fare finta di nulla? Anche Lolita, messa di fronte all’evidenza, alla realtà locale del caporalato pugliese e della Capitanata, finisce con il colpevolizzarsi, con l’accusarsi di non avere saputo fare abbastanza… Ma anche volendo, avrebbe potuto?
Una battaglia molto più difficile anche perché combattuta cavalcando, invece che focosi destrieri, vezzose Loboutin tacco dodici e al posto di corazze, ardite e vaporose camicette. E dunque sì! Una battaglia al femminile, con un vivacissimo cervello di donna. Lolita rappresenta un simbolo, un’ideale che lotta con tutte le sue forze per imporsi e riuscire a contare nella sua ricerca della giustizia.
P.S. Grazie per le ricette.

Gabriella Genisi è nata nel 1965. Ha scritto numerosi libri e ha inventato il personaggio del commissario Lolita Lobosco, la poliziotta più sexy del Mediterraneo, protagonista di alcuni romanzi pubblicati da Sonzogno: La circonferenza delle arance (2010), Giallo ciliegia (2011), Uva noir (2012), Gioco pericoloso (2014), Spaghetti all’assassina (2015), Mare nero (2016) e Dopo tanta nebbia (2017). Ha inoltre scritto: La teoria di Camila. Una nuova geografia familiare (Perrone, 2018) e Pizzica amara (Rizzoli, 2019).

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