Rubrica mensile a cura di Fabio Lotti
Il suo freddo pianto di Giancarlo De Cataldo, Einaudi Stile Libero Big 2021.
Torna per la terza volta il pubblico ministero Manrico Spinori o, per essere più precisi, Manrico Leopoldo Costante Severo Fruttuoso Spinori della Rocca dei conti di Albis e Santa Gioconda. Il “contino”. Assillato dalla madre contessa Elena sofferente di ludopatia che ha dilapidato tutto il patrimonio di famiglia, compreso il palazzo Van Winckel in via Giulia in cui abitano, concesso solo in usufrutto.
Andiamo al sodo con il classico passato che ritorna a portare scompiglio nella sua vita. Ovvero l’uccisione, avvenuta dieci anni prima, della transessuale Veronica nell’appartamento in cui viveva e riceveva altolocati clienti. Tra i quali fu accusato uno degli assidui frequentatori, il colonnello Ridoré che pose fine alla sua vita. Proprio Manrico chiuse la pratica, ma oggi ecco le confessioni di un pentito a rimettere tutto in discussione.
Intanto l’omicidio di Valentina viene collegato alla morte per overdose di un’altra ragazza, Betty, entrambe trovate da due poliziotti. E quando uno di questi promette rivelazioni interessanti sul caso verrà investito da un automobilista pirata, mentre l’altro sembra nascondere qualcosa e dovrà essere controllato.
Il caso è complesso e Manrico, che si tormenta dell’errore “Perché se un innocente si è ammazzato per colpa di un’indagine poco approfondita, io mi sento responsabile”, ha bisogno dell’apporto di tutta la sua squadra femminile, la squadra delle Walkirie: Brunella sempre “alle prese con amori sfortunati”; Gavina Orru “la maga della rete” e Deborah Cianchetti “un metro e ottanta di tatuaggi e sovranismo.” Insieme a tutti gli altri e, all’occorrenza, con l’aiuto dell’informatrice transgender Lediosca che gestisce un gender-club a Centocelle.
Il Nostro ha davvero una vita complicata, soprattutto dal punto di vista sentimentale: il rapporto sfilacciato con la ex moglie Maria Giulia e il figlio Alex, quello con la giovane nuova entrata Valentina Poli e con l’anatomopatologa Stella Dubois a provocargli malinconia e turbamenti diversi. Comunque ora è occupato quasi interamente dal nuovo caso e tutti i mezzi vengono sfruttati: le telecamere, il computer, i tabulati telefonici, e se l’inchiesta sembra girare a vuoto c’è sempre qualche opera lirica di cui è appassionatissimo, come L’italiana in Algeri di Rossini, a tirarlo su di morale.
Caso difficile, dicevo, anche perché entrano in gioco certe pericolose connivenze politico-mafiose, e poi la stampa e la televisione a creare scompiglio. Insieme ad altri fatti (i telefoni dei poliziotti infettati), e ad altri personaggi (vedi, per esempio, la figlia dell’ucciso). Ma il “contino” non demorde e “non si sarebbe fermato davanti a niente”, come sa bene il procuratore capo Gaspare Melchiorre che lo conosce da tempo.
C’è tutto e di più in questa storia oltre al fatto criminale in se stesso: Roma con le sue bellezze, i suoi problemi e la sua stuzzicante cucina; personaggi particolari dotati del simpatico dialetto a far sorridere insieme a momenti di pathos e di malinconia; qualche salto sul letto ma solo accennato senza cadere nella volgarità.
E c’è l’autore che profonde lungo il racconto tutta la sua tangibile esperienza di magistrato.
Una rabbia semplice di Davide Longo, Einaudi Stile Libero Big 2021.
Cinquantacinque anni, andatura “basculante”, separato dalla moglie Mariangela, due figli maschio e femmina con i quali ha solo un rapporto formale, sucai perennemente in bocca, gira con la sua Alfa 33, compagno di vita il cane Trepet che ha solo tre zampe, una stanza in affitto nell’abitazione della vecchia signora Germana, sedute di analisi dalla “psicopazza” che gli consiglia di frequentare un sito di appuntamenti. Ecco qualche spunto sul commissario Vincenzo Arcadipane ora di fronte ad una situazione troppo elementare per lui.
In poche parole una badante straniera viene aggredita e picchiata fuori dalla stazione della metropolitana di Torino e l’aggressore, ripreso dalle telecamere, sembra proprio il giovane Luca Apostolo mascherato per gioco, anche se lui nega. Sembra, perché Vincenzo, fidandosi del suo intuito, non è per niente convinto. Qualcosa non quadra e, quando andrà a trovarlo in carcere, ne uscirà ancora più sicuro. Luca stesso gli ha chiesto di trovare il colpevole e lui lo troverà. Con l’aiuto del fedele poliziotto Pedrelli, della brava, aggressiva e “stronzetta” Isa Mancini, dell’ex capo in pensione Corso Bramard malato di cancro, ed in seguito dell’ex collega Luigi Normandia, strano, introverso, visionario, e, come è già stato rilevato, figura inquietante dai tratti tormentati e mistici.
Intanto sorge spontaneo il dubbio, ovvero che qualcuno avrebbe potuto indossare gli stessi abiti mascherati per incolpare Luca. Ma chi? E per quale motivo?…
Il commissario non è più il “ruvido Arcadipane di un tempo”, ora si sente stanco, spossato e preoccupato per la situazione famigliare, anche perché la figlia Loredana frequenta un pericoloso sito di incontri. Perciò il “viaggio” lungo questa nuova avventura sarà, per lui, difficile e stressante. Un viaggio per le strade di Torino bella e sgradevole allo stesso tempo, incontri e incontri, mangiate e bevute, ricordi e ricordi, battute infiorettate con qualche sorriso, il senso della sconfitta nella sua vita ma anche forza, tenacia, ironia e cinismo a tirarsi su. Il viaggio di un uomo comune con tutti i casini che si porta appresso.
Per non farla lunga e scoprire troppo le carte dalle indagini verrà fuori un inquietante dark web dove si trova “gente che affitta killer, droga che puoi farti spedire a casa, armi, perversioni, razzismo, antisemitismo, misoginia, snuff movie, pornografia e soprattutto pedofilia” gestito da persone inafferrabili. Nel quale si cercherà di entrare e smascherare il “costruttore” di un gioco diabolico che ha prodotto fatti sanguinosi tra cui quello della badante straniera.
Una discesa infernale nell’inferno del web.
Quella casa in Tuesday Market di J.S. Fletcher, Mondadori 2022.
Leyminster. È la sera di domenica 15 novembre 1925 quando l’attore professionista Lamon Trappes esclama, rivolto all’amico Gaisford che lo ha invitato, “Io non vivrei in questa casa… o meglio, per essere assolutamente precisi, non vivrei nel tuo studio per tutto l’oro del mondo!”. Ritiene che in quella stanza sia successo qualcosa di funesto, magari un omicidio o un suicidio. Sicuro, perché lui è un sensitivo e “sente” le cose. In seguito, quando l’amico se ne è andato, anche la governante racconta di un fatto piuttosto strano avvenuto nello studio, proprio nell’angolo dove era seduto Lamon Trappes, a destra del camino. Lo stesso Gaisford incomincia ad avvertire una strana sensazione, soprattutto rivolgendo lo sguardo verso una cassapanca in legno massiccio imbullettata con grosse viti e usata come sedile, per ammirare il panorama circostante. Non può fare a meno di aprirla “E proprio mentre l’orologio batteva le dieci, mi ritrovai a fissare il cadavere di un uomo”.
Prima di andare dalla polizia decide di chiedere l’intervento dell’amico avvocato Landale che scoprirà l’identità del morto, ovvero l’avvocato Machin, scomparso dopo essere uscito di casa addirittura circa dieci anni prima. E che risulterà essere stato strozzato e imbalsamato!…
Una bella gatta da pelare per il sovrintendente Furniss che subito trova nel cappotto del defunto un frammento di carta appallottolato con la scritta “Stasera, verso le 9.30”. E poi nota un fatto particolare. Dentro la cassapanca ci sono tutti i suoi abiti ma mancano le scarpe o gli stivali. Perché?…
Andando avanti nella storia si scoprirà che il fu avvocato era un dongiovanni e che, forse, se la intendeva con la bella signora Hadrill. E che, ancora forse, il marito della suddetta avrebbe avuto un bel motivo per farlo fuori. Ma per Furniss non c’è “forse” che tenga, e John Hadrill verrà processato nell’aula del coroner Barling.
Il caso non è così semplice come sembra al sopracitato sovrintendente, anche se si aggiungono altri elementi a sfavore dell’indiziato. Tra l’altro potrebbe esserci di mezzo una donna e c’è bisogno dell’arrivo di due esperti di Scotland Yard a dare una mano all’indagine. Esamineranno a fondo la cantina della casa dalla quale verrà fuori qualcosa di interessante…
A questo punto mi fermo per non scoprire troppo aggiungendo soltanto: il famoso biglietto sparisce; viene fuori qualcosa di particolare sul dottor John Riddington che aveva venduto la casa a Gaisford; molto gira intorno agli avvenimenti del 12 dicembre 1915 e durante il processo assisteremo a diverse sorprese e ad un colpo, colpissimo di scena finale. Chi avrà ucciso e imbalsamato l’avvocato Machin?…
Qui non siamo di fronte al classico detective geniale tipico di tante storie sanguinolente ma ad un’indagine condotta da più persone, tra le quali anche i personaggi che abbiamo conosciuto all’inizio.
Per I racconti del giallo abbiamo Peccati capitali di Patrizia Lello.
Pontescuro durante il primo governo della repubblica. In un edificio conventuale della chiesa, proprio nella sua stanza, è stato ucciso padre Rossi Rivara. Così viene detto al tenente Luigi Martini che indaga con il maresciallo Giordano. Però trattasi di una strana morte senza “graffi né unghie spezzate né sangue”. E poi un prete con un chevalier in oro al mignolo della mano destra e polsini con gemelli sempre in oro, sembra ancora più strano. Una brutta gatta da pelare per il nostro tenente…
Gradevole lettura.
Strigarium. I delitti del noce di Luigi Boccia e Nicola Lombardi, Mondadori 2022.
Subito all’inizio, da una lettera al pontefice Innocenzo Decimo Primo di fratel Damiano Corsi del monastero di Santa Croce in Benevento del 2 giugno 1678, veniamo a sapere che da quelle parti c’è una congregazione di uomini, ma in special modo di donne, dediti all’adorazione di “un turpe albero di noce cui vengono tributati sacrifici e offerte di natura indubbiamente diabolica”. Inoltre il priore del monastero Astolfo Bonaiuti è una delle vittime di tale “malia” e il 24 giugno venturo i congregati si raduneranno intorno all’albero infernale.
Ecco allora che il papa manda il nipote Flaviano Altobrandini a indagare insieme al suo assistente Jacopo da Cornedo. Soprattutto sul massacro delle pagane avvenuto la notte di San Giovanni e su tre di esse che, scampate all’eccidio, in seguito hanno ucciso quindici frati al convento della Santa Croce. Una è stata fatta prigioniera ma le altre due sono riuscite a fuggire e vanno riprese. Inoltre si troveranno di fronte anche al caso dell’economo Romualdo De Biase impiccato nel proprio alloggio ad una trave. La porta chiusa e la chiave rinvenuta sul viale il giorno dopo. Perché? Omicidio o suicidio? Qualcosa non quadra e, secondo Flaviano, forse c’è pure un collegamento fra questa morte, le “vicende stregonesche” e il famoso Noce di Benevento.
Vediamo un po’, almeno all’apparenza, il novello duo Sherlock-Watson. Flaviano, frequentatore tra l’altro di bordelli (potrebbe venirgli utile), ha avuto come educatore Riccardo di Montelupo per cui bisogna osservare tutti gli elementi di un problema per capire quelli “essenziali”, e dubitare di tutte le cose come insegna Cartesio. Lo troveremo sempre pronto a riflettere durante i vari momenti dell’indagine pur con il ricordo doloroso di Lucrezia, la donna amata e accusata di stregoneria, inquieto fantasma che gli infesta il cuore. Jacopo da Cornedo è “un giovane cavaliere di nobili discendenze”, ottimo spadaccino e mano veloce con il coltello, ora stupito o in dubbio sulle intuizioni di Flaviano, ora pronto allo scontro, ora dotato di qualche spunto interessante.
Non la faccio lunga. Data la variegata complessità del libro, butto giù all’impronta le sensazioni ricavate dalla lettura. Trattasi di un excursus storico delineato con grande perizia in stretta alchimia con la creatività, la fantasia e l’immaginazione. Un impasto bene amalgamato di verità e finzione, voci, ombre, mistero, visioni, sussurri, fremiti, paura, riti diabolici, stregoneria e il marcio che si annida anche in certi ambienti della Chiesa. Passaggi veloci da una situazione all’altra, capitoletti brevi alternati a certi più lunghi, alternanza anche di luoghi e personaggi delineati con tocchi sapienti tali da restare impressi nella memoria. E poi la ricerca del famoso Noce, l’Oracolo delle streghe, la lotta per l’Oracolo, la cerimonia dell’Oracolo, un libro ritrovato, lo Stregarium, davvero importante, un messaggio lasciato dall’impiccato e altri decisivi tasselli tutti tesi a formare il quadro sempre meglio delineato dentro un’atmosfera inquietante e brividosa.
Comunque per Flaviano, dopo aver parlato con chi di dovere e osservato attentamente gli ambienti in cui si sono svolti certi fatti, bisogna entrare nei sotterranei del monastero. È qui che, secondo il suo intuito, scopriremo la verità. Ma quale?…
Una piacevolissima lettura.
I Maigret di Marco Bettalli
Maigret a Vichy del 1968
Se uno riesce a scrivere un capolavoro dedicando più di metà delle pagine a una coppia di mezza età (Maigret e signora) che, nella prima estate, tutti i giorni, fa il giro di Vichy parlando di nulla e bevendo acque termali, allora vuol dire che è un genio. E Simenon lo è. Lo strangolamento della “signora in lilla”, che viene a interrompere il tran-tran, non si risolve in un vero e proprio giallo (Maigret, tra l’altro, è in vacanza, e fa solo da spalla al simpaticissimo commissario che lo adora), l’assassino viene scoperto piuttosto rapidamente. Ma dietro questa violenza improvvisa si svela piano piano un mondo, che permette a Simenon di tratteggiare figure intense, traendole dal suo repertorio preferito: il ricchissimo e signorile industriale (ovviamente, venuto su dal nulla, altrimenti non sarebbe così ben voluto da tutti, anche dopo la confessione: “Spero che lo assolvano”, borbotta Maigret…), ingenua preda di una oscena, quasi inumana coppia di sorelle che gli spillano 5.000 franchi al mese (credo più o meno lo stipendio di Maigret) per il mantenimento di un figlio morto da tantissimo tempo, e di cui l’industriale non era neppure padre. Diciamocelo: Simenon, in realtà, odia le donne e si diverte a tratteggiarne di mostruose (la madre dell’assassino del n. 6, e poi i nn. 15, 24, 27, 38, 53, 67, se non ne dimentico qualcuna), quando semplicemente non sono ninfomani (un altro must). Tornando a Maigret a Vichy, il risultato è godibilissimo, intenso, tra i migliori della nostra lunga serie.
Spunti di lettura della nostra Patrizia Debicke (la Debicche)
I fiori della morte di J.J. Ellis, Ponte alle Grazie 2022.
Debutto sorprendente di una nuova voce nella narrativa poliziesca. J.J. Ellis, nato nello Yorkshire, nel nord dell’Inghilterra, ora residente a Londra, ottima conoscenza dell’“universo” Giappone causata dal fatto che un membro della sua famiglia, cantando in giapponese nel Regno Unito, avrebbe vinto un viaggio a Tokyo (cosa che accadrà in questo romanzo a una ragazza francese). Viaggio che sarebbe stato solo il primo di una lunga serie…
Da qui I fiori della morte (tradotto da Gaja Cenciarelli), primo romanzo della “trilogia giapponese” che ha come protagonisti la giovane giornalista inglese Holly Blain, che nelle ore libere suona per una band locale, e il cinquantenne padre di famiglia e ispettore giapponese (che vorrebbe invano nascondere di essere mezzosangue americano) Tetsu Tanaka.
Holly Blain, giovane e bella venticinquenne inglese ormai trapiantata a Tokyo, parla perfettamente la lingua del paese ed è una tra le poche giornaliste occidentali che lavorano per un giornale giapponese a Tokyo. Ma il suo attuale lavoro saltuario nel giornale collegato all’ambiente musicale non la soddisfa. Non le piace intervistare sciocche e ridacchianti popstar adolescenti, troppo truccate, no, Blain mira a fare qualcosa di più interessante. Vorrebbe occuparsi di notizie vere, di quelle che volano in prima pagina e fanno vendere una testata. Insomma vorrebbe ottenere un posto fisso come cronista di cronaca nera. Ma per farlo dovrà impegnarsi a fondo.
Quando incontra l’ispettore Tetsu Tanaka, capo dell’unità Gaikoku-jin della polizia metropolitana di Tokyo, impegnato in una complessa indagine sulla scomparsa di due giovani europee, gli si incolla alla costole. La prima ragazza scomparsa, Elin Granqvist, diciassettenne svedese, sarà ritrovata morta, e presumibilmente si tratta di omicidio, in una discarica cittadina, mentre la seconda, francese e coetanea dell’altra, Marie-Louise Durand, che è arrivata a Tokyo con il padre perché ha vinto in patria un premio di canto, non è tornata in albergo all’ora convenuta e non ha più dato notizie di sé.
Una brutta faccenda che presto rivelerà il peggior risvolto e un caso clamoroso. Se ne impadroniranno le testate giornalistiche più smaliziate, in grado di mettere in cattiva luce la polizia che, a corto di mezzi e uomini, non gira al meglio delle sue potenzialità. Holly Klein si rende conto che deve trovare un modo per guadagnare la fiducia del poliziotto, ne avvicina la famiglia con una scusa e quando, avvalendosi delle conoscenze locali, scoprirà che la piccola svedese, esibendo documenti falsi che le regalavano cinque anni in più, aveva cominciato a lavorare come hostess in un club, L’Aphrodite Go-Go, spera di avere finalmente fra le mani la grande occasione che aspettava. Ma Tanaka non ne è così sicuro. Sempre molto controllato, abituato a muoversi con discrezione, non ama aggirare le regole, stenta a coinvolgere la giovane inglese nelle indagini e ad avvalersi del suo aiuto. Ciò nondimeno, messo sotto pressione dai superiori e sulle tracce della giovane francese scomparsa, l’ispettore non avrà altra scelta che fidarsi di Holly Klein: soprattutto per la sua perfetta conoscenza di lingua e stile giapponese, per il particolare look androgino da lei adottato e per la capacità di ragionare e infiltrarsi ovunque. Holly infatti, con il suo taglio di capelli corti e il suo disinvolto modo di fare che le consentono di mimetizzarsi e frequentare ogni ambiente, gli permetterà di scoprire importanti elementi utili per l’indagine.
Le indagini in parallelo della giornalista e del poliziotto, suffragate da alcune testimonianze e dalle immagini riprese da telecamere di sorveglianza, permetteranno di arrivare a delineare la figura di un misterioso killer, ossessionato dalle composizioni floreali rituali. Da quel momento la caccia all’assassino di Holly Klein e Tetsu Tanaka prende il ritmo di un affannoso inseguimento ma il killer meticoloso, ingannevole e sfuggente come una biscia, in un attimo può trasformarsi in una cobra pronto a colpire a morte. Bisogna ragionare, stare in guardia ed evitare a ogni costo di cadere nella sua trappola…
Un thriller coinvolgente e raffinato dal ritmo incalzante, dove ogni personaggio verrà ineluttabilmente posto davanti ai propri limiti: un traguardo da superare, un vuoto da colmare, un mostruoso incubo psicologico da cui fuggire. E un perfetto e calibrato finale che ci fa presagire tanti misteri e segreti per il prossimo capitolo della trilogia.
Nulla ti cancella di Michel Bussi, Edizioni E/O 2022.
Maddi, quarantenne benestante, indipendente, madre single di Esteban, vive ed esercita la professione di medico a Saint-Jean-de-Luz, celebre località balneare della costa basca.
Ogni mattina Maddi Libéri ed Esteban hanno il loro rituale. Prima che lei raggiunga lo studio per visitare i pazienti e Esteban vada a piedi a scuola, si vestono e vanno in spiaggia. E a partire dalla primavera, appena l’acqua supera i diciassette gradi, fanno il bagno insieme. Ma quella mattina, alle otto del 21 giugno 2010, con il mare che esibisce il suo volto più corrucciato, Maddi dice a Esteban: “Oggi no tesoro, è troppo mosso” e anche se è il giorno del suo decimo compleanno, non si può nuotare, devono rinunciare…
Gli promette però, per consolarlo, che il bagno lo faranno insieme la sera o la mattina dopo. Infine, come sempre, Maddi gli dà una moneta da un euro perché passi a comprare una baguette prima di tornare a casa, mentre lei fa la doccia. Ma quella mattina Esteban non tornerà a casa per festeggiare con lei il suo compleanno, per aprire il regalo nascosto come sempre in bagno, nel mobile basso sotto il lavandino. No, Esteban è scomparso. Nessuno a Saint-Jean-de-Luz ha visto niente, nessuno sa niente di un bambino che ha addosso solo un costume blu indaco con una piccola balena bianca ricamata sulla gamba sinistra… La cosa peggiore è che Maddi non vorrà mai accettare, neppure di fronte a dati inesorabili, la sua scomparsa.
Esattamente dieci anni dopo, a giugno 2020, Maddi, che nel frattempo si è trasferita a Étretat in Normandia, ha messo al mondo Gabriel e, nonostante il dolore e il rifiuto di metabolizzare la perdita di Esteban, ha in qualche modo ricostruito la sua vita, ritorna nei Paesi Baschi in una specie di evocativo pellegrinaggio. Ma là, esattamente sulla stessa spiaggia, vedrà un bambino biondo sdraiato sulla sabbia vicino alla madre, un bambino con lo stesso identico costume blu indaco con ricamata una balena. Stesso costume da bagno, stessa altezza, stessa corporatura, stesso taglio di capelli. Maddi si avvicina, lo guarda… e per lei è come se il tempo si fosse bloccato. Perché quel bambino sembra proprio Esteban. Identico. Ma, anche se la razionalità le dice che non può essere Esteban, perché lui oggi dovrebbe avere vent’anni, questo bambino assomiglia come una goccia d’acqua al figlio perduto, pare il suo gemello.
Da quel momento la sua unica ossessione sarà scoprire l’identità di questo bambino. Non sarà difficile sbirciare nella borsa della madre mentre fa il bagno: il piccolo si chiama Tom Fontaine, ha dieci anni e vive con la madre a Murol, un villaggio montano dell’Alvernia.
Senza ascoltare i preziosi consigli del suo psichiatra, collega e caro amico, e senza riflettere su quanto questo possa incidere nella sua vita e in quella di suo figlio Gabriel – il dolce bambino quasi decenne tanto diverso dal fratello perduto, un piccolo genio del web, e in realtà la sua colonna, il suo faro, il coraggioso e indomito cucciolo che la ama con tutto se stesso – Maddi Libéri decide di lasciare la professione in Normandia, il suo studio, la sua vita e i suoi pazienti, per andarsi a stabilire ed esercitare a Murol in Alvernia, inseguendo la misteriosa scia di Tom, il “gemello” sconosciuto. E non sarà facile perché, affrontato il trasloco a Murol, dovrà riuscire a rompere il ghiaccio, arrivare a scalfire la grezza scorza di gente dura, montanari diffidenti e chiusi.
E pur con le problematiche per avvicinare Tom, avviluppato da sua madre in una rete di protezione, arriverà a scoprire che persistono in lui inspiegabili somiglianze con Esteban: stesse passioni, stesse paure… e persino una stessa voglia. Nuovi dati. Altri indizi. Ma come trovare una spiegazione?
Maddi, di solito così misurata, razionale, può arrivare a credere nell’impossibile? Possibile che Esteban sia diventato Tom? Ma se così fosse, Tom potrebbe essere in pericolo?
Con una premessa originale e imprevedibile, Michel Bussi ci offre fin dalle prime righe una trama avvincente e affascinante e, come accade spesso, la precisione nella descrizione dei luoghi e dei paesaggi è talmente azzeccata da restituirci l’ambientazione al pari di un documentario. Bussi ci immerge in una continua suspense insieme ai suoi personaggi, perfetti ma con imperfezioni, difetti, crepe, debolezze, ferite e altre fragilità che li rendono realistici, credibili e affascinanti. Tutto poi procede molto velocemente, fino all’esplosione finale, inaspettata, grandiosa, superba! Tutto si può spiegare.
Anche stavolta Michel Bussi sfida le leggi della logica con una trama che mischia esasperata razionalità con lampante soprannaturalità. Un romanzo fatto di contraddizioni che si attraggono, di opposte somiglianze. Un romanzo zeppo di paradossi che tuttavia ci offre un filo conduttore, una guida o meglio una via di uscita da un luogo di morte. E con una soluzione fantastica a una storia diabolicamente machiavellica, al limite della crudeltà.
Un saluto da Fabio, Jonathan e Jessica Lotti