Letture al gabinetto – Settembre 2021

Vorrei fare un saluto a tutti i blogger che gradiscono i miei pezzi. Grazie, ragazzi!

Il problema del signor Priestley di Anthony Berkeley, Il Giallo Mondadori 2021.
Un esperimento. Un esperimento psicologico, per vedere l’effetto che fa (ciao, Iannacci!). “Non si tratterebbe di un vero omicidio, naturalmente, ma solo di predisporre le cose in modo che il tizio creda di averlo commesso” è il piano diabolico secondo uno dei proponenti. E il “tizio”, tra l’altro, è già bell’e pronto nella persona nel signor Matthew Priestley, scapolo benestante, timido e riservato. Praticamente un’“ameba”.
Basta attirarlo con le sembianze di una bella ragazza, che fa parte del gruppo, e inventare una storia per indurlo a riprendere certe lettere compromettenti della stessa in una certa casa. Solo che lì, tra mille precedenti titubanze, si troverà incasinato in una finta tragedia. Ovvero lo sparo da parte sua e la falsa uccisione di uno della combriccola travestito (la pistola è caricata a salve). A rompere le uova nel paniere ecco l’arrivo di un vero poliziotto, e il nostro povero, innocente Priestley si trova in brutti guai. Tutto, però, potrebbe essere risolto se gli organizzatori della burla infame mettessero in chiaro la vicenda, che invece sembra ancor più prendere la piega del giallo psicologico previsto. Molto eccitante…
Comunque il burlato riesce in qualche modo a fuggire, seppure ammanettato, portando via anche la ragazza e da qui in poi situazioni comiche paradossali a non finire con cambi repentini di umore tra i due personaggi. Mentre il finto cadavere, ritenuto, tra l’altro (non sto a spiegare il motivo), un principe ereditario, sparisce e la polizia indaga nella persona dell’ispettore Cottingham di Abingehester.
Ma nascono anche scontri e diatribe tra i componenti della “banda” giallastra: c’è chi vorrebbe porre termine alla farsa e chi, invece, tutto preso dallo svolgimento inaspettato degli eventi, non ci pensa manco un secondo. Scontri e diatribe, talora di irresistibile comicità, anche tra l’ispettore Cottingham e il suo superiore, colonnello Ratcliffe venuto a risolvere questo dannato omicidio senza cadavere. A cui si aggiungerà in seguito perfino Scotland Yard…
Il nostro povero Priestley al centro della scena “con la faccia da uovo bollito”, sballottato da continui cambi di situazioni che lo fanno sembrare addirittura, agli occhi del suo valletto, un vecchio marpione che se la spassa, contemporaneamente, con due donne. Incredibile incasinamento degli eventi che si susseguono a ritmo serrato coinvolgendo anche i giornali locali e la popolazione. Colpi di scena a go-go, dicevo, veloci cambi di prospettiva, travestimenti, battute, sberleffi, ironia, divertimento per i lettori e per lo stesso grande autore dell’epoca d’oro. Che ogni tanto si rivolge a noi, e mi immagino sorridere sotto i baffi, anche se non ce li ha, durante tutto il tragitto della storia.
Esilarante.
All’interno il racconto Le scarpe rosse di Luigi Boccia.
Un murale. Un uomo nero che tiene per mano due bambini senza volto. Sullo sfondo un albero dai cui rami pendono quattro piccoli cadaveri impiccati. Accanto una filastrocca proprio sull’uomo nero. E ci sono già un bambino ucciso e una bambina sparita. Caso difficile per il poliziotto Flavio Argento già segnato da una dura esperienza. Solo certe scarpette rosse disegnate sul murale potranno essergli di aiuto. Anche se le tragedie non finiranno mai…
Per La storia del premio Tedeschi di Vincenzo Vizzini abbiamo i vincitori del 1995: Vincenzo De Falco e Diana Lama; del 1996 Linda di Martino e del 1997 Nello Rossati

Sherlock Holmes e gli orrori del Miskatonic di James Lovegrove, Il Giallo Mondadori 2021.
La quarta di copertina ma, soprattutto, il bellissimo articolo nella rubrica Sotto la lente di Sherlock, ovvero Sherlock Holmes e i miti di Cthulu di Luigi Pachì mi hanno convinto alla lettura. Perché qui non si tratta del solito scontro con i soliti delinquenti umani, ma di una lotta terribile dei due eroi contro forze oscure e “mostruosità ultraterrene” alla Lovecraft da far venire i brividi.
E allora vediamo che cosa ci ha preparato il nostro mister James. Intanto sono passati quindici anni dal primo manifestarsi dei nuovi, incredibili nemici. Holmes è dipendente dalla cocaina, forte, resistente ma allo stesso tempo guance incavate e pallore grigiastro che lo fanno sembrare più vecchio dei suoi quarantun anni. Mentre il dottor Watson ha perso la moglie Mary uccisa da un byakhee, ovvero da una bestia da incubo “un essere enorme con i piedi palmati e ali membranose”.
Ora sono occupati in un caso piuttosto strano. Al Bethlem Royal Hospital, più noto come Bedlam, ospedale psichiatrico di Londra, si trova un paziente in delirio che disegna geroglifici in una lingua arcaica, lo r’lyehiano, che rievoca “ostili divinità arcaiche”. Con il volto sfigurato, senza una mano, palpebre gonfie e cicatrici sul collo e sul petto. Dall’attento esame di Sherlock e dalla sua incredibile capacità deduttiva si appura che trattasi di uno scienziato, addirittura un bramino di Boston. Ed in seguito si arriva a scoprire che il paziente è stato rapito da una creatura volante, il cosiddetto biakhee, un magro-notturno ammaestrato. Mandato da chi? E perché?…
Occorre ritrovarlo in ogni modo usando anche mezzi magici come la Corona Triofidia che garantisce a chi la indossa il dominio sui rettili di ogni sorta compresi quelli del genere ominide. E poi il Necronomicon, una bussola speciale e il Liquore della Supremazia della Lamasseria di Nangqên che posseggono vari poteri utili per la ricerca.
Non la faccio lunga. La seconda parte è occupata soprattutto dal diario di uno dei protagonisti dove vengono fuori certi studi universitari ad Arkham sul Trasferimento Cognitivo Intercranico, un viaggio lungo il fiume Miskatonic popolato di esseri mostruosi e leggendari come lo shoggoth e altri momenti brividosi. Dalla sua lettura Holmes capisce la gravità della situazione e si prepara, con l’aiuto di Watson, allo scontro finale contro nemici del tutto impensabili…
Insomma, come scrive Luigi Pachì, in questo libro abbiamo un incontro tra la classica avventura che tutti conosciamo dove “la logica risulta centrale, con le mostruosità ultraterrene di Lovecraft, unendo in un affascinante mash-up due mitologie popolari”. Dove la paura, l’incubo e l’orrore scivolano sinuosamente lungo tutto il racconto. E non sarà finita qui.
Alla prossima.
P.S. Per gli amanti del Detective assolutamente qui:
https://delos.digital/collection/157/sherlockiana-investigazioni
https://delos.digital/collection/10/sherlockiana
https://delos.digital/collection/122/sherlockiana-sagg

Il canto della falena di Maria Elisa Aloisi, Il Giallo Mondadori 2021.
Catania. Personaggio principale l’avvocato Ilia Moncada malata di narcolessia (dormire, dormire…). Tipino niente male, deferita al consiglio di disciplina dell’Ordine degli avvocati, tenace assertrice di due regole ben precise: la verità non conta, c’è quella dei fatti e quella processuale, e poi non bisogna “mai lasciarsi trascinare dal sentimento” quando si deve accettare o rifiutare un incarico. Se non ci fosse Irene Marra, l’amica intraprendente e collega dello studio legale in cui lavorano, che la spinge con forza a beccarsi il caso quasi impossibile dell’uccisone a colpi di pistola del commercialista Adriano Politi avvenuta nello chalet di Nicolosi, di cui è accusata la moglie Speranza. Chiedono il suo aiuto la sorella Giuliana Barone e il marito Enrico Celano, avendo solo come labile sostegno l’inesperto cugino e avvocato Cristoforo Dito. A rendere più complessa la vicenda per Ilia il fatto che, come pubblico ministero, si trova davanti Federico Salini, suo ex fidanzato. Ma guarda un po’…
Caso davvero difficile. Il morto è stato trovato sul pavimento con il volto coperto da un fazzoletto colpito da un’arma da fuoco sparita. Due bicchieri sul tavolo, in uno tracce di DNA della moglie che non ha un alibi e ha dichiarato che non si recava alla villa da mesi. In seguito si verrà anche a sapere che subiva abusi e veniva picchiata dal marito sull’orlo della bancarotta coinvolto in affari poco chiari. E la sua posizione si fa ancor più complicata.
Ma Ilia non demorde. Morta la madre, rapporti freddi con il padre risposato, ha però zia Ofelia che la sostiene in ogni modo. È lei che la vede fragile e nello stesso tempo tenace, una vera lottatrice. Sue le pietre blu di calcedonio che le ha regalato da tenere in tasca, “Trasmettono il dono dell’oratoria. Ti porteranno fortuna” le aveva detto.
Intanto arriva lo svolgimento del processo che verrà descritto dall’autrice, anch’essa avvocato, in tutti i suoi incredibili risvolti e arriva pure il giornalista Andrea Belmonte, corrispondente del programma televisivo “L’onere della prova”, che vuole seguire il caso, vuole collaborare con lei, insiste, la tormenta e chissà che…
Andando avanti incominciano a fioccar domande, a crescere i dubbi, gli assilli anche attraverso le nuove scoperte: chi potrebbe essere l’assassino? Qualcuno che conosceva bene la vittima? Forse addirittura un parente? E quel fazzoletto sul volto? Ma ecco l’illuminazione improvvisa, la classica frase sentita che ritorna alla memoria. Ci siamo…
Raccontato in prima persona dal personaggio principale in una prosa lineare a suscitare apprensione ma anche sorriso attraverso il dialetto, soprattutto con la figura di Mariano Pappalardo segretario dello studio, il romanzo, perfetto miscuglio tra giallo classico e legal thriller, si è aggiudicato l’ambìto Premio Tedeschi 2021.

L’identità perduta di Virginia Perdue, Cornell Woolrich e Edgar Wallace, Il Giallo Mondadori 2021.
Basta leggere la bella Introduzione di Mauro Boncompagni per renderci conto che siamo di fronte a due romanzi ed un racconto assai fascinosi e ricchi di brivido. Perché qui agiscono personaggi colpiti da amnesie e incubi impressionanti.
L’ombra inafferrabile di Virginia Perdue
Colpi di pistola, rombi di motori, una sirena che urla, un’ombra che passa accanto, la rincorsa e la fuga dell’uomo con la pistola. Un sogno, un incubo ricorrente del signor Nicholas Matheny, ricoverato in un ospedale psichiatrico per una operazione alla testa. Chi è lui? Che cosa gli è accaduto? Perché si trova lì? Questo è solo l’inizio di una storia che vede il nostro personaggio principale dibattersi in mille dubbi angosciosi negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale. Tutto teso alla ricerca della parte mancante di una formula della nicolina che potrebbe cambiare il mondo.
Riesce addirittura a fuggire dall’ospedale e si troverà invischiato in continue situazioni drammatiche complicate dai rapporti già complicati che intercorrono nella propria famiglia. Non ci si può fidare di nessuno. E poi ancora fughe, spari, la trama oscura che pian piano prende forma. Come dal risveglio di un lungo sonno. Ma il finale serba ancora una bella sorpresa…
Incubo di Cornell Woolrich
Un sogno. Un brutto sogno. Un incubo di Vincent Hardy durante il quale uccide un uomo in una stanza ottagonale rivestita di specchi. Al risveglio in una camera d’albergo si trova il polso graffiato, lividi sul collo, un bottone in mano e una chiave insolita, oltre a quella già in suo possesso, una chiave bizzarra di metallo giallastro non più in uso. Qualcosa di grave deve essere accaduto. C’è bisogno di parlare con Cliff, poliziotto e marito della sua sorella, per cercare di scoprire la verità. E trovare quella maledetta stanza, magari attraverso una inserzione sul giornale. E se si scoprisse che il morto c’è stato davvero? Allora è lui o non è lui l’assassino?… Allucinante.
Le strane amnesie di Larry Loman di Edgar Wallace
Sarà sempre responsabile delle sue azioni “ma non sarà sempre in grado di ricordare tutto quello che fa”. Praticamente un vuoto di memoria che potrebbe durare diverse ore. Questa è la diagnosi del professor George Grayborn sul giovane detective Larry Loman tutto preso a scoprire la banda del Trust del Crimine che imperversa nella città. Ha avuto un vuoto di memoria proprio quando era sul punto di fare una scoperta sensazionale. Beh, con questo handicap non sarà facile per lui sgominare la suddetta banda che stampa banconote false e ora ha rapito l’erede di lord Frethermore. Quei vuoti di memoria saranno terribilmente fastidiosi ma chissà che, sfruttando proprio questo suo problema al momento giusto…
Ancora una volta una scelta bene azzeccata di Mauro Boncompagni che ci offre a mani spiegate brivido, angoscia, tensione, spaesamento, suspense attraverso flashback ingegnosi e ritorni alle atmosfere opprimenti in cui si dibatte il personaggio principale con contorno di altri personaggi che suscitano sospetto, di mire perverse, amori contrastati e tradimento. E poi un altro aspetto importante, importantissimo da sottolineare è che… ecco… dunque… scusate… ho un vuoto di memoria.

I Maigret di Marco Bettalli

Maigret e il barbone del 1963
Bellissimo Maigret, di grande dolcezza e intensità e, ancora una volta, manifesto della Weltanschauung del commissario: amore, tolleranza e rispetto per i vinti – qui i clochard, tratteggiati con grande affetto e comprensione – disprezzo e stentata sopportazione per le persone perbene, tra le quali, peraltro, egli dovrebbe essere incluso. Anche la storia gialla ha dei tocchi di originalità: all’inizio di una splendida primavera parigina, un anziano clochard viene ripescato, vivo per miracolo, dalle acque della Senna, dopo essere stato selvaggiamente colpito. Il fiuto sovrumano di Maigret – in assenza di uno straccio di indizio – lo porta, senza che neppure lui stesso ne sia del tutto consapevole, a scoprire che a colpirlo è stato proprio il salvatore, un rozzissimo battelliere belga: basterebbero i dialoghi tra questo bestione e il commissario per dare un Nobel alla memoria a Simenon. Il bestione, peraltro, non verrà inchiodato alle sue responsabilità, per il rifiuto del clochard di accettare le regole sociali denunciandolo: ma a Maigret basterà un cenno di conferma dell’uomo per avere la soddisfazione di sapere di avere risolto il caso. Pazienza se la macchina della giustizia non si metterà in moto: la giustizia umana, per Maigret, è sempre stata un dettaglio da non prendere poi troppo sul serio.

Spunti di lettura della nostra Patrizia Debicke (la Debicche)

L’assassinio di Polly Carter di Robert Thorogood, Time Crime 2021
L’ispettore Richard Poole è accaldato e infastidito. È bloccato sull’isola tropicale di Saint-Marie, costretto a vivere in una vecchia baracca traballante sulla spiaggia, con seri problemi a trovare una tazza di tè decente. Unica compagnia una lucertola che tutto vuole meno che sloggiare, come se quel bungalow fosse solo casa sua… Quella mattina poi, un pappagallo in volo gli ha cacato dentro la tazza di tè che stava bevendo mentre faceva colazione in veranda?…
Seconda divertente avventura, anche letteraria, L’assassinio di Polly Carter di Robert Thorogood che si rifà alla celebre serie televisiva Delitti in paradiso. Il protagonista è ancora Richard Poole, ispettore londinese del Metropolitan Police Service, la quarantina passata, serio, professionale e sempre ligio alle regole. Con suo disappunto, un bel giorno ha scoperto di essere stato trasferito a Saint Marie, sperduto atollo caraibico — ex colonia francese, ora dipendenza britannica d’oltremare – come nuovo capo del distretto di Honoré.
Richard Poole, classico inglese scapolone, precisino, quasi maniacale, che si è sempre crogiolato nel freddo e nel grigiore della capitale inglese, ora, deluso e frustrato, mal sopporta la natura selvaggia della sua nuova sede lavorativa, dove tuttavia continua a indossare stoicamente i suoi impeccabili abiti londinesi.
Sappiamo già che Poole è un ottimo poliziotto, dotato di notevole talento deduttivo (molto da giallo classico), che gli permette di risolvere casi all’apparenza inestricabili, basandosi su particolari anche piccoli e insignificanti. E che a Saint Marie è a capo di una nuova squadra formata dalla sergente Camille Bordey di origine francese, dall’agente Dwayne Myers, cordiale sciupafemmine decano della polizia, e dalla giovane recluta Fidel Best, ancora in rodaggio. Squadra che lo affianca con efficienza nella gestione della stazione di polizia di Honoré, pur con metodi d’indagine molto “diversi” dalla ferrea disciplina britannica. Ha stabilito presto un buon rapporto con tutti loro, nonostante gli occasionali battibecchi verbali soprattutto con Camille, la bella collega.
Questa volta, poi, Poole avrà quasi due casi per le mani.
Il primo, vero e proprio, riguarda la top model Polly Carter, famosa per il suo aspetto e il suo stile di vita, che ha una casa sull’isola e che, secondo le prime testimonianze, si sarebbe suicidata buttandosi in mare dalla scogliera alla quale si accedeva dal suo giardino. Tutti i testimoni che in qualche modo hanno assistito alla scena, la sorella gemella in carrozzina, l’infermiera della sorella, l’agente, il marito quasi ex, tutti ospiti di Polly alla villa, sostengono che lei avesse sì gridato di volersi uccidere, ma che non aveva motivo di farlo e non l’avrebbe mai fatto. Ma ora lei è morta e il suo corpo giace scomposto sulla spiaggia sottostante la villa. Quando l’ispettore Richard Poole e la sua squadra fanno un accurato sopralluogo sulla scena della disgrazia, notano alcune incongruenze nei primi rilievi e si trovano d’accordo nel sospettare che dietro quella morte possa esserci qualcosa di diverso. Era felice Polly? Aveva perso il vizio dell’eroina, che per anni l’aveva resa una schiava?
Dubbi, ma che faranno presto a trasformare un suicidio in omicidio. E, a guardare meglio, i potenziali sospetti potrebbero essere addirittura sette, anche se tutti sfoggiano alibi impeccabili e almeno apparentemente nessuno avrebbe potuto commettere l’omicidio…
La squadra del distretto di Honorè indaga, interroga approfondisce, con l’ispettore Poole matematicamente certo che il colpevole sia pronto a filarsela. Proprio per questo bisogna sbrigarsi a sbrogliare il rebus di un omicidio che sembrava un suicidio.

Il suo freddo pianto di Giancarlo De Cataldo, Einaudi 2021
Gennaio 2019.
Sono le undici passate e il cinquantenne appassionato melomane sostituto procuratore della repubblica di Roma Manrico Conte Spinori della Rocca dei conti di Albis (con a traino gli altri nomi: Leopoldo Costante Severo Fruttuoso, detto Contino o peggio Rick) è arrivato a sentire neppure la metà della logorroica e irrefrenabile requisitoria dell’avvocato difensore nel terzo dei dodici processi previsti per quel primo lunedì dell’anno alla sesta sezione del tribunale.
Le undici, con l’orologio che di questo passo minaccia implacabile un’udienza destinata a durare magari fino notte. Ottenuto il permesso dal presidente, non gli resta che allontanarsi brevemente dall’aula e chiamare Camillo, il fedele maggiordomo. Lui e sua madre, la contessa Elena, dovrebbero arrivare nel pomeriggio in aereo da Cortina. Ma il programma è saltato, i due hanno perso l’aereo e deciso di noleggiare un NCC, ragion per cui ancora una volta Manrico Spinori sarà costretto a far fronte ai misfatti di mammà, incoercibile ludopatica.
Tornato pensieroso in aula in tempo per la fine della requisitoria della difesa, e in seguito momentaneamente liberato in attesa della sentenza, Spinori indossa un giaccone ed esce all’aperto, sfidando la giornata fredda e ventosa. Vorrebbe rilassarsi e tirare il fiato dopo il successo dell’ultima indagine in cui si è dimostrata l’efficacia della sua squadra, composta solo da valchirie dopo la fatale dipartita del fedele Scognamiglio. Per lui si prospetta un periodo abbastanza sereno, con tempo a sufficienza per lasciarsi andare alla sua passione, la lirica. Certo, senza dimenticare gli imprevisti della madre e barcamenandosi allegramente con una vita sentimentale in confusionario divenire.
Ma viene raggiunto da Sandra Vitale, la sua storica collaboratrice attualmente in rotta con il marito fedifrago, che gli consegna una busta gialla con sopra scritto riservato. La busta gli è stata inoltrata da Blumenstein, un collega, che gli trasmette notizie contraddittorie sull’omicidio di Francesco Lo Moro, alias Veronica, dell’agosto 2009. All’epoca era stato proprio Spinori a coordinare le indagini con l’appoggio del maresciallo Scognamiglio. Insomma, un cold case pronto a tornare dal passato. Ora le parole di un pentito paiono buttare per aria la sua vecchia indagine. Perché a sentire er Farina – spacciatore, tramite, testa di legno della malavita organizzata, ora ufficialmente pentito e sotto protezione con la moglie – dieci anni prima il dottor Spinori non avrebbe affatto risolto l’assassinio di Veronica, escort transessuale d’alto bordo. Il suo accusato, il probo colonnello degli Alpini Ridorè che, sconvolto dallo scandalo, si era suicidato, non sarebbe stato il vero assassino.
Possibile?
Dopo tanto tempo, Manrico Spinori non ricorda il caso, quindi fa ripescare il fascicolo in archivio, incontra anche di persona il Farina, ma non ottiene nuovi indizi utili.
Ciò nondimeno il seme del dubbio si insinua nella mente di Manrico Spinori della Rocca che, pur nel generale scetticismo della procura, sente pesare un’ombra su quella vicenda e decide di riaprire le indagini. L’ipotetico assassino si era suicidato mentre c’erano ancora sospetti e interrogativi da chiarire. E in poco tempo salterà fuori la puzza di altre mele marce che scatenano nuovi dubbi…
Manrico Spinori della Rocca, affascinante viveur che ricorda fisicamente Marcello Mastroianni, è una brillante invenzione di Giancarlo De Cataldo, magistrato, scrittore e melomane che in diciotto mesi è arrivato alla terza godibilissima avventura della sua nuova serie di noir.
Uomo profondamente intelligente e preparato, anticarrierista dichiarato, Spinori è un pensatore elegante, lucido, un uomo tranquillo connesso intimamente alla lirica. Forse perché preferisce la tragica ed esibizionista verità del palcoscenico ai tremendi espedienti della vita? Intanto si serve del melodramma per filtrare fatti ed emozioni. Il contino, educato, flemmatico, simpatico, profondamente umano, sempre riflessivo, ironico, sa apprezzare un buon whisky torbato, s’impegna fino all’osso, segue sempre le indagini in prima persona, senza interferire ma senza demordere mai.
De Cataldo non sbaglia una virgola, un tono. I dialoghi realistici, vivaci e arricchiti dal romanesco verace, denotano le sue capacità da provetto sceneggiatore, e in più ci regala vere chicche di informazioni sui meccanismi investigativi e giudiziari…
I legami col melodramma poi sono precisi e sorprendenti. Intanto Spinori si chiama come il protagonista del Trovatore di Verdi. Il soprannome “il contino” ricorre nelle Nozze di Figaro, nella cavatina rivolta da Figaro al suo superbo padrone («Se vuol ballare, Signor Contino…»). E altri richiami per rammentarci che non esiste situazione delittuosa che non sia già stata evocata o narrata da un’opera. Qui per esempio toccheremo la Turandot di Puccini: la dolce schiava Liù, custode del segreto, sceglie la morte pur di non tradire (avrà fatto così Veronica?). Ne L’Arlesiana di Cilea la fanciulla del titolo non compare mai sulla scena (la storia è basata su un’assenza come quella di Veronica, morta da anni). Poi c’è la Lulu di Berg, diabolica adescatrice. Lulu dalle gelide lacrime (“Il suo freddo pianto”). Lulu che mischia le carte in tavola e ribalta la prospettiva del delitto passionale, trasformandolo in una scusa che nasconde sporchi giochi di denaro.
Un bel tono da giallo all’italiana, rappresentato dai tipi e dalle maschere più rilevanti della eterna commedia dell’arte della penisola. Complimenti.

Le letture di Jonathan

Cari ragazzi,
oggi vi presento Le avventure di un amico fantastico di Jeff Kinney, Il Castoro 2020.
Rowley, il migliore amico di Greg, vuole diventare uno scrittore e decide di scrivere un libro. Ma, non essendo capace, va da Greg che lo aiuterà con le sue “straordinarie” idee. Il libro di Rowley parla di un ragazzino di nome Roland che deve salvare la sua mamma perché è stata rapita dallo Stregone Bianco. Roland ha paura di perdersi durante il viaggio, così chiede al suo amico muscoloso Garg il Barbaro di andare con lui per aiutarlo. Durante il percorso recluteranno altri membri del gruppo e incontreranno anche molti pericoli… Riusciranno i nostri eroi a salvare la mamma di Roland? Ma, soprattutto, riusciranno a trionfare sul Male impersonato dallo Stregone Bianco?…

Le letture di Jessica

Cari bambini,
oggi vi presento Il castello dell’orco cattivo di Tony Wolf, Dami editore 2019.
È notte fonda quando qualcuno bussa alla porta di Rick il riccio. È la signora Carotini con in braccio il figlio più piccolo che chiede aiuto. L’Orco cattivo, che abita in un castello, l’ha scacciata di casa e fatto prigioniero suo marito. Allora Rick va nel bosco e richiama un gruppo di amici e tutti chiedono un parere al saggio topo Aristotele. Scoperto un ingresso segreto per entrare al castello si mettono in viaggio. Ma poi verranno fatti prigionieri ad eccezione del topo Lino che riuscirà a salvarli per mezzo di altri amici e della costruzione di un mostro di legno e stoffa che farà scappare l’Orco cattivo. E allora grande festa!

Un saluto da Fabio, Jonathan e Jessica Lotti

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