Il sorriso politico…
Due parole sul sorriso a presa di culo del politico mentre parla il politico della parte avversa. Ci avrete fatto caso. Impossibile non averci fatto caso. Uno parla e l’altro sorride. A presa di culo, si capisce, infiorettato da mille smorfie per rendere ancor più manifesta la presa di culo. Come a dire ma che stronzate tira fuori questo, ma che coglione è questo, ma chi ce l’ha mandato. Un sorriso carico, duro, caricaturale, ma va bene anche un sorrisetto spocchioso che l’altro non se lo caca nemmeno. Un sorriso politico, insomma. E non si sa bene chi faccia più sorridere, se quello che parla o quello che sorride.
Dipartimento casi bizzarri di Carter Dickson, Il Giallo Mondadori 2019.
Un uomo agitato, “dagli occhi leggermente sporgenti e dal naso indagatore” arriva a Scotland Yard. “Lo hanno ucciso proprio davanti ai miei occhi!” farfuglia alla guardia, e avrebbe potuto uccidere anche lui, aggiunge ancor più trafelato. “Chi è stato a fare tutto questo?”. “Un paio di guanti”.
Ecco l’inizio del primo racconto di storie assurde, di casi bizzarri che vedremo velocemente. Continuiamo…
Dorothy Brant si sveglia da un sogno confuso in un cottage di montagna dove è venuta con il padre e con il cugino Harry. Tutto bene, solo che, sta rimuginando, c’è quella vecchia bisbetica della signora Topham, tra l’altro pure ladra, nel cottage vicino a sciupare tutto. Ma la suddetta signora Topham si trova ora all’ospedale con la testa fracassata, e le impronte sulla neve che si dirigono verso il suo cottage sono solo le sue. Per il sovrintendente Mason è lei l’assassina. Senza alcun dubbio.
Un edificio assai particolare in Sloane Street. Tutti gli appartamenti sono arredati allo stesso modo. Ronald Denham, un po’ alticcio per aver partecipato ad un party per soli scapoli, verso mezzanotte sale al suo appartamento al secondo piano. Qui trova qualcosa di strano, ovvero certi paralumi e un quadro che non ha mai visto. E trova pure un tizio “tranquillamente seduto in una sedia dallo schienale alto accanto alla porta” con l’impermeabile messo a rovescio. È morto. Morto che sembra poi sparito completamente e ritrovato, addirittura, nell’ascensore con l’impermeabile rimesso a dritto. Strano, eh…
Una rapina alla banca di quattro uomini. Vengono catturati ma delle ventimila sterline rubate neanche un penny addosso a loro. Il malloppo l’hanno nascosto o passato ad un ricettatore. E c’è una signorina che questi soldi li ha visti davvero in casa di un noto avvocato. Solo che sono scomparsi anche dopo un’accurata perquisizione da parte della polizia. Eppure stanno ancora lì…
Siamo all’Orient Club. La signorina Rapport sta ballando coperta dal trucco, mentre una ragazza sparisce con un portafoglio seguita dal poliziotto Jim Matthews (si trova lì alla ricerca di un noto borseggiatore). Proprio nel camerino della Rapport pugnalata alla schiena “con un paio di lunghe forbici acuminate”. Sembra lei l’omicida ma c’è qualcosa che non quadra…
Al casinò di La Bandelette. Un giovanotto che perde un sacco di soldi, ossia il signor Winton e un altro che vince parecchio, Ferdie Davos. Il primo, però, si può beccare ben diecimila dollari se si reca da un medico ad un certo indirizzo fra un’ora su proposta del secondo. Proposta davvero strana ma accettata (i soldi fanno comodo). All’ora stabilita si avvia, da lontano scorge Davos camminare, sente un grande rumore e un grido orribile, si volta per un attimo e poi vede Davos scalciare in terra pugnalato alla base della nuca. Morto e sembra proprio lui l’assassino all’agente che sta arrivando.
Il giornalista Bill Stacey cammina con una pesante valigia verso la Zampa del Leone per rivedere Norman Kane ma, soprattutto Marion, la nipote e segretaria di Kane. Ed anche Norman Kane, eccezionale affarista nella City, anche se per lui un “colossale truffatore.” Ma ecco, lo vede da lontano sulla spiaggia che gli grida “Vieni a fare un tuffo!” Poi tutto precipita. Ondeggia premendosi le mani contro il petto e cade a faccia in giù. Nello stesso tempo arriva Marion con il dottor Hastings. L’uomo è morto, addirittura ucciso secondo il dottore. Ma come?…
Dal colonnello March del Dipartimento Casi Bizzarri (ne riparleremo alla fine) arriva lady Patricia Mortlake con il cagnolino Flopit. Vuole che ritrovi il suo ricco fidanzato Francis Hale scomparso in un “terribile ufficio di Piccadilly”. Beccato lì, proprio da lei, tra le braccia di una “orribile sgualdrinella dai capelli rossi.” Ma, dopo un po’, completamente svanito.
Una maledetta radio infastidisce Douglas Chase che sta lavorando a una tesi storica per una docenza in un’università americana. Se riesce a vincere la sfida con K.G. Mills che non conosce. Ma la radio diventa davvero insopportabile. Decide di scendere dall’inquilino di sotto e, guarda caso, trattasi proprio di Kathleen Gerrard Mills. Il suono, però, sembra provenire dall’appartamento vicino che risulta vuoto, disabitato per qualche brividoso motivo. Sempre che non ci sia dentro un morto…
A indagare su questi casi incredibili c’è proprio un ufficio apposito del Dipartimento Casi Bizzarri guidato dal colonnello March “un uomo amabile e imponente (peserà almeno un quintale), dalla faccia lentigginosa, gli occhi azzurri vivaci e cordiali, e una pipa estremamente corta che gli sporge da sotto i baffi ben curati, di un colore incerto tra il grigio e il sabbia” insieme al paziente e incredulo ispettore Roberts. Ci penserà lui, innamorato degli enigmi e spesso con il sorriso, a risolvere i vari ambaradan tra scambi di persona, imitazione, daltonismo, mistero sulla scia della famosa “La lettera scarlatta”, sostituzioni di persona, sosia, finto morto… e tante altre diavolerie davvero impensabili.
Il gioco del mai di Jeffery Deaver, Rizzoli 2019.
Di crimini commessi seguendo orme già prestabilite ne abbiamo visti. Come, per esempio, l’assassino che imita alla perfezione gli omicidi tratteggiati in un noto romanzo poliziesco o segue, addirittura, le mosse di una partita a scacchi. Con l’evoluzione della società in senso tecnologico il sanguinario “imitatore” si rivolge a un’altra forma di espressione. In questo caso al mondo dei videogiochi. Ovvero a un particolare videogame (lo sapremo in seguito).
In breve. Scompare Sophie Mulliner, studentessa diciannovenne nella Silicon Valley. Lavoro per Colter Shaw, un tracker, un ricercatore di persone scomparse che gira con il camper Winnebago, la Malibu e la Glock 380. Diecimila dollari la ricompensa da parte del padre Frank per il suo ritrovamento. Sicuramente non è fuggita perché non avrebbe mai lasciato Luka, il suo “barbone di grande mole”, anche se c’era stato un litigio fra i due per il cambio di casa in una zona del sud. All’inizio lo troviamo addirittura intento a salvare Elizabeth, una donna incinta, rapita e prigioniera su una imbarcazione che sta affondando. Poi l’azione si sposta indietro di due giorni per il citato caso di Sophie.
Via al Quick Byte Café di Mountain View, il posto in cui la ragazza si trovava mercoledì pomeriggio prima di scomparire. Visione dei filmati di sicurezza: qui, oltre a Sophie in bicicletta, è inquadrata un’altra persona con occhiali da sole e coperta dal cappello. Il rapitore?… Tra gli altri avventori, incontra la bella rossa Maddie (futuri salti sul letto?) che lo avvicina al mondo dei videogiochi (verrà lui stesso preso dal vortice del gioco) aprendo uno spiraglio di luce sulla scomparsa della ragazza.
La figura di Colter Shaw si staglia al centro della scena con i suoi ricordi, alternati al presente, soprattutto del padre Ashton, il Re del Mai, e delle sue regole perché quasi tutte incominciano proprio con la parola “mai”. Padre che era scomparso e poi ritrovato morto all’Echo Ridge. Un incidente per la polizia ma non per lui che sospetta essere stato ucciso. Nell’immensa casa della Tenuta dove vivevano gli Shaw un mucchio di libri. Colter era stato attratto in particolare da quelli di legge, aveva fatto tirocinio in uno studio di un avvocato e sapeva tutto sul diritto penale.
Ma ecco scompare un’altra persona, Henry Thompson, e affiorano i primi dubbi, si accendono le prime luci. E se tutto dipendesse da un gioco malato? Sophie, infatti, era stata lasciata nella stanza di una fabbrica abbandonata con cinque oggetti che poteva utilizzare per sopravvivere. Proprio come nel videogame “L’Uomo che Sussurra”…
Colter Shaw, dicevo, al centro della scena contornato, però, da una serie di personaggi che hanno la loro ben costruita personalità nel bene e nel male, il loro modo di vivere, i loro interessi, il loro vissuto. Non sempre facile come quello della poliziotta Standish, gay e nera, costretta a subire battutacce e prese in giro dagli altri colleghi. In una Silicon Valley “che non è solo ricchezza, potere, modernità scintillante”, ma anche un luogo duro e terribile per chi è debole e incerto.
Concludendo. Tutto ruota intorno al mondo dei videogiochi che muove una enorme mole di denaro e interessi oscuri, un mondo che attrae e affascina dal quale possono scaturire le nuove menti perverse del crimine. Momenti di dubbio, perplessità (diversi sono gli indiziati), intrecciati a ricordi, a movimento, azione, scontri, pericolo e morte. Con Colter pronto a ogni evenienza per risolvere i vari casi e scoprire, finalmente, la verità sulla fine del padre.
La sposa nel lago di Cocco & Magella, Marsilio 2019.
Como e dintorni a febbraio. Due omicidi nel giro di poco tempo. Un anziano clochard nella vecchia zona industriale con la testa fracassata che sembra essere stato trascinato lì. Un clochard particolare, chiamato il “Professore” dal portamento e dai modi eleganti. E una bella ragazza, Ginevra Bassi, studentessa di diciannove anni, ritrovata senza vita (si scoprirà essere stata soffocata) sul ramo orientale del lago di Como, da un monaco al quale sembra una vera e propria “sposa”.
Due vicende che si intrecceranno inevitabilmente fra di loro (un classico) sulle quali deve indagare la commissaria Stefania Valenti. Una poliziotta vera, dura, ferrea, energica e nello stesso tempo gentile, divorziata dal marito vive con la figlia Camilla e il nuovo compagno Luca. Aiutata dai fedeli Piras e Lucchesi che presentano una loro ben costruita fisionomia. Collaborativa ma anche in contrasto con le alte gerarchie (altro classico).
Andando avanti con energica volontà si scoprono diverse “cosette”. La ragazza era fidanzata ma aveva anche una relazione poco chiara con un uomo molto più anziano. Al dunque viene fermato il fidanzato praticamente senza un alibi, ma non sembra la soluzione giusta, perché la vicenda è davvero complicata: “Si trattava di una partita a scacchi, in cui la mossa vincente poteva risultare, a seconda dei punti di vista, lontanissima o a portata di mano.” Pesano diversi elementi: i rapporti difficili nelle relazioni familiari e amorose, un misterioso testamento con una somma ingente “quantificabile in almeno un milione e mezzo di euro” completamente sparita, i problemi del figlio e del figliastro, quelli inerenti alla ludopatia, certe foto che possono offrire nuovi spunti…
La nostra Stefania Valenti ce la mette tutta alle prese con la figlia Camilla che cresce “ad una velocità impressionante” e con Luca, il compagno, che teme di perdere, sia per il suo notevole impegno di lavoro sia per la differenza di età (fino a quando sarebbe rimasto al suo fianco?). Una storia basata soprattutto sui mille risvolti di una tosta indagine (c’è anche l’amico giornalista a dare una mano) inframezzata da sprazzi di paesaggio (spazi aperti, il lago…) e brevi momenti di relax. Per risolvere il problema bisogna alzare lo sguardo. In alto. Come sempre. In una società dove le differenze ci sono, si vedono e contano.
Alla fine del precedente libro Ombre sul lago, Guanda 2013, avevo scritto “Buona lettura senza urletti di gioia.” Confermo. Un giallo ben confezionato lungo linee, purtroppo, risapute.
L’urlo di Margaret Millar, Il Giallo Mondadori 2019.
“Quattro mesi dopo, vennero ritrovate le ossa di Annamay a circa un miglio più in su del torrente, sotto un cumulo di foglie secche coperte da un groviglio di edere velenose. In quel periodo dell’autunno, l’edera del Canada aveva il fogliame rosso ed era molto bella.” Annamay Hyat è una bella bambina di otto anni, ribattezzata “la principessa” che gioca spesso con le sue amiche, tra cui la cugina Dru, in un palazzo in miniatura costruitole da un architetto. Ma un giorno scompare, forse per non aver seguito i consigli di una poesia scritta per lei “Non parlare con gli sconosciuti, anche se loro ti sorridono. Non accettare mai un passaggio da nessuno, neanche per mezzo miglio… Corri via subito. O quello potrebbe essere l’ultimo giorno della tua vita.” Ora, secondo la perizia del coroner “Non era affogata, non si era rotta una gamba, non era stata avvelenata dall’edera né colpita da un fulmine”. Dunque era morta per mano di una persona non identificata.
La sua scomparsa e la sua fine mettono in crisi il rapporto matrimoniale fra il padre Howard e la madre Kay. I mesi di attesa l’hanno invecchiata, è stanca, è triste, non ha più niente da amare. L’amico Benjamin (Ben) cercherà in tutti i modi di riappacificarli (anche lui, però, in conflitto con l’amante Shelley Quinn) portando la donna perfino a ballare. Comunque Howard e il reverendo Michael Dunlop, che ha visto nascere la bambina, non si perdono d’animo e si mettono in moto per scoprire il colpevole. E allora via ai colloqui con chi la conosceva, via alla lettura dei file della polizia riguardanti il caso portati di nascosto dalla segretaria del vicesceriffo, via a sentire la nuova inquilina, la pazza miss Rosa Firenze, “matta come un cappellaio”, che urla, tiene delle memorie interessanti e ha avuto delle strane visioni il maledetto giorno della scomparsa di Annamay. Poi c’è anche il signor Cassandra che ha visto qualcosa di particolare, sempre quel fatidico giorno e, ultimamente, la cugina Dru prende dei brutti voti a scuola, è nervosa, racconta un sacco di bugie, non sembra più la stessa…
L’autrice scava nei rapporti matrimoniali e non mettendo in rilievo i lati più bui e nascosti, le difficoltà, i malumori, le insofferenze, gli scontri, il maschilismo e la violenza imperante, insomma un senso di vuoto e disagio circola nella vicenda con il classico colpo di scena finale improvviso e insospettabile.
Per I racconti del giallo abbiamo Sul Tagliamento di Raffaele Serafini.
Fernanda. Una poliziotta lasciata dal primo e unico fidanzato. Sta guardando una foto di un nordafricano ucciso con una coltellata al petto. Omicidio volontario, in Friuli. Poi l’incontro con una vecchia amica e un’uscita a quattro in trattoria. La discussione cade sul delitto perfetto. Deciso così, a caso, senza un movente… Raccontino gustoso con spunto da Diario di un assassino di Leo Bruce. Ma epilogo diverso.
Per La Storia del Giallo Mondadori, Gli anni Novanta… e oltre di Mauro Boncompagni.
Questa è la volta di una serie succosa di artisti del giallo: James Yaffe, Shelley Smith, Ruth Rendell, Colin Dexter, Michael Dibdin, Lilian Jackson Braun, P.C. Doherty ovvero Paul Harding come pseudonimo, John Franklin Bardin, Martin Edwards, Paul Halter, Rhys Bowen, Maureen Jennings. Da leccarsi i baffi. E la storia della prestigiosa collana continua.
I Maigret di Marco Bettalli
Il mio amico Maigret del 1949
L’ideuzza di mettere l’inappuntabile e molto british ispettore Pyke – inviato da Scotland Yard per studiare i metodi del nostro commissario – appiccicato a Maigret quasi 24 ore su 24, con il conseguente fastidio del commissario e una serie infinita di piccole gags legate alla circostanza non è poi geniale, quanto meno non se ne sentiva certo la mancanza: Maigret è perfettamente in grado di reggersi da solo e la faccenda sa un po’ di riempitivo, visto che a volte il nostro sembra non sapere bene come arrivare in fondo alle 150 pagine canoniche. Il nodo centrale del romanzo è l’isoletta di Porquerolles, al largo di Tolone, nella quale Simenon visse a lungo, scrivendovi vari Maigret (ma non questo): luogo magico, e universo a sé stante, di quelli che affascinavano lo scrittore, e non solo lui. Qui vivono un sacco di spostati, portati alla deriva dai loro insuccessi, dalla loro stanchezza, dai loro peccati, dalla loro malattia: e tra questo branco di disadattati che bevono a più non posso, prendono il sole e giocano a carte (e persino a scacchi) matura uno strano delitto, che Maigret risolverà collegandolo a una faccenda di falsi Van Gogh. In effetti, il giallo è pressoché inesistente, mentre tutto il resto – l’isola, i suoi curiosi personaggi, la porquerollite che prende quasi tutti, inducendoli a non voler più tornare nel mondo, e sta per catturare persino il nostro commissario, più meditabondo e malinconico che mai, – lascia una traccia delicata e dolente. Non uno dei migliori Maigret, ma non un Maigret banale.
Maigret a New York del 1947
Maigret, cinquantaseienne in pensione nella sua casetta nella Loira, si trova catapultato a New York, dove vive un’avventura abbastanza complessa, non senza assumersi qualche rischio personale, sulla scia del suo creatore che in quegli anni si era trasferito nella Grande Mela. La storia è di quelle – amate da Simenon – che affondano le radici in un lontanissimo passato, in questo caso quello di un miliardario scontroso, diventato ricco con i jukebox, e del suo amore profondo e romantico per una esile ragazzina sua compagna in improbabili tournée artistiche. Inevitabilmente non mancano molte cose piacevoli, come in tutti i Maigret, in primo luogo alcune figure di contorno, dall’amico O’Brien al bizzarro investigatore privato che coadiuva il commissario. Ma a Maigret non si addice l’America, o meglio l’ambientazione può servire a creare – per contrasto – un sacco di gags divertenti, a partire per esempio dalla lingua (Maigret conosce molto male l’inglese), ma si tratta di espedienti di cui Simenon non ha certo bisogno per far funzionare la sua macchina perfetta. E la trama, poi, risulta quasi insopportabilmente arzigogolata, sostanzialmente inverosimile.
Spunti di lettura della nostra Patrizia Debicke (la Debicche)
New York: Codice rosso di James Patterson e Michael Ledwidge, Longanesi 2019.
Il nuovo libro di Patterson per l’Italia ha come protagonista il detective Michael Bennett del NYPD, bravo poliziotto conosciuto come eccellente negoziatore, figura non troppo abituale per un eroe di una serie poliziesca. Tanto per cominciare Bennett, quarantenne vedovo, è padre di ben dieci figli. Una specie di colorita tribù che riesce a crescere con l’aiuto del nonno Seamus, pastore protestante, e di Mary Catherine, una bella, efficientissima e incantatrice tata. Michael Bennett è di ritorno da un breve viaggio in Irlanda. Da solo, perché l’affascinante Mary Catherine, che aveva accompagnato in patria e ormai gli ha preso il cuore, ha dovuto fermarsi là per un contrattempo nella vendita dell’attività alberghiera della sua famiglia. Atterrato a New York, Bennett ha appena il tempo di digerire il jet lag, di affrontare la confusione dei figli abbandonati a se stessi e di recuperare suo nonno – ricoverato in ospedale a seguito di un leggero disturbo confusionale, conseguenza non grave di un recente ictus – quando due improvvise spaventose esplosioni compromettono gravemente la principale linea della stazione della metropolitana. Il nostro eroe viene immediatamente convocato e coinvolto nelle indagini, ma i disastri non sono finiti perché ben presto ci sarà lo scioccante assassinio del sindaco che sta parlando in diretta per rassicurare i concittadini da un palchetto alzato all’esterno del quartiere generale delle indagini e, poco dopo, anche un drammatico e letale attentato esplosivo al Federal Building. Con la tensione alle stelle, Michael Bennett è costretto a prendere le redini di una situazione che rimanda con la mente all’11 settembre 2001, con l’America sotto attacco…
Insomma il detective Michael Bennett, spalleggiato dalla sua vecchia amica e partner Emily Parker dell’FBI, deve individuare e catturare i criminali che si celano nell’ombra, approfittando del caos generato dagli attacchi. In una affannosa corsa contro il tempo, sfidando il più pericoloso nemico mai affrontato finora, si troverà costretto a ricorrere a ogni possibile risorsa, prima che il peggiore incubo di tutti rischi di trasformarsi in realtà mentre una serie di attacchi, sempre più devastanti, viene perpetrata contro la città da un gruppo terroristico non identificato.
Delitto a Villa Fedora di Letizia Triches, Newton Compton 2019.
Torna in scena Chantal Chiusano che avevamo conosciuta in Verde napoletano, poi ritrovata a Venezia in veste di commissario in carica per I delitti della Laguna, dove si era fatta affiancare dal personaggio cult di Letizia Triches, Giuliano Neri, per sbrogliare e risolvere un omicidio collegato a un complicato intreccio americano-napoletano con potenziali legami con illeciti commessi nel mondo dell’arte. Stavolta invece tutt’altro fondale, via le gondole, via i canali e si passa direttamente al grande splendore e a certe debolezze legate alla capitale che ritroviamo in questo nuovo romanzo tutto romano. Eh già, perché nel 1992 Chantal Chiusano è stata trasferita a Roma da due anni e vive al quinto piano di una palazzo un po’ vecchiotto del Testaccio. Nessun posto fino ad allora ha mai dato a lei, ischitana purosangue costretta a nascondere la pena di un lutto che l’aggredisce spesso e a tradimento, un vero senso di appartenenza, la capacità sentirsi di nuovo quasi in pace con se stessa. Sarà anche per l’amichevole complicità che la lega alla sua dirimpettaia di pianerottolo. Ma un poliziotto ha il suo lavoro da fare e Chantal Chiusano è un bravo poliziotto, sempre pronta a mettersi in gioco. Un feroce delitto è stato scoperto a Villa Fedora, nel quartiere Coppedè, proprietà indivisa degli eredi del famoso cineasta romano Alberto Fusco, scomparso da diciotto anni, e nulla è stato toccato da allora. Molte stanze sono in disordine ma mancano segni di effrazione. Dunque l’assassino o conosceva la vittima, la donna che l’ha fatto entrare, o ha usato proditoriamente la chiave. La morta, massacrata al volto con un pesante oggetto contundente, è Liliana Fusco, 54 anni, nuora del defunto. Il delitto è stato scoperto poco dopo le otto di sera da sua figlia Magda, una ragazza fragile e complessata che era venuta a prenderla. Liliana Fusco da giovane era stata anche l’assistente segretaria del suocero e dopo la sua scomparsa era diventata quasi il nume tutelare della villa e dei suoi ricordi. Da giorni Villa Fedora era stata attrezzata come set cinematografico per un film-documentario celebrativo di Alberto Fusco e tutti i componenti della famiglia volenti o nolenti erano stati coinvolti nella produzione. Un ladro sorpreso in flagrante? Insomma è difficile a prima vista capire se manca qualcosa, perché sportelli e cassetti solo stati aperti e diversi monili sono sparpagliati in giro. Ma la villa, imponente e così spaziosa da sembrare un labirintico memoriale, è sovraffollata ai limiti dell’inverosimile di mobili e oggetti. Villa Fedora pare quasi un irreale scenario teatrale piuttosto che una casa. Forse l’assassino cercava qualcosa di particolare? Ma Villa Fedora contiene soltanto oggetti d’arte e ricordi legati ad Alberto Fusco? Nascondeva magari qualcosa? Il commissario Chantal Chiusano e l’ispettore Ettore Ferri, suo vice, per riuscire a fare luce su quella tragica vicenda dovranno andare a fondo, scandagliando il presente ma soprattutto il passato…
Ah l’amore, l’amore di Antonio Manzini, Sellerio 2019.
“Ah l’amore, l’amore”, indimenticabile canzone di Luigi Tenco, portata al successo da Ornella Vanoni, e imperdibile nuovo “canto” (secondo me il decimo) dello strepitoso romanzo a puntate sul vicequestore romano Rocco Schiavone. Antonio Manzini riprende la storia proprio dal punto in cui aveva lasciato il suo protagonista in Rien ne va plus: gravemente ferito, steso a terra privo di sensi in un lago di sangue. Una storia grossa, culminata con una sparatoria all’alba, quando Schiavone e la sua squadra avevano incastrato e arrestato la banda di falsari, rapinatori e assassini che operava a Saint Vincent.
Non si sa ancora chi gli ha sparato, l’addetta alla scientifica Michela Gambino non ha avuto tempo e modo di chiarire, ma intanto sia la stampa che i superiori lo trattano da eroe. Comunque è stato un bello spavento per lui e tutta la sua squadra, ma l’uomo è un duro, una pellaccia: portato di corsa all’ospedale ci ha sì rimesso un rene, ma l’operazione eseguita d’urgenza il 21 dicembre è andata bene. Però però, una successiva infezione batterica postoperatoria l’ha costretto a prolungare la degenza sotto cura di antibiotici. Un inghippo che, al 26 dicembre 2014, lo tiene ancora prigioniero nell’ospedale di Aosta, tutto vestito a festa dagli addobbi natalizi. Stare a letto a leggere? Proprio no! Gabriele gli avrebbe anche portato dei libri, ha il giornale ma il ritmo ospedaliero, il cibo che passa il convento e l’incongruo balbettare del suo compagno di stanza sono quasi insopportabili. Schiavone si sente peggio di un leone in gabbia. E reagisce con atteggiamenti semi goliardici. Appena può, scappa al bar, si nutre di brioches, panettoni, cioccolata, attacca briga per un nonnulla ed esce in pantofole con addosso il loden sui ballatoi a fumare sigarette e canne. Anche perché se guarda dalla finestra non vede che pioggia e… un’incongruenza.
Anche stavolta Schiavone ha fatto centro e, mentre i suoi dubbi cominciano a concretizzarsi, informa il magistrato Baldi e il questore Costa. Le loro indagini hanno scoperchiato alcuni segreti viventi della famiglia Sirchia e appurato che i rapporti tra marito, moglie e figlio non erano rose e fiori. Chi poteva desiderare la morte del ricco patriarca? Bisogna trovare il modo di mettere in trappola chi è stato pronto a colpire. Stavolta Manzini lascia largo spazio alle riflessioni psicologiche, sia di Schiavone che della sua squadra, e alle tante suggestive atmosfere che li circondano.
Le letture di Jonathan
Cari ragazzi,
oggi tocca al Diario di un Amico Fantastico. Il giornale di bordo di Rowley di Jeff Kinney, il Castoro 2019.
Questo libro è raccontato da Rowley, il migliore amico di Greg, la nostra Schiappa. A differenza di lui, Rowley è alto e un po’grassottello, è più bravo e più obbediente. Ma adesso gli lascio la parola.
Ciao, io sono Rowley e ora parlerò di alcune avventure divertenti e anche paurose vissute con il mio migliore amico Greg. Per esempio ieri per la prima volta sono andato a dormire una notte da lui. Per un po’abbiamo giocato ai videogiochi ma poi Greg ha avuto un’idea molto stramba tirando fuori dal cassetto del comodino un film. Ci siamo messi a guardarlo e parlava di una mano assassina che uccideva tutte le persone che incontrava. Ma ad un tratto…
Un’altra volta io Greg siamo andati di nascosto di notte nel trampolino del nostro vicino di casa mentre tutti dormivano. Ma dopo cinque minuti che saltavamo un cane si è messo ad abbaiare molto rumorosamente. Allora siamo scappati velocissimi a casa e quando siamo arrivati…
Ciao ragazzi sono di nuovo io, Jonathan. Volevo dirvi che Rowley non ha finito di raccontarvi i suoi episodi perché non voleva rovinarvi la sorpresa. Quindi per sapere come vanno a finire leggete il libro!!!
Le letture di Jessica
Oggi vi presento Peter Pan, Edibimbi 2019.
Peter Pan non vuole crescere ma andare ai giardini dove sono gnomi e fatine. Una sera gli spuntano le alucce e ci vola. Quando diventa grande gli cadono le ali. Allora suona il flauto alle feste delle fatine e degli gnomi che ballano. Poi deve uccidere Capitan Uncino e i suoi pirati nell’Isola che non c’è perché è cattivo. Ma vengono catturati. Solo Peter Pan riesce a fuggire. La fatina Tintinna con una vecchia sveglia spaventa Capitan Uncino che cade nella bocca del coccodrillo. Poi ritornano tutti a casa. Che bel racconto! Piacerebbe anche a me avere le ali.
Un saluto da Fabio, Jonathan e Jessica Lotti