Letture al gabinetto – Marzo 2021

A cura di Fabio Lotti
Questa volta mi sono portato sulla tazza la Divina Commedia del nostro Dantone. Sia per festeggiare i settecento anni dalla sua dipartita (come passa il tempo!), sia per sfogliarla e tirar fuori qualche ricordo del giovin Lottino.
Quando, ogni tanto, lasciata la caciara paesana, si ritirava in soffitta e, da ragazzaccio di strada, si trasformava in avido lettore con relativi panni “reali e curiali”, tanto pe’ fa ‘na citazione.
E allora via insieme al sommo poeta e a Virgilio soprattutto lungo l’inferno per vederne di tutti i colori, che un brivido scorreva lungo la schiena e la soffitta diventava un consesso di diavoli. Brrrrr!!!…

Maschera grigia di Patricia Wentworth, Il Giallo Mondadori 2020.
“Charles Moray guardò dal buco del pannello e vide qualcosa che lo sorprese moltissimo”. È tornato a casa a Thorney Lane dopo quattro anni e una delusione amorosa da parte di Margaret Langton.  È tornato a casa e ora cosa vede e cosa sente? Alcuni uomini che parlano di un complotto, dell’omicidio di una ragazza di nome Margot ed uno che indossa sul volto una maschera di gomma grigia! Non è tutto. Dopo un po’ entra nella stanza una donna “con le spalle girate verso di lui”. Ma la riconosce lo stesso, soprattutto dalle mani, “le più belle del mondo”. Le mani di Margaret!
Poi si passa proprio a Margot Standing, figlia di un riccone morto su uno yatch sorpreso da una tempesta. È convinta di venire in possesso dell’eredità ma l’avvocato Hale pensa che, senza documentazione e senza testamento, possa essere invece considerata, addirittura, una figlia illegittima. E il tutto andrebbe al cugino Egbert…
Il problema si complica. Charles cerca una riconciliazione con Margot, la incontra, si parlano, la perde. Ma vuole difenderla e allora occorre l’aiuto di qualcuno, qualcuno davvero bravo, ovvero di Miss Silver, consigliata dall’amico Archie. Ed eccola arrivare: “Era piccola, con lineamenti e carnagione indefinibili, oltre a una gran massa di capelli color topo intrecciati in un grosso chignon sulla nuca”. Voce tranquilla e inespressiva mentre sferruzza ma tosta e decisa. Piano, piano veniamo a sapere che ha scoperto un sacco di cose su Maschera grigia e company.
Gli eventi si moltiplicano, si accavallano, Margot sparisce. Ha sentito che deve morire per mano di suo cugino Egbert, ha cambiato nome e fugge nel freddo e nel buio. Gli eventi si moltiplicano così come le domande: chi sono questi complottisti? Cosa ci faceva Margaret insieme a loro? Perché non vuole dare una spiegazione a Charles?
Il racconto è inframmezzato anche da lettere che Margot scrive a una sua amica raccontandole gli eventi. Poi abbiamo diversi elementi da tenere presente: un particolare scrittoio, lampi continui dal passato con nuove scoperte, un “matrimonio su dichiarazione”, buio, pericolo, paura, morti che non sono morti ma vivi e vegeti, invidia, gelosia, rancore, colpi di scena a go-go. C’è tutto e di più in questa storia. Anche l’Amore. Con Miss Silver che indaga, sferruzza e tossisce, tossisce e sferruzza.

La cassa refrigerata. Commedia nera n. 4 di Francesco Recami, Sellerio 2020.
Francesco Recami ha tirato fuori un bel casino. Nel vero senso della parola. Una gazzarra, un guazzabuglio, una confusione come nella Commedia comica che più comica non si può. Partendo dall’ultimo attimo della nostra vita. La morte. Ovvero dalla morte, nell’anno di grazia 1992, della zitellona tirchiona Maria Carrer, che sembra avere nascosto un bel patrimonio infilato, evidentemente, da qualche parte della casa.
Un breve attimo di pausa con la folla accalcata a rendere finto omaggio alla salma nella cassa refrigerata e poi incomincia il sopracitato casino, mentre fuori scoppia il temporale tanto per restare in sintonia. Praticamente abbiamo una vera e propria caccia al tesoro da parte dei finti addolorati, con la suddivisione in scene come se si fosse tranquillamente seduti a teatro per goderci il bailamme tra i protagonisti. Che rappresentano i vari aspetti della società. C’è il prete, il colonnello, il legalista, due ragazzi Ugo e Violetta, il becchino, il falegname, l’impiegata di banca, il pensionato eccetera eccetera. E si ha una paura terribile che qualcuno, zitto zitto, quatto quatto e tomo tomo abbia trovato il tesoro e se ne voglia andare via. Urge, dunque, un Comitato e un Servizio d’ordine a frenare i possibili ladri. Con tutto un altro casino tipico di tutti i Comitati e Servizi d’ordine che pure nella realtà quotidiana si portano appresso. E allora via a scontri verbali e fisici, battute su battute, lazzi, frizzi, prese di culo a babordo, tribordo e prua. Fino a quando “Fra di noi c’è un assassino!” è il grido disperato che serpeggia nella casa, mentre fuori tuoni e fulmini come l’ultimo giorno del giudizio. E ce ne fosse uno solo che i morti ammazzati arrivano a iosa mentre sta nascendo un certo sentimento tra i piccioncini Ugo e Violetta. Ah, l’Amore che, nella letteratura poliziesca, serpeggia spesso tra rivoli di sangue. E perché non anche in questa commedia farsesca?…
Ora bisognerebbe chiamare la polizia, ma il telefono è guasto, come nel più classico dei classici. Brrrr!!!! Mentre continuano veloci e sferzanti le diatribe tra consanguinei o meno, inframmezzati da rutti, scorregge e veloci toccate di culo. Intanto, pian piano, la casa sta allagando e arrivano pure i pompieri. Una commedia che si trasforma in sgangherata tragedia con il classico colpo a sorpresa e un finale ancor più inverosimile e incasinato.
A fine recita tutti in piedi e battere le mani. E mi immagino il nostro toscanaccio Recamone a schiantà dalle risate mentre scrive.

Caccia al tesoro di Neil Gordon, A.E.W. Mason e J.S. Fletcher, Il Giallo Mondadori 2020.
L’eredità introvabile di Neil Gordon
“L’avventuriero Peter Kerrigan è a spasso per Euston Road quando assiste a un furto in diretta: un ladro deruba un uomo del portafogli e fugge verso di lui. Con un rapido gesto, Peter recupera il maltolto e cede alla curiosità di controllarne il contenuto. Trova così una lettera, scritta da parte del fratello del derubato, che menziona una cifra faraonica (aggiungo io un milione di sterline). Il mandante della lettera, un tranquillo bibliotecario, risulta tuttavia scomparso. L’incontro dà inizio a una caccia al tesoro costellata da inganni e omicidi”. Ora Peter si dà da fare per rintracciare questo John Hone bibliotecario al castello di lord Claydon. Solo che lì trova l’amico ispettore Fleming di Scotland Yard e scopre pure che il nuovo bibliotecario è stato ucciso e che nel castello si nasconde, addirittura, un tesoro…
La caccia ha inizio con le domande che fioccano e bisogna pure interessarsi al passato del vecchio lord Claydon. Una vera e propria rocambolesca avventura a cui non manca niente: morti ammazzati, ricatti su ricatti, travestimenti, ricami con citazioni tratte dall’Amleto che vanno decifrate perché potrebbero portare al famoso tesoro conteso da tutti, gangster di Chicago, il Duchino e parte finale ricca di colpi di scena. Peter Kerrigan è un personaggio veramente particolare, eccentrico, simpatico, multiforme, botta e risposta con gli abitanti della casa dai quali è malvisto. Prosa viva, frizzante, ricca di ironia e umorismo insieme a movimento, mistero, brivido, paura. Ma il tesoro esiste davvero? E sarà trovato?…
Il voto del capitano di A.E.W. Mason
Chi narra in prima persona è il signor Martin Legatt della Società forestale che vive in Birmania. E racconta di come ha conosciuto il capitano Michael Crowter sul piroscafo Dragonet e la sua vita. Di quando, prima di andare via, ricevette un sacchetto dalla moglie Shew At contenente una certa quantità di monili che le aveva regalato. Tra cui uno zaffiro, gemma bellissima che “sembrava mandare fiamme turchine”. E da qui cominciano i guai legati al suddetto zaffiro…
I due si ritroveranno a Mandalay dopo essere stati a Londra, Michael vuole ritornare con la moglie e la figlia ma Shew At si è risposata. Tristezza e dolore. Poi sparisce e ancora una nuova storia, ha cambiato nome, è diventato buddista. Tutto gira, dicevo, intorno alla preziosa gemma che troveremo come ornamento di una pagoda e, addirittura, al collo della bella ragazza Imogen di cui il nostro Martin si innamora. Il racconto è costellato di viaggi, di visite turistiche particolari, dentro una “atmosfera di fato e di mistero”, pregna di inquietudine, di incontri e scontri, di dubbi, perplessità, in ambienti diversi che rappresentano società diverse delineati con cura e precisione.
La farfalla del Massingham di J.S. Fletcher
Siamo a Epsom nel 1908. Al detective Campenhaye arriva la richiesta di un incontro con il prestatore su pegno Penkfether, che si trova di fronte a un problema ben strano. Il marchese di Massingham gli ha chiesto duemila sterline lasciandogli come pegno la famosa Farfalla fatta di diamanti finissimi che valgono un patrimonio. Solo che le era già stata data tre settimane prima proprio dalla marchesa. E, ad un esame più approfondito, risultano entrambe due copie! Allora occorre andare a Parigi dove vivono certi fabbricanti specializzati di copie… Finale con “movente tra il serio e il faceto”.
Ancora un trio di lavori ben congegnato e assemblato dal nostro Mauro Boncompagni che mette bene in luce personaggi, situazioni e aspetti diversi nel panorama della letteratura poliziesca.

Trame e brividi settecenteschi di un binomio davvero speciale…
L’enigma del fante di cuori di Patrizia Debicke e Alessandra Ruspoli, Delos Digital 2021.
Importante delineare il quadro generale dove avvengono i fatti narrati. Inghilterra 1714. Muore la regina Anna a cui succederà Giorgio I di Hannover protestante. È bene sottolineare l’aggettivo perché proprio in questo momento l’appartenenza a un tipo di religione determina certi aspetti politici e sociali. Tra l’altro il pretendente Giacomo Stuart non rinuncia alla sua fede cattolica e in parlamento abbiamo due partiti: i Tories contrari al nuovo re e i Whigs favorevoli. Proprio tra i primi si nascondono i nemici più pericolosi sotto il nome di Fanti. Due li scopriremo presto, ovvero il duca di Oxford è il Fante di quadri e il duca di Bolingbroke il Fante di fiori. Ma i più accaniti, che tramano nell’ombra, sono il Fante di Picche e quello di Cuori. Contro di loro, a sostegno di Giorgio I, sarà il consigliere Lord Donagall, con l’appoggio del futuro suocero duca di Bedfield della cui figlia Audra Barr diventa fidanzato. E con quello dell’Abbé Dubois, primo segretario del duca Philippe d’Orleans, sincero alleato di Sua Maestà. Si tratta praticamente di lotte dinastiche che coinvolgono le maggiori potenze del secolo, ovvero Inghilterra, Francia e Spagna.
Dentro un quadro così complesso si intrecciano le vite personali dei maggiori protagonisti, anche queste ricche di situazioni dove non di rado l’amore e il sesso la fanno da padrone. Prendiamo, per esempio, Donagall, il bello e affascinante Lord Donagall. Intanto, tra le varie altre relazioni, ne ha una anche con la cognata Maude Ashley, sposata con il fratello Richard e sorella di Audra. La quale cognata si ritroverà in seguito, ubriaca, a letto con un altro provocando un ricatto che metterà in subbuglio la famiglia.
Comunque il problema principale consiste nel creare un numeroso gruppo di uomini fidati a guardia del re minacciato dai giacobiti. E quindi mosse e contromosse da entrambi gli schieramenti per sorprendere l’avversario (essendo un patito del giuoco mi viene in mente una partita a scacchi). E arrivano i sospetti, i dubbi, i complotti, i morti ammazzati. Tra le uccisioni pure il Fante di Cuori. Ma è davvero così o si tratta solo di una falsa pista? Di uno specchietto per le allodole?…
Tutto è complesso, ripeto (la recensione sarà pertanto inadeguata), e allo stesso tempo affascinante. Come la festa di Natale o lo splendido matrimonio di Donagall con Audra, le ricche dimore, i costumi, i vestiti, le cerimonie, i balli, le cacce, gli interminabili banchetti. E poi spie, trame e intrighi dappertutto, travestimenti, fughe precipitose, passaggi segreti, taverne oscure, esistenze e storie personali, ripeto, che si intrecciano con la Storia politica del tempo. Con il classico scontro finale.
Capitoletti ora brevi e stringati per non appesantire la lettura, ora più lunghi secondo le circostanze. Si passa, nel volgere di pochi tratti, da un personaggio all’altro con ritmo incalzante per poi immergerci lentamente e con sapienza nella società del tempo. Competenza, ricerca e inventiva in un unico abbraccio. Di una mamma e di una figlia.
Un binomio davvero speciale.

I Maigret di Marco Bettalli

Maigret e il corpo senza testa del 1955
Storia assai originale (la terza di seguito a marzo!), con un incipit macabro (il corpo senza testa che, descritto con una certa morbosità, emerge da un canale) e un seguito claustrofobico, ambientato com’è in un bistrot di modestissima qualità, basso e buio (ma il vino è buono).
Maigret vi si infila assolutamente a caso mentre il corpo veniva tirato fuori dall’acqua e, guarda caso, azzecca proprio il luogo dove è avvenuto lo squartamento, con l’amante della moglie (curiosamente, una pasta d’uomo) esecutore materiale e la donna complice. Quest’ultima, Aline, è un personaggio complicatissimo: sfiorita, spenta, apatica, alcolizzata, silenziosa, con il suo mistero attrae tantissimo Maigret, che ne è quasi soggiogato (e ne parla nel sonno: “Davi l’idea di esserne innamorato…” cinguetta la signora Maigret, il marito arrossisce e “lei si affrettò a rassicurarlo”: deliziosa scenetta familiare), finché in un ultimo capitolo buffissimo (il notaio del paesello e il commissario si ubriacano nella notte parigina e sembrano quasi Totò e Peppino) non scopre tutta la sua storia di figlia ribelle (e malata di mente, diciamolo) di un notabile di paese, fuggita per dispetto con un bestione, che risulta poi essere il tizio fatto a pezzi.
Affascinante, con il giudice Coméliau cui è affidato l’intermezzo comico, in sostituzione di Lognon.

Maigret si diverte del 1957
Un gioco assai ben riuscito, scorrevole e piacevole.
Questa volta, Maigret, rimasto a Parigi nella calura agostana, ma ufficialmente in ferie perché il dottor Pardon l’ha costretto a mettersi finalmente un po’ a riposo, si toglie lo sfizio di seguire l’intricatissimo caso relativo all’uccisione della moglie di uno stimato medico (giallo che si rivelerà poi non così complesso: l’assassino è uno dei due sospettati…) da semplice lettore di giornali, aiutando Janvier, l’ispettore più anziano a capo dell’inchiesta, con lettere anonime e persino con una telefonata effettuata con la voce contraffatta.
La signora Maigret lo accompagna come un cane fedele e i suoi dialoghi col marito occupano molto più spazio che nei “veri” casi in cui il commissario è pienamente operativo: qui c’è da riempire le tradizionali 150 pagine con veramente poco, ma Simenon sa farlo con eccezionale eleganza.
Alla fine, naturalmente, tutto si risolve per il meglio: Janvier naturalmente ha capito chi si celava nell’ombra e si diverte a sua volta a mandare al suo amato superiore una cartolina con un “Grazie capo!”.

 

Spunti di lettura della nostra Patrizia Debicke (la Debicche)

Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone di Maurizio de Giovanni, Einaudi 2020.
È presto, il sole è sorto da poco ed è una splendida mattina di primavera, anche se la primavera di Pizzofalcone sembra diversa dalle altre. Forse perché nell’aria c’è una luce speciale e l’odore del mare si mischia al profumo del glicine in fioritura, sul muro borbonico, e a quello della ginestra selvatica che scende dal monte Echia, l’origine di tutto.
Perché il quartiere somiglia ad altri ma non è la stessa cosa. Intanto è una collina maritata con il vento che la trastulla. Rinunciate a fissare una meta, se è da poco passata l’alba e siete a Pizzofalcone in primavera. Diventate sensoriali, andate a vela. Non lasciatevi incantare dalla musica che fuoriesce da spiragli dischiusi al primo tepore. Affidatevi alla pelle, alle orecchie, al naso e passeggiate lenti in silenziosa cupida ammirazione dei muri scrostati e degli immensi portoni, che talvolta si aprono su meravigliosi giardini incolti, muti testimoni della lotta fra l’umido e il sole in via Egiziaca. Ma, attenti, non è vero che questa è solo una passeggiata di primavera. Perché questo è un romanzo della saga di Pizzofalcone. E infatti se continuate fino all’angolo di Santa Maria degli Angeli, imboccate Via Monte di Dio, fate qualche metro, vedrete infilato a fatica in un vicolo sulla vostra destra uno stretto chiosco di quelli antichi, in ferro battuto e vetro, piastrelle e scaffali in legno. Vedrete quello che dovrebbe essere il perenne regno della primavera perché in quel chiosco, un’aggraziata edicola liberty, si vendono fiori, e la primavera pare si celi tutto l’anno in mezzo ai fiori, neppure fosse imprigionata in un ciborio, sempre pronta all’uso. Ma allora cos’è questo magone, questa sensazione di angoscia che provate avvicinandovi? Perché percepite qualcosa che non va, man mano che vi avvicinate al chiosco? Perché niente è più stridente, depravato e in contrasto con il fiorire della primavera del sangue e della morte. Come si può morire in un giorno come questo? Anzi farsi ammazzare, perché Savio Niola, il settantaquattrenne proprietario dello storico chiosco di fiori, che abitava poco lontano, è stato ucciso. Un orrido macello, qualcuno ha infierito su lui massacrandolo. Un suo vecchio caro amico e coetaneo, Ciro Durante, proprietario di un negozio di raffinate stoffe e tovagliati in via Chiaia che, come ogni mattina, passava da lui per fare due chiacchiere mentre tirava fuori i suoi fiori, ha telefonato alla polizia per denunciare l’omicidio. Quel feroce e sanguinoso delitto, dal sapore di un regolamento di conti, scuote tutto il quartiere. Niola non aveva famiglia sua, ma tutti lo consideravano una specie di “nume tutelare“ che, non avendo affetti propri, si era sempre prodigato per aiutare gli altri. Purtroppo, data la posizione defilata del chiosco, nessuno ha visto niente, nella zona non ci sono telecamere nemmeno private e l’ingresso non era visibile da balconi o finestre del vicinato.
Savio Niola era benvoluto da tutti. E tuttavia è stato letteralmente fatto a pezzi. Chi e perché può aver commesso un simile abominio?
La vittima era un uomo evoluto, civile, incensurato, a suo carico neppure una multa. Niente da riferire sul suo conto. Solo un po’ di recente notorietà, dovuta all’essersi esposto per denunciare il racket che da anni imponeva il pizzo ai commercianti della zona, ma la pista della criminalità organizzata non convince i Bastardi. Potrebbe invece trattarsi di un diverbio finito nel sangue? Il caso appare difficile, non resta che stringere i denti e cercare di saperne di più. I Bastardi si sono guadagnati stima e rispetto, il commissariato di Pizzofalcone può ormai definirsi una realtà ma nella mente e nel cuore del vicequestore Palma serpeggia sempre l’inquietudine. I galloni guadagnati sul campo vanno bene ma non rappresentano una sicumera per il futuro, bisogna lavorare sodo per mantenerli ben lustri. E il commissariato ormai per tutti loro è diventato più di un luogo di lavoro. È diventato un pegno d’onore per il riscatto delle loro vite.
Fatti e pensieri corali dei tanti personaggi scorrono davanti a noi, quasi come titoli di coda di un film. Non sbaglia Palma a coinvolgere Pisanelli, ancora convalescente a casa dopo l’ospedale e l’operazione che gli ha salvato la vita. Tollera di buon animo come coinquilino Aragona, che però scalpita pericolosamente irrequieto. Pisanelli soffre ancora per la perdita di quella che credeva una grande amicizia, ma non rinuncia all’istinto di poliziotto e il suo sapersi muovere nel quartiere come pensionato verrà utile. Scorgiamo ancora tanti dubbi e insicurezza nella vita della rossa vicecommissario Elsa Martini, ma sua figlia sa meglio di lei cosa fare. Laura Piras è stanca di sotterfugi con Lojacono e pensa di dare un altro indirizzo alla sua vita. Cosa farà lui? Continuiamo a spiare la difficile tenerezza e complicità tra Palma e Ottavia mentre Romano non sa più cosa vuole. Potrà una bambina legare un matrimonio? Vediamo tristezza e insicurezza per Alex, ma se invece si prospettasse una scelta obbligata? E assistiamo all’attonita accettazione di Buffardi, il magistrato tutto d’un pezzo, forgiato da una vita amara, di qualcosa che non vuole più controllare.
Rispetto ad altri capitoli della saga, Fiori inizia beandosi in una pigra partenza lenta e ingannatrice. Poi il delitto, il sangue, l’infamia, ma stavolta il caso giallo appare più sfumato e l’indagine poliziesca sembra più un pretesto per dedicarsi alle complicate vicende dei suoi protagonisti. E forse Maurizio de Giovanni non sbaglia, perché con gran parte dei suoi lettori ammaestrati dal successo della fiction televisiva molti ormai sono più interessati al dipanarsi delle loro storie private. Fiori per ogni occasione e per ogni momento. Anemone speranza, ranucolo tenerezza, rosa gialla tradimento, rosa rossa amore… Sarà poi vero? Certo, se i fiori potessero parlare…

La modella di Klimt di Gabriele Dadati, Baldini e Castoldi 2020.
Piacenza, dicembre 2019. Sono passati ormai dieci anni dalla prematura scomparsa, a soli 54 anni, di Stefano Fugazza, stroncato da un male incurabile. Bravo, stimato e mai dimenticato direttore della Galleria d’arte moderna Ricci Oddi, raffinato ricercatore, grande comunicatore e divulgatore di arte e cultura. Sono gli ultimi giorni di intensi preparativi per la mostra commemorativa istituita per celebrarlo. Il curatore della mostra è Gabriele Dadati, critico, scrittore e ideatore che divenne il più stretto collaboratore dello studioso nell’ultimo periodo della sua vita.
Da questo momento in poi la situazione diventa intrigante e suggestiva. Ad allestimento concluso, avviene un fatto clamoroso: a distanza di ventitré anni dal furto, fa la sua ricomparsa in città “Ritratto di signora” di Gustav Klimt. Pur facendo parte delle collezioni del museo Ricci Oddi di Piacenza fin dal giorno della sua inaugurazione, avvenuta nell’ottobre 1931 alla presenza dei principi di Piemonte Umberto e Maria José di Savoia, il dipinto divenne davvero famoso solo nella primavera del 1996, quando, per merito dell’occhio e dell’intuito di Claudia Maga da Broni (Pavia), all’epoca della scoperta – primavera 1996 – alunna dell’ultimo anno del Liceo Artistico Sperimentale presso l’Istituto Magistrale “Colombini” di Piacenza, si scoprì che il maestro viennese aveva inspiegabilmente dipinto due volte sulla stessa tela. Accurate e successive ricerche radiografiche confermarono che sotto il piacentino “Ritratto di signora” di Klimt datato 1916/1917 si celava lo spettro sonnolento e dimenticato dell’anteriore “Ritratto di ragazza”, esposto a Dresda nel 1912 ma del quale si conservava solo una documentazione iconografica. Ma ora la stessa ragazza appariva diversa. Quasi che, nel volgere di pochi anni, l’esperienza di vita avesse trasformato la ragazza di un tempo, colta in tutta la sua freschezza con la sua sciarpa e il decolté, forse in procinto di uscire di casa, nella deliziosa giovane donna, dalla timida e riservata passionalità, che ci è stata invece tramandata. Nel dipingerla, ai gioielli e alle abituali pennellate d’oro Klimt ha preferito i colori della natura e l’eleganza della semplicità. È passato da quella prima figura dai folti capelli rossi, con un grande cappello, avvolta in una sofisticata sciarpa colorata, a una versione senza fronzoli, senza seduzione, ma di grande purezza d’animo. Il padre della Secessione viennese aveva dipinto la prima variante nel 1910 e poi vi aveva rimesso mano qualche anno dopo, ma perché? Per rimediare a un eccesso di mondanità o per svelare la vera identità della donna?
Dipinto riscoperto ma che tuttavia ebbe poco respiro perché pochi mesi dopo, nel febbraio del 1997, fu rubato in maniera rocambolesca durante un periodo di chiusura della Ricci Oddi, deciso per permettere di riallestire la struttura museale. Un riallestimento finalizzato ad alleggerire le pareti che in quel periodo erano sovraccariche di opere. Un’operazione importante, che prevedeva cambiamenti radicali, destinati a raccogliere anche polemiche e certamente per farvi fronte bisognava avere le spalle larghe. Ragion per cui, in quel momento, quel furto fu peggio di una coltellata. Foriero di forte tensione e dolore per Fugazza, sotto l’aspetto sia umano che intellettuale.
La sensazionale scomparsa del Klimt infatti fece epoca e rimbalzò su tutti i palcoscenici internazionali. Poi, per più di vent’anni, nonostante numerosi e sensazionali falsi avvistamenti, si persero le tracce del seducente ritratto di Klimt fino a quando, altrettanto misteriosamente, nel dicembre 2019, ventitré anni dopo e con un tempismo sorprendente, è riapparso proprio poco prima dell’apertura della mostra celebrativa dedicata a Stefano Fugazza. E, incredibile a dirsi, ritrovato per caso dentro un sacco nero della spazzatura, celato in una nicchia sporca e umida, dagli operai che stavano rimuovendo l’edera da una parete del giardino della Galleria Ricci Oddi di Piacenza. Insomma, a due giorni dall’apertura della mostra commemorativa per Fugazza, il fatto clamoroso: il quadro restituito al Museo, quasi a voler onorare la memoria, saldare il debito di riconoscenza contratto con l’ex direttore e con la sua città. Il fortunato ritrovamento del dipinto di Klimt acquista subito enorme risonanza mediatica (anche se poi l’assoluta conferma della sua autenticità arriverà solo a gennaio del 2020). E la straordinaria notizia fa il giro del mondo. Quella ricomparsa, quasi un risarcimento ideale alla memoria dello storico dell’arte che a lungo aveva dovuto sopportare il dolore e l’umiliazione per quella vicenda, costringe Gabriele Dadati, curatore della manifestazione, ad allestire immediatamente nella mostra una pannellatura dedicata a Ritratto di Signora di Klimt.
Chi e perché rubò l’opera? E perché poi l’ha voluta restituire? Ma soprattutto: chi è la donna ritratta da Klimt in due diversi momenti della sua vita?
La modella di Klimt è un romanzo di indubbia qualità che riporta volutamente l’attenzione su questa opera singolare nella produzione dell’artista boemo. Infatti, prima che il Covid imperversasse ancora peggio di prima, il capolavoro di Klimt, concluse le indagini di rito, avrebbe dovuto essere esposto al pubblico a partire dal 28 novembre nel salone d’onore del Museo, ma anche questo progetto per ora è stato rimandato. Le iniziative piacentine per il 2021 dovrebbero ruotare attorno a grandi nomi quali Raffaello, Gianfranco Ferré, Gustav Klimt. E sicuramente uno dei suoi momenti più attesi sarà l’esposizione del dipinto Ritratto di signora.

Le letture di Jonathan

Cari ragazzi,
oggi vi presento Agostino di Alberto Moravia, l’Espresso 1988.
Agostino è un ragazzino di 13 anni furbo e intelligente che in questa avventura strabiliante scoprirà moltissime nuove cose importanti sulla vita. Il padre è morto, vive con la mamma con cui ha un bel rapporto e sta benissimo. Ma un giorno si presenta un marinaio che vuole fare un giro in barca con Agostino e sua madre. Agostino si accorge subito che quel tizio si interessa particolarmente a sua madre, cosi inizia a provare molta gelosia. Qualche tempo dopo incontra una banda di ragazzi che hanno un tipo di vita molto diverso dal suo, sono veramente popolari e lo prendono in giro. Così scopre un nuovo aspetto della vita e seguendo la banda anche le verità del sesso e dell’omosessualità. Scoprirà ancora molte altre cose importanti sulla vita e dovrà superare faticose avventure.
Questo libro è molto interessante e mi ha fatto conoscere un mondo tutto nuovo che anche io dovrò affrontare.

Le letture di Jessica

Cari bambini,
oggi vi presento Nocino uno scoiattolo birichino, EdiBimbi 2013.
Nocino è uno scoiattolo birichino. Ama saltare e correre, gli piace la musica e cantare ma è, soprattutto, goloso, golosissimo.
Fa scorpacciate di ciliegie e quando torna a casa la mamma gli fa il bagnetto.
Un giorno la tartaruga Marilù gli dà una bella notizia. Oltre lo stagno c’è una caverna piena di miele! E allora via alla caverna con coraggio e subito a mangiare il miele, ma ecco dei passi pesanti. Sono quelli dell’orso, bisogna nascondersi. Riuscirà Nocino a salvarsi?…
Un personaggio davvero simpatico.

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