Letture al gabinetto – Luglio 2022

Rubrica a cura di Fabio Lotti

Sherlock Holmes. La morte a Scotney Castle di Tim Symonds, Il Giallo Mondadori 2022.
“Edizione straordinaria! Il cadavere di un uomo rinvenuto a Scotney Castle!”, annunciata da un giovane strillone, mette in moto l’istinto indagatore di Sherlock Holmes. Un caso che gli appare del tutto particolare, come spiegherà al non troppo convinto Watson…
Ma partiamo dall’inizio, ovvero dal 27 maggio 1904, quando Holmes viene invitato mediante telegramma da David Siviter, scrittore di successo e presidente della ricca e potente Kipling League (associazione che riunisce gli ammiratori delle opere di Rudyard Kipling), a tenere un discorso nella sua casa a Crick’s End nella parte orientale del Sussex, sui suoi famosi metodi deduttivi. Invito accettato dopo qualche insistenza di Watson.
Prima parlerà il dottore, elogiando le qualità dell’amico soprattutto attraverso alcuni difficili casi risolti. Poi sarà la volta di Holmes a decantare quelle del suo braccio destro e a descrivere il personalissimo sistema di approccio al crimine, per cui “una volta escluso l’impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, non può essere che la verità”. Il tutto davanti a David Siviter, lord Van Beers e in seguito anche a Sir Julius Wernher e Alfred Weit, mancando solo il pittore Edward Pevensey occupato a dare gli ultimi ritocchi ad un paio di quadri. Lo incontreranno più tardi e potranno osservare un suo quadro piuttosto interessante anche per gli svolgimenti futuri…
Al ritorno, quando arrivano a Etchingham, ecco l’annuncio del citato strillone. Il caso, riportato sull’Evening Standard e chiuso dalla polizia come una disgrazia o suicidio, non convince Holmes. Si tratta del cadavere di un uomo nudo semisommerso nello stagno lungo la vecchia carraia di Kilndown Wood. I suoi abiti sono posati ordinatamente lungo il bordo e in cima alla pila un cappello rosso cremisi a larga tesa ornato da una fascia realizzata con la pelle di un serpente. Questi, ed altri strani particolari, convincono Holmes che la morte dell’uomo sia da imputare, addirittura, agli stessi con cui hanno appena finito di illustrare i loro metodi di lavoro! Watson, invece, è molto titubante e si accenderà un dibattito serrato fra i due. I moventi dell’omicidio così strano potrebbero essere la guerra anglo-boera e le lotte scatenate in Australia intorno ai giacimenti d’oro, mentre l’ucciso, disposto in quel modo assai particolare, potrebbe costituire un messaggio per qualcuno. Ma per chi? Tutto sembra organizzato da una mente diabolica se si prendono in considerazione certi elementi: il tizio che all’inizio controllava le loro mosse; il quadro di Pevensey con l’olio di lino cotto; il Codice Watson che serve a verificare il rigor mortis; un cappello troppo piccolo; gli occhiali… Insomma un bel guazzabuglio che metterà Holmes in grande difficoltà.
Alla fine del racconto segue un’Appendice. Ovvero siamo catapultati otto anni più tardi nel 1912 quando Watson riceve un telegramma del sessantenne Holmes che vive ormai nel Downs del Sussex e che preannuncia gravi eventi in vista… E si ritorna all’enigma di Scotney Castle con tutta una serie di osservazioni che mettono in luce il diabolico inganno orchestrato dalla Kipling League.
Un racconto documentatissimo sulla parte storica del colonialismo britannico, ricco di citazioni relative alle avventure del nostro famoso duo ma anche di altri lavori. E poi un vero scandaglio tra i dubbi e le macerazioni che li affliggono durante l’intera vicenda.
Per Sotto la lente di Sherlock abbiamo Il mistero dietro la Kipling League di Luigi Pachì che mette in luce, con la solita perizia, la vita, gli studi e le opere di Tim Symonds.

Terrarossa di Gabriella Genisi, Sonzogno 2022.
Parto dagli appunti che ho preso durante la lettura. Vediamo che cosa viene fuori.
Lunedì 9 marzo in corsivo abbiamo l’enorme casino creato dal Covid anche a Bari. Tutto stravolto. Fortuna che c’è il mare. Domenica 2 Agosto “Entrate mi sono impiccata” è il cartello posto davanti alla rimessa dell’azienda agricola Terrarossa di Bari. Cadavere di Suni Digioia, giovane imprenditrice della stessa. Suicidio o omicidio? Gatta da pelare per la commissaria Lolita Lobosco, soprattutto se in ferie. Incasinata sentimentalmente con il vicequestore Caruso di Palermo che ha un piccolo neo nella sua carriera. La vittima era l’amante dell’ingegnere Nicola Morisco sposato, niente a che vedere con il cugino con lo stesso nome e lo stesso anno di nascita. Sospettati lui e la moglie. Battibecchi di Lolita con i suoi sottoposti, caratterino niente male. Un ragazzo di colore al funerale, Kenan Ba, ventidue anni, bracciante nell’azienda. La vittima ha avuto rapporti sessuali prima della morte. Amica sua Marietta, scontri verbali con la sorella Carmela, la madre malata, il padre morto. Ricordi del passato. Pomodori a iosa per fare la salsa. La stuzzicante cucina pugliese. Solito questore rompipalle. Naturalmente colloqui con l’amante dell’uccisa e la moglie. Si scopre che quest’ultima ha tentato di investirla con la macchina. Colloquio con Kenan Ba. Altro suicidio o omicidio, vedremo. Tutto si svolge dal 2 agosto di domenica al 14 agosto di venerdì. Citato l’immancabile Sherlock Holmes. Spunti doverosi sulla città trasformata dalla pandemia. Si sfruttano tutti i mezzi per una indagine accurata e non poteva mancare la telecamera (ormai un classico). A casa di Suni viene fuori qualcosa di importante. Il terribile caporalato, la mafia e Suni impegnata nel sociale che cercava di contrastarli.
Basta. Inutile andare avanti con gli appunti. Abbiamo tutto quello che serve per un buon giallo (qualche mia idea, più o meno simpatica, qui).
Al centro il personaggio principale, la nostra bella Lolita Lobosco che vive con la gatta Penelope, guida il Maggiolone o la vespa, curata nel vestire, scarpe Loboutin dai tacchi vertiginosi, jeans attillati, capelli sciolti (a volte un tic quando porta una ciocca dalla guancia dietro l’orecchio), battibecchi anche in dialetto con l’ispettore Forte (sorriso), vita amorosa vivacetta e tormentata (vedi il rapporto passato con il magistrato Giorgio Monteforte e pure con Montalbano!) ora con il misterioso vicequestore Giancarlo Caruso che c’è e non c’è. Energica, dura, testarda, momenti di tenerezza e di malinconia attraverso certi ricordi anche dolorosi. Decisa ad andare fino in fondo lottando contro ogni ostacolo in una storia di sofferenze soprattutto per tutti quelli sfruttati, violentati e umiliati dal caporalato e dalla mafia.
Non aggiungo altro sull’indagine, sugli altri personaggi e su certi particolari più o meno importanti. La testimonianza di Abeba, sorella di Kenan, vale da sola tutto il racconto.
Leggetelo.

Una Sirena a Settembre di Maurizio de Giovanni, Einaudi 2021.
Se vogliamo conoscere una storia dobbiamo andare dalla Signora. Che in questo caso abita nei Quartieri Spagnoli di Napoli. E lei ce la narrerà con la sua voce limpida e piena di emozione, partendo dagli antefatti che sono importanti per i personaggi proposti e le situazioni iniziali. Come nel caso di questa storia, la storia della Sirena.
Qui abbiamo subito un paio di personaggi particolari: Marco ed Ester, fratello e sorella somigliantissimi. Marco ha un diploma ma non trova lavoro se non quello al nero. Comunque è deciso a tutto, proprio a tutto pur di aiutare Ester, bloccata in carrozzella. Che si spaventa del suo proposito e gli ricorda gli insegnamenti della mamma. Il loro padre, sempre ubriaco, si era schiantato una notte contro un palo della luce.
Aggiungo: la dottoressa Gelsomina (Mina) Settembre, bella da farsi notare, che lavora in un Consultorio dei Quartieri Spagnoli come assistente sociale, divorziata e innamorata del dottor Domenico Gammardella, praticamente il Brad Pitt dei suoi sogni; l’altrettanto bella Susy Rastelli, attuale fidanzata di Claudio De Carolis magistrato sostituto procuratore, ex marito di Mina, che conduce nella TV locale la trasmissione Il canto della Sirena; Giorgio, ingegnere informatico, costretto a fotografare di nascosto per lo zio Giacomo, investigatore privato, la “zoccola” Marcella; l’uomo seduto a bere whisky sul divano cercando l’errore della sua vita (sapremo in seguito che si tratta del faccendiere Luca Braschi), ovvero la moglie Maresa non all’altezza del compito come pensava. E di non essere stato capace, lui stesso, di controllare il figlio Ettore che ha preso una brutta strada.
Ci sono, poi, due fatti importanti da segnalare: l’episodio riguardante lo scippo della borsa di una vecchia signora che cade, finisce in coma e viene ricoverata in ospedale; quello del piccolo Geppino di sette anni che lotta con un cane per strappare un pezzo di pane, scena trasmessa dalla TV locale. Due episodi tali da mettere in moto i personaggi citati e altri che se ne aggiungeranno con tutta la loro spiccata, eterogenea personalità (ricordo a braccio il maresciallo Antonio Gargiulo, le amiche di Mina, ovvero Greta, Delfina e Lulù, il portiere del consultorio Giovanni Trapanese detto Rudy, Anna, autrice della citata trasmissione Il canto della Sirena, ovvero Topo Spennato…). A cercare di risolverli, perché non la convincono, proprio Mina Settembre con l’aiuto del ginecologo Mimmo Gammardella. Ma occhio a certe Sirene che ammaliano con il loro canto e ad altre tatuate su certe braccia. Meno male che c’è la Signora (una delle tante nostre mamme o nonne, ma potrebbe impersonare lo stesso autore…) che ci guida lungo un percorso accidentato, ci fa conoscere certi dettagli, ci offre consigli e dritte, mentre sbuccia patate o taglia pomodori e melanzane, a dipanare i fili dell’intricata matassa. Altrimenti saremmo caduti nel caos più profondo. Perché un discreto caos c’è, via, tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli e nelle storie che si intrecciano dove viene fuori un mondo di violenza, di truffe, di inganni, con la prepotenza e il denaro a farla da padrone. Ma dove si può trovare ancora qualcuno che crede nella giustizia e nell’amore.
Oltre ai fatti, a certi fatti di carattere sociale e personale (ah, la vita!) e alla Napoli bella e malfamata, al centro si staglia la magia della scrittura di Maurizio De Giovanni che volteggia sinuosa tra i sentimenti più contrastanti. Ora semplice, leggera, genuina, ora forte, dura, affilata, graffiante, ora ironica e pronta a creare macchiette e situazioni comiche capaci di aprire la bocca al sorriso perfino in certi impensabili momenti. Capace, anche, di farci riflettere e commuovere.

Il giorno muore lentamente di Enrico Luceri, Il Giallo Mondadori 2022.
Quando la quarta di copertina è perfetta va sfruttata integralmente “Il corpo dell’uomo è riverso in cucina. Supino, le braccia allargate sul pavimento, la bocca spalancata in un agghiacciante grido senza suono. La ferita allo stomaco è stata inferta da un’arma da taglio, il colpo vibrato dal basso verso l’alto. Ma sono le mani del morto, cosparse di olio e bruciate, il dettaglio più raccapricciante. Nella camera da letto, poi, giace il cadavere dell’anziana madre. Una coltellata all’addome anche per lei, sangue dappertutto, e la gamba sinistra fracassata con il suo stesso bastone. Scena del duplice omicidio una casa popolare nel quartiere Ponticelli, a Napoli, concessa per gravi motivi di indigenza. Per il commissario Tonio Buonocore ci sono elementi a sufficienza per poter escludere una rapina finita male. Una ricostruzione preliminare degli eventi suggerisce l’ipotesi di un’azione premeditata. Compiuta da una persona che conosceva in qualche modo le vittime e le odiava al punto da infierire su di loro con inaudita ferocia. Un odio freddo e profondo che sembra provenire da lontano nel tempo. No, per il commissario qui non si tratta di qualche balordo che ha perso la testa, e le sue intuizioni di solito non sbagliano. È stata un’esecuzione.” Siamo al venerdì pomeriggio del 16 dicembre 2016 e il giorno precedente abbiamo assistito alla presentazione di tre donne, in tre posti diversi, che hanno dentro di loro qualcosa che le assilla (paura, ricordi, rimpianti, rancori). Soprattutto la signora Maria Antonietta Martone alloggiata presso un residence sulla collina del Vomero che suscita qualche perplessità nel portiere notturno. Quale parte avranno nella storia?…
Una storia cosparsa di numerosi cadaveri colpiti, secondo Buonocore, dalla stessa mano come il tassista trovato nella sua macchina con la lingua tagliata e una donna a cui sono stati cavati gli occhi. Qual è il significato di tutte queste mutilazioni? Indagine difficile soprattutto a Ponticelli, luogo malfamato di pregiudicati. Ma il nostro commissario, alle prese con qualche bastoncino di liquirizia e portato a disegnare i volti degli interrogati, è pronto ad afferrare il filo dell’aquilone che vola basso per carpire e capire il nesso tra gli omicidi. Con l’aiuto della sua squadra (il dottor Scalera, il sovrintendente Macchia e l’ispettore Lina Garzya ognuno efficacemente sbalzato nella propria personalità) e tutto teso a convincere il sostituto procuratore Pierannunzi della sua idea, ovvero di una mente che uccide per un trauma subito lontano nel tempo. Occorre uno scavo attento e approfondito nel passato, una ricerca che riguarda soprattutto un certo ospedale. È lì che bisogna trovare il bandolo, pardon il filo dell’aquilone che aleggia nella mente di Tonio, per prevenire, magari, un altro assassinio…
Per I racconti del giallo abbiamo La fine della nottata sempre di Enrico Luceri.
Napoli, gennaio 2017. L’uomo, ucciso con una statuetta che rappresenta la Nemesi, è Gaetano Somma colpito alla tempia sinistra e da tre durissime mazzate alla nuca. Dovrebbe stramazzare bocconi e invece si trova supino. Qualcosa non quadra per il commissario Tonio Buonocore…
L’ucciso aveva una ragazza che picchiava per gelosia. Ecco la prima sospettata, ma è meglio interrogare gli inquilini del palazzo e allora si capisce che molti avrebbero guadagnato dalla morte di Somma. Non è finita qui perché arriva un altro omicidio e un sospetto suicidio. Occorre beccare al più presto il filo dell’aquilone…

I Maigret di Marco Bettalli

Maigret e l’uomo solitario del 1971
Grande feuilleton (tra i pochi Maigret pubblicati davvero come feuilleton, a puntate su Le Figaro), del tutto inverosimile, come è tipico del genere (non è letteralmente possibile che uno si rovini la vita per vendicarsi vent’anni dopo di chi gli ha ucciso la ragazza con cui era andato a letto una dozzina di volte di pomeriggio) ma molto divertente e piacevole. L’inchiesta di Maigret, in un cocente agosto parigino, tra enormi birre trangugiate alla faccia del dottor Pardon, è molto complessa, una sorta di cold case, perché la sorprendente uccisione di un clochard si scopre essere legata a fatti avvenuti vent’anni prima, subito dopo la guerra. Nel romanzo, c’è molto della visione del mondo di Simenon: l’amore per i vinti, tra cui i clochard esercitano su di lui un enorme fascino (v. anche n. 61) e, soprattutto, la convinzione, dettata da una profonda misoginia, che la donna sia spesso la causa di tutti i mali. Perché, nel romantico quanto insensato triangolo che porta tutti alla rovina, Maigret mostra grande comprensione sia per Vivien (un tipo che lascia di punto in bianco moglie e figlia, e passi, non lasciando loro neppure un franco, e questo non passi!) che per il suo assassino; se ne deduce che la colpa di tutto non possa essere che di Nina, ragazzina ventenne e, a quanto pare, assolutamente irresistibile, che incarna l’eterno femminino da cui i poveri uomini vengono irretiti.

Spunti di lettura della nostra Patrizia Debicke (la Debicche)

Il tessitore di Cristina Rava, Rizzoli 2022.
Ottava gloriosa avventura della serie del Commissario Bartolomeo Rebaudengo per la penna di Cristina Rava e un attacco con scampolo privato: la definitiva chiusura del controverso rapporto tra Ardelia Spinola e l’erborista dottor Granero…
Ci troviamo nelle Langhe, al confine tra Piemonte e Liguria, e come sempre il terzo protagonista è il paesaggio, ora piano ora collinare o montuoso, con macchie di colore che mutano al variare delle stagioni. Una terra fertile, con cibi genuini e dalle antiche tradizioni, tra vini, zuppe, carni brasate e dolci profumati. Atmosfere che ben si adattano ai frequenti cambiamenti di atteggiamento dei protagonisti, offrendo spesso nuovi punti di vista a indagini in stallo ma… torniamo alla strana coppia ancora una volta protagonista di una classica avventura alla Rava.
Il commissario Bartolomeo Rebaudengo, profiler, funzionario di polizia in pensione, ricco lui per copiosa eredità di una zia molto abbiente, pacato, cortese e incline solo al vizio di gola mentre schietta e ruvida lei, Ardelia Spinola, che di mestiere fa il medico legale, restano sempre un fondamentale sostegno l’uno per l’altra. Ex amanti, una bella storia d’amore, forse mai definitivamente dimenticata, ha lasciato spazio a una vivace amicizia scoppiettante che li ha portati sempre a dividersi le rogne e affrontare insieme diverse difficoltà della vita.
Stavolta a dare il via alla nuova storia sarà un posto di blocco nell’entroterra ligure dove avverrà l’imprevedibile e fortuita scoperta del cadavere di una bella ragazza nel vano posteriore del pick-up di un idraulico. Questi, adultero e in furtiva trasferta amorosa, con l’abitudine di non chiudere mai il portellone, a maggiore ragione in quella che giudicava un serata tra i boschi, prima sviene dallo spavento poi, impossibilitato a dare convincenti spiegazioni, verrà intanto fermato.
A una prima occhiata ancora a bordo del pick-up la nostra medico legale, di turno quella notte, si limiterà a scartare la morte naturale, poi il giorno dopo, in sede più opportuna e con l’appoggio di Ughetto Fossati, suo braccio destro, attribuirà la causa del decesso a una caduta, presumibilmente da una scala, mettendo però in luce due ematomi pur poco evidenti all’altezza della laringe che segnalano un tentativo di strangolamento. La vittima, tramite voci che girano, potrebbe essere Carla Semeria, impiegata presso un commercialista di Albenga.
Ma gli inquirenti dispongono di pochi indizi per dare una vera spiegazione al delitto fino a quando Ardelia Spinola non riceverà una inattesa e semicomprensibile telefonata dall’architetto Augusto De Bernardis, suo buon conoscente e di tanto in tanto simpatico compagno di aperitivi che, chiuso in un’auto al buio, ubriaco e strafatto, le chiede di raggiungerlo con urgenza perché ha fatto una pazzia. Una vera pazzia, condita da una stupida reazione, quasi incredibile e vigliacca che, innescando una precisa svolta all’indagine, fornirà una spiegazione alla faccenda della morta e un sapore depravato al corso degli eventi. Un gioco in maschera finito male?
Ma in zona ci sono pericolosi attivisti all’opera tra le nebbie rotte ogni tanto da un tiepido sole autunnale. Si registra infatti la presenza di una cellula eversiva di stampo fascista che intende incrinare la tranquillità del Basso Piemonte. Fatti e scopi diversi, nessun collegamento? E invece c’è qualcosa di inimmaginabile…
Il robusto intervento di Bartolomeo Rebaudengo, con il suo lucido pragmatismo, e quello di Ardelia, spinta dalla sua irrefrenabile folle e talvolta rischiosa curiosità, serviranno a incastrare al loro posto le tessere di un ardito puzzle, e non sarà affatto facile.
Bartolomeo e Ardelia, molto affiatati, sanno muoversi in caccia e insieme formano un’abile equipe di segugi. Buoni conoscitori dell’animo umano, hanno entrambi rapide e precise intuizioni. I loro più particolari tratti psicologici sono senz’altro grande pazienza e minuziosità. Cristina Rava, appassionata “gattofila”, come i suoi personaggi, ben inquadra le loro specificità e quelle dei coprotagonisti: basta pensare a Norma, la pianista, Augusto l’architetto svolazzante, Gabriele l’inafferrabile, Nora la governante e cuoca sopraffina, tutti con peculiarità, consuetudini e idee che li caratterizzano e utili ad arrivare a una soluzione. Scelta molto azzeccata per un romanzo corale con diverse voci che si accordano.
La trama, complessa e articolata, sorprende di continuo il lettore con i colpi di scena. Le storie dei vari personaggi si intersecano tra loro scoprendo poco a poco il disegno narrativo e svelando solo in fondo il segreto dell’identità di un burattinaio, non senza però aver disseminato stuzzicanti indizi lungo il percorso. Vecchi e nuovi omicidi si annodano tra loro in un intrico che, come un ragno con la sua tela, annoda e tesse i suoi viscidi fili che rimontano fino al passato per coinvolgere il lettore nella storia.
Giochi di illusioni, tentazioni, delusioni amorose di cui sarà artefice e vittima persino la nostra medico legale Ardelia Spinola.
Un’avventurosa commedia nera di Cristina Rava adatta a confermare la sua abilità nel descrivere ed esplorare i complessi, perversi, melodrammatici e crudeli intenti della mente umana.

Il segreto dell’alchimista di Alfredo Colitto, Mondadori 2022.
A firma di Alfredo Colitto, il novellatore medievale che ha saputo diventare di casa per tanti lettori intrigandoli con il puntale realismo della sua trama storica, Il segreto dell’Alchimista è uscito nella collana dei Gialli Mondadori. Bentornato ad Alfredo, amico, raffinatissimo scrittore di fiction storica che da troppi anni mancava nelle librerie e ai suoi lettori. Colitto infatti per anni si è dedicato soprattutto alla sua seconda missione, quella di traduttore dedicando le sue forze ai giganti della letteratura anglosassone e a Don Winslow, Michael Connelly, James Ellroy. Ma anche parte del suo tempo all’insegnamento.
E oggi, nel 2022, riporta in scena il suo personaggio più amato, il grande medico Mondino dei Liuzzi. Noto anche come Raimondino de’ Liucci, de’ Luzzi o de’ Lucci di cognome (Bologna, 1275 – Bologna, 1326), di origine fiorentina, fu un anatomista e accademico italiano, considerato da tutti l’ideatore della moderna anatomia. Intrigante personaggio di cui Colitto sfrutta la figura, misconosciuta persino nella sua città che gli ha dedicato appena una stradetta, per ideare una serie di indagini poliziesche (questo è il quarto romanzo della serie) in un’epoca che ignorava i moderni metodi di inchiesta. Indagini nelle quali trasforma il suo protagonista in un accorto detective medievale, sempre coinvolto in drammatiche avventure. E Mondadori ha colto l’occasione per ripubblicare in un unico volume la raccolta dei primi tre romanzi: la “colittiana trilogia bolognese” ovvero Cuore di ferro, I discepoli del fuoco e Il segreto dell’angelo.
Ma torniamo al nuovo episodio di quella che ormai possiamo definire Saga. In Il segreto dell’alchimista Mondino dei Liuzzi esercita la sua attività presso l’Alma Studiourum di Bologna agli inizi del XIV secolo, l’età d’oro dell’Ateneo, la più antica e rinomata università del mondo.
Bologna 10 settembre 1314, da giorni la città è avvolta da un’anormale cappa di calore settembrina, la popolazione è in agitazione per una cometa che ormai da una settimana spunta in cielo, sopra la città, non appena cala il sole. Astrologi, filosofi, ciarlatani e religiosi non riescono a pronunciarsi se quella cometa sia un presagio funesto o di buon auspicio, e la gente comune resta in trepida attesa del loro parere con il fiato sospeso e il cuore in gola. Li aspetta un felice futuro o il caos dell’apocalisse?
Nel frattempo Mondino de’ Liuzzi, medico anatomista, docente e accademico, in veste scarlatta segno della sua facoltà, davanti a una commissione composta da quattro colleghi atti a giudicare la sue parole, sta per cominciare la sua lezione di anatomia presso l’aula dello studium. Ma viene bloccato dall’irruzione del nuovo Capitano del popolo, Pellaio dei Pellai, appena nominato e proveniente da San Gimignano…
Un applauso ad Alfredo Colitto per il suo doppio regalo: intanto per la documentazione fondamentale per l’ambientazione della storia che ci consente di muoverci agevolmente nello spazio e nel tempo, sentendoci addirittura parte del tessuto urbano e sociale della Bologna medioevale di allora, resa in parte cosmopolita dall’Università, e per l’enigma poliziesco con l’antico magister, in fase investigativa deduttivo-scientifico, in un epoca in cui invece, come ben sappiamo, la tenaglie arroventate della tortura erano il sistema più gettonato per condurre un’indagine.

Un saluto da Fabio, Jonathan e Jessica Lotti

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